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verità e tragedie

Riccardo, la festa di laurea e l'aurea mediocritas

La tragedia di Riccardo, suicida alla vigilia della festa di laurea e le bugie sugli esami. Una delle tante vittime del lockdown, che gli ha tolto la serenità nello studiare. Oggi il fallimento è sempre un fallimento esistenziale e non una esperienza. Nel mondo darwiniano c’è posto per «i più adatti», non per chi esercita un'aurea mediocritas. 

Editoriali 03_12_2022

Si è suicidato a 26 anni, Riccardo, schiantandosi in auto contro un auto, proprio alla vigilia della discussione della tesi di laurea (non pubblichiamo il nome perché così imporrebbe ancora la deontologia professionale, e per la foto abbiamo scelto un'immagine di Festa di laurea di Pupi Avati, che racconta proprio una storia simile, anche se non tragica ndr.). Una laurea che non avrebbe mai celebrato neanche se fosse stato in vita: non aveva terminato gli esami. Insomma, una bugia, quella della imminente laurea, raccontata ai genitori per nascondere bocciature multiple all’ultimo esame, un blocco del corso di studi difficile da spiegare e raccontare. Una storia tragica, per certi versi assurda; eppure più frequente di quanto immaginiamo.

L’ha raccontata, ad esempio, Gianluca Morozzi ne L’abisso (Fernandel 2007); o Emmanuel Carrère in L’avversario (2000), ispirato alla storia vera di Jean-Claude Romand che, nel 1993, sterminò la sua famiglia, incapace di reggere il peso di una laurea in medicina inesistente. Io stesso ho incontrato un paziente che, bloccato negli esami, si è inventato una laurea per non deludere i genitori.

Il papà di Riccardo si sente in colpa per l’accaduto: «È vero, però voglio pensare che la sua morte possa insegnare comunque qualcosa ad altri genitori: con l’impegno di tutti si può proteggere anche chi è fragile, evitando di caricare i nostri figli, anche inconsapevolmente, delle nostre aspettative e ambizioni. Perché a volte, la paura di deluderci può diventare un peso insopportabile». E aggiunge un particolare: «Riccardo è entrato in crisi con il lockdown ».

La Bussola è stata forse l’unico media italiano a mettere in guardia dai pericoli del lockdown, incredibilmente e colpevolmente ignorati dal mainstream entusiasta. Eppure sappiamo bene quali danni abbia provocato su donne e uomini di ogni età, dai bambini agli anziani, la negazione della definizione aristotelica di uomo come animale sociale. Può essere benissimo, quindi, che il lockdown abbia tolto a Riccardo la serenità nello studiare e nel dare gli esami, isolandolo e incupendolo in pensieri ansiosi di morte e malattia.

Ma nella testa mi ronza un terzo fattore, non nominato dal papà di Riccardo nell’intervista concessa al Corriere del Veneto: la lotta per la sopravvivenza darwiniana che sembra essere diventata il pensiero dominante del mondo occidentale. Me lo confermano ogni giorno studenti che credono di valere quanto il loro voto; lavoratori che decidono di lasciare il lavoro perché non più in grado di reggere ritmi di lavoro e competizione estrema; insegnanti che si disperano perché non sono i migliori della scuola. Hai voglia a spiegare ai ragazzi che valgono molto più di qualsiasi voto possano prendere; che si lavora per vivere e non si vive per lavorare; che un insegnante mediocre dà ai ragazzi la speranza che, a scuola, ci sia posto anche per studenti mediocri.

Se un tempo la mediocritas era aurea, adesso è sterco. Già, perché a quanto pare, il nostro sembra essere diventato un mondo per i migliori, nel quale chi non eccelle è considerato moralmente e ontologicamente inferiore. Un mondo darwiniano, dove c’è posto solo per «i più adatti»; e chi non lo è, è di troppo. Siamo in troppi, su questa terra. Non a caso, c’è una offerta sempre più ampia di suicidi assistiti per chi non tiene il passo, per chi non è fit, adatto. Fisicamente, economicamente, da ogni punto di vista. Esiste solo il « top di gamma», il resto è come se non esistesse. Se un tempo chi si accontentava godeva, ora chi si accontenta è riprovevole. C’è il massimo e il nulla, nessun gradino intermedio. Il fallimento è un fallimento esistenziale, non una esperienza; un brutto voto, una condanna.

Beh, finiamola con questa storia dell’eccellenza. Cristo è morto per tutti, non solo per i migliori, anzi: i primi della classe non gli piacevano granché. Diciamoci la verità, non piacciono a nessuno. Rivendichiamo, quindi, la libertà di sbagliare, di fallire, di fare figuracce. C’è posto per tutti su questa terra, nelle scuole, negli uffici. Mediocri di tutto il mondo, uniamoci!