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MUSICA SACRA

San Domenico in-canta il web

Il postconcilio ha condannato all’oblio insieme al gregoriano anche il repertorio musicale dei vari ordini religiosi, compreso quello domenicano. La sua riscoperta non è un lavoro da “indietristi” e passa anche attraverso i social grazie a due giovanissimi frati.

Ecclesia 19_08_2022

Uno dei più grandi santi della Chiesa cattolica è senz’altro san Domenico di Guzman (1170-1221), che la Chiesa festeggia il giorno 8 agosto. San Domenico, è il fondatore dei frati predicatori, meglio conosciuti come domenicani. L'ordine, fondato nel 1217, è tra le più gloriose congregazioni di tutta la storia del cristianesimo, non fosse altro per aver donato alla Chiesa cattolica un santo e dottore del livello di san Tommaso d’Aquino.

Forse non molti sanno che questo ordine ha un proprio repertorio di canti liturgici, il canto domenicano. Uno studio di E.J. e Egon Wellesz (The origins of dominican chant, 1950) ci introduce nella ricchezza di questo repertorio, che è una significativa variante del canto gregoriano standard, così come la liturgia tradizionale domenicana ha le sue peculiarità rispetto a quella romana. Sembra che ad aver influenzato, in qualche misura, lo sviluppo di questo repertorio sia stato il domenicano Umberto di Romans nel XIII secolo. Si è appurata, inoltre, l’influenza del canto cistercense sullo stesso repertorio. I cistercensi, in un certo senso, semplificarono il repertorio gregoriano facendo a meno di certi melismi e lo resero, secondo la loro sensibilità, più austero.

Ora, se il canto gregoriano è stato sciaguratamente estromesso de facto dalla liturgia, potete immaginare cosa è stato del canto domenicano. Eppure ci sono degli incoraggianti segnali di riscoperta. Un esempio è costituito dal canale You Tube OPChant (e dal relativo sito web) gestito da due giovani domenicani, Stefan Ansinger e Alexandre Frezzato. Accorgendosi che non esistevano risorse online dedicate a questo canto hanno deciso di darsi da fare personalmente e hanno creato questo canale che propone la versione domenicana di vari canti liturgici in dei video postati da loro ogni settimana. Il canale, relativamente nuovo perché creato nel 2019 ha già più di 22.000 iscritti. Guardando i video si vedono questi due giovani frati, vestiti con il loro abito tradizionale, che eseguono con gusto questo repertorio che purtroppo le follie degli ultimi decenni avevano emarginato non solo nella vita della Chiesa, ma anche all’interno dell’ordine stesso.

I due giovani domenicani hanno coniato un motto per la loro attività, svolta per “in-cantare internet”. E di questo incanto abbiamo enorme bisogno: oggi che tutto sembra cadere in rovina, possiamo accedere a queste piccole isole di speranza.

In un tempo in cui si lodano le tradizioni di tutti i popoli e si cerca di preservarle senza neanche il bisogno di purificarle, la Chiesa dovrebbe riconoscere di aver rinunciato alle proprie, comprese quelle dei grandi ordini religiosi che hanno fatto la sua gloria. Domenicani, cistercensi, carmelitani, benedettini… quanti di loro ancora conservano le loro tradizioni liturgiche e musicali? Si è tutto appiattito in una generale mediocrità che poi si fa pure fatica a mantenere. Si scivola sempre più verso l’insignificanza e si scoraggia, se non si persegue, coloro che cercano di mantenere un decoro liturgico e musicale. Certo tutto questo ci scoraggia profondamente ed umanamente è giusto che sia così. Mai come in questi tempi è giusto mantenere uno sguardo sacrale sulle cose, come suggeriva Plinio Corrêa de Oliveira.

L’attenzione alle tradizioni liturgiche e musicali non è un lavoro da “indietristi”, ma è esigenza profonda di rivendicare la propria identità cattolica, di proteggere il bello e il buono che abbiamo ereditato, di amare la tradizione, di pensare che non è possibile che una Chiesa ricolma di santi, eccelsi artisti e sublimi pensatori, si sia sbagliata per secoli e che solo ora si capisce cosa essa voglia significare. Questa guerra contro ogni cosa che odora di tradizione sembra molto sospetta. E se si vuole tornare alla mitica “Chiesa primitiva” allora si accetti anche di essere segno di contraddizione e non ci si sforzi continuamente di compiacere il mondo.