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GUERRA ISRAELO-PALESTINESE

Ricordare il 7 ottobre 2023 per imparare a costruire la pace

Il secondo anniversario dell'incursione terroristica di Hamas in territorio israeliano con 1.200 morti e 250 ostaggi rivela l'estrema faziosità con cui si guarda ai morti dell'una o dell'altra parte. La Chiesa ci chiama invece ad assumere un approccio che guarda all'umanità che sta nel cuore di ognuno.
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Esteri 07_10_2025

Il 7 ottobre è destinato a diventare una data tanto simbolica quanto divisiva. Per alcuni è la Giornata della Resistenza islamica – come recitava uno striscione alla manifestazione pro-Pal di Roma nei giorni scorsi -, per altri un nuovo Giorno della Memoria, memoria di un massacro senza precedenti ed espressione dell’odio anti-ebraico.

Di sicuro quel giorno del 2023 il mondo ha assistito a un’operazione terroristica in grande stile, con oltre duemila miliziani di Hamas e altre formazioni palestinesi che dalla Striscia di Gaza hanno fatto un’incursione in territorio israeliano, prendendo di sorpresa le forze di sicurezza e uccidendo 1200 tra militari e civili, comprese donne, bambini e anziani, e portandosi dietro a Gaza circa 250 ostaggi.
Un massacro («indegno e disumano», lo ha definito ieri in una intervista a Vatican News il segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin) che non nasceva certo dal nulla, frutto di un conflitto che si trascina da decenni e che ha moltiplicato l’odio reciproco; ma anche puntuale sabotaggio che in quella regione si verifica ogni volta che è in vista un qualche accordo di pace.
Nella fattispecie si attendeva a breve la formalizzazione di un accordo tra Israele e Arabia Saudita, passaggio decisivo per il pieno successo degli Accordi di Abramo, l’iniziativa architettata dal presidente americano Donald Trump al suo primo mandato: un reciproco riconoscimento tra Israele e i Paesi arabi sunniti volto a creare un’area di cooperazione pacifica in Medio Oriente isolando al contempo il comune nemico Iran.

Il 7 ottobre ha anche segnato un salto di qualità nel conflitto israelo-palestinese: non c’era mai stata una invasione del territorio israeliano (anche se è ancora tutto da spiegare come sia stato possibile che le forze di sicurezza fossero così impreparate) e neanche una tale dimostrazione di brutalità e ferocia (peraltro filmata dagli stessi protagonisti trionfanti) su così larga scala.

Con quell’azione Hamas sapeva benissimo quale sarebbe stata la reazione di Israele e in qualche modo ci contava, perché la brutalità della vendetta israeliana avrebbe provocato la reazione dell’opinione pubblica internazionale e l’isolamento dello Stato ebraico. Cosa effettivamente avvenuta ma fino a un certo punto, e probabilmente i gruppi terroristi palestinesi non si aspettavano la vastità e la violenza dell’operazione israeliana. Come ha detto ancora il cardinale Parolin: «Mi colpisce e mi affligge il conteggio quotidiano dei morti in Palestina, decine, anzi a volte centinaia al giorno, tantissimi bambini la cui unica colpa sembra essere quella di essere nati lì: rischiamo di assuefarci a questa carneficina!».

Ecco il punto, rischiamo di assuefarci alla carneficina, ma non solo: strumentalizziamo i rispettivi massacri a fini politici, le vittime dell’una o dell’altra parte vengono esibite solo per fare prevalere la propria posizione. Lo stiamo vedendo questi giorni in Italia: i crimini di guerra commessi in questi due anni dall’esercito israeliano a Gaza vengono usati per legittimare i massacri del 7 ottobre e qualsiasi altro atto terroristico. Gli slogan urlati nelle manifestazioni per Gaza dei giorni passati sono più che eloquenti, così come le agghiaccianti apparizioni in questi giorni di Francesca Albanese, relatrice delle Nazioni Unite sulla Palestina, che prima ha zittito il sindaco di Reggio Emilia che condannava l’incursione del 7 ottobre 2023; poi ha abbandonato lo studio televisivo durante un programma a La7 solo perché un altro ospite ha citato Liliana Segre; e oggi è prevista la sua presenza a Genova a un convegno su Gaza organizzato da diverse sigle tra cui Anpi e Amnesty International, ovviamente per cancellare dalla memoria il 7 ottobre o per rileggerlo, appunto, come un gesto di resistenza. Peraltro, bisognerebbe avere almeno l’onestà intellettuale di ricordare che chi guida oggi la piazza pro-Pal se la prendeva con Israele anche il 7 ottobre 2023.

Dall’altra parte è proprio il governo israeliano che continua a usare il 7 ottobre per giustificare non solo la carneficina attuale a Gaza, ma anche la pretesa di allargare i propri confini in nome della sicurezza. Il risultato è stato finora solo quello di avere aumentato il numero di vittime innocenti e alimentato ancora di più la spirale di odio che avvelena il Medio Oriente e non solo.
C’è un criterio selettivo con cui vengono evocate le vittime: chi fa vedere solo le immagini di Gaza e chi considera soltanto le vittime israeliane del 7 ottobre.

Questo anniversario, che cade proprio nei giorni in cui si è accesa una piccola speranza di vedere almeno cessare il fuoco, dovrebbe invece aiutarci a mettere insieme le immagini strazianti delle vittime di quell’incursione terroristica con le immagini dei civili uccisi a Gaza o costretti a spostarsi su e giù per la Striscia in cerca di un riparo dai bombardamenti.
Per riflettere su quanto sia assurdo pensare di risolvere i problemi con la guerra, che semina soltanto morte e sofferenze e rende più difficile una soluzione stabile e duratura. Come ha scritto il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, nella lettera proprio in occasione dell’anniversario odierno: «Se anche la guerra dovesse finire ora, tutto questo e molto altro costituirà ancora una tragedia umana che avrà bisogno di molto tempo e tante energie per ristabilirsi. La fine della guerra non segna necessariamente l'inizio della pace. Ma è il primo passo indispensabile per cominciare a costruirla». 

E seppure le iniziative politiche e diplomatiche sono importanti, nulla di duraturo potrà essere veramente raggiunto se non ci si eleva da una concezione faziosa e non ci si pone in una prospettiva capace di abbracciare «quel sentimento di umanità che sopravvive nel cuore di ognuno» malgrado la potenza del male e della morte, come ha detto ancora il cardinale Pizzaballa.
Per questo è molto concreto e realistico l’invito fatto da papa Leone XIV di pregare ogni giorno, in questo mese di ottobre, il rosario per la pace. Invito che, quindi, facciamo nostro.