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Africa

Rapito un altro sacerdote cattolico in Nigeria

Padre Amos è stato sequestrato a casa, di notte ed è l’ultimo di una ormai lunga serie di religiosi presi di mira da bande criminali

Un altro sacerdote cattolico è stato rapito in Nigeria il 24 aprile. È padre Ibrahim Amos, parroco della chiesa di San Gerald Quasi a Kurmin Risga, nello stato nord occidentale di Kaduna. I malviventi lo hanno prelevato a casa sua di notte. La notizia del sequestro è stata data dal cancelliere della diocesi di Kafanchan, padre Jacob Shanet, con un comunicato nel quale, oltre a chiedere preghiere per la liberazione di padre Amos, si invita la popolazione a evitare di farsi giustizia da sé. Il rapimento è quasi sicuramente a scopo di estorsione. Di solito in questo caso le vittime vengono liberate dietro pagamento del riscatto chiesto o perché, evento meno frequente, la polizia riesce a individuare i rapitori. Tuttavia non sempre l’esito è positivo. Proprio nel Kaduna a marzo un sacerdote rapito, padre Sylvester Okechukwu, è stato ucciso. Il sequestro di sacerdoti è diventato sempre più frequente in Nigeria, un paese in cui la violenza ha assunto livelli devastanti e i rapimenti a scopo di estorsione sono diventati così frequenti da essere stati definiti una piaga nazionale. Riflettendo su questa situazione, nel suo messaggio pasquale, intitolato “Signor Presidente, per favore, fateci scendere da questa croce”, monsignor Hassan Kukah, vescovo della diocesi di Sokoto, ha ammonito che la Nigeria “sta raggiungendo un punto di rottura e sta diventando un enorme obitorio”. “Una oscura coltre di morte aleggia da nord a sud – ha detto – è impossibile trovare una casa, una famiglia o una comunità che non sia stata intrappolata in questa barbarie. Una cultura di cinismo e insicurezza sulla nostra capacità di garantire la pace per noi stessi pervade la nostra terra. In effetti, la maggioranza dei nostri cittadini ritiene che non ci sia alcuna speranza in vista. Tuttavia, per noi cristiani, la speranza è l’ancora a cui appendiamo tutte le nostre speranze (Eb 6:19). Ora è il momento di riaccendere e rinnovare quella speranza”. Rivolgendosi al presidente Bola Tinubu, gli ha chiesto di agire per fermare le sofferenze che affliggono tutto il paese, segnato, ha detto, “da una cultura di brutalità e ferocia mai vista nella storia del nostro paese, che lo ha posto al di fuori della sfera della civiltà”.