Radici cristiane, per Leone XIV non è un capitolo chiuso
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Cultura e cattedrali ma anche principi etici, modelli di pensiero e dottrina sociale. Nell'incontro del Papa con gli europarlamentari del gruppo “conservatori e riformisti” ritorna il ruolo decisivo del cristianesimo in Europa.
Papa Leone XIV ha tenuto ieri un breve ma interessante discorso a dei parlamentari europei del gruppo “conservatori e riformisti”. Si ricorderà che Benedetto XVI aveva pure tenuto dei famosi discorsi ai parlamentari europei durante i quali aveva enunciato la sua dottrina dei “principi non negoziabili” in politica, elencandoli uno ad uno a cominciare dal diritto alla vita, per passare alla protezione della famiglia naturale e approdare alla libertà educativa dei genitori e agli altri. L’intervento di papa Leone è meno articolato, tuttavia si colloca sulla stessa linea e tocca alcuni punti di notevole importanza.
Avendo davanti a sé dei parlamentari Leone si è sentito in dovere di parlare della democrazia. Questo sistema di governo comporta il confronto tra le diverse opinioni politiche e «uno degli obiettivi essenziali di un parlamento è di consentire che questi punti di vista siano espressi e discussi». Ma qual è il fondamento di questa libera discussione? La teoria oggi prevalente ritiene che tutto ciò non abbia un fondamento. Se la democrazia avesse un fondamento indisponibile alla discussione e al voto – si pensa – essa sarebbe limitata, dato che ci sarebbero valori e principi da assumere senza discutere e senza votare. Leone, però, non sembra pensarla così, perché – dice – «la capacità di dissentire, ascoltare con attenzione e perfino entrare in dialogo con coloro che consideriamo avversari testimonia il nostro rispetto per la dignità di tutti gli uomini e le donne donata da Dio». A fondamento della democrazia, quindi, c’è questa dignità donata da Dio all’uomo.
In un precedente passaggio il Papa aveva ricordato che i parlamentari non devono provvedere solo a chi li ha votati, ma a tutte le persone delle loro comunità, perché essi ricoprono quella posizione elevata con la responsabilità di promuovere il bene comune, ossia il bene di ogni uomo in quanto uomo. E il bene comune riguarda proprio quella «dignità di tutti gli uomini e le donne donata da Dio» di cui si parlava. Oggi la vita democratica ha la pretesa di inventare con il voto cosa significhi essere uomo, papa Leone indica invece che il bene comune è prima di tutto da assumere come un ordine naturale ereditato, da proteggere e sviluppare.
Il discorso del Papa a questo punto approda a Tommaso Moro, proclamato da Giovanni Paolo II patrono dei politici. La coscienza davanti alla quale si era inchinato questo santo politico non era la coscienza che fonda se stessa, ma la coscienza che rispettava l’ordine della dignità donata da Dio all’uomo. Era l’ordine della natura creata che rimandava al Creatore. Questo richiamo a Tommaso Moro, anche se espresso in poche parole, è salutare per una visione corretta della vita politica secondo la Dottrina sociale della Chiesa. La democrazia è una forma di governo, non è il fondamento del governo, altrimenti non ci sarebbe più posto per la coscienza. Tutti i politici oggi parlano di un qualche “ordine”, ma non ne sanno indicare il fondamento oggettivamente vincolante la coscienza del cittadino.
Parlando a dei parlamentari europei, Leone ha anche dovuto parlare dell’Unione Europea e dell’Europa. Egli ha così ripreso la vecchia questione delle origini cristiane dell’Europa, ricordando implicitamente che l’Unione Europea non è l’Europa, e che dovrebbe ad essa ispirarsi invece che sostituirla. La rozza liquidazione della proposta di Giovanni Paolo II di inserire questo riferimento nella allora elaboranda Costituzione europea, per papa Leone non è un capitolo chiuso.
Su quali motivazioni Leone fonda il rilancio di questa pretesa? La prima è la più semplice e riguarda il ruolo storico e culturale che il cristianesimo ha svolto in questo continente: «i tesori culturali delle sue imponenti cattedrali, l’arte e la musica sublime e i progressi nella scienza, per non parlare della crescita e della diffusione delle università».
A ben vedere, commentiamo noi, questi argomenti sono validi ma non decisivi perché fondati sull’effettualità storica più che sulla verità. E infatti, papa Leone completa poi il quadro, e si appella ai «ricchi principi etici e ai modelli di pensiero che costituiscono il patrimonio intellettuale dell’Europa cristiana». E su questo egli chiede che il ruolo pubblico della Chiesa non sia trascurato e combattuto, ma che «la voce della Chiesa continui a essere udita, non ultimo attraverso la sua dottrina sociale». «Il mondo della ragione e il mondo della fede» – ha detto ricordando Benedetto XVI – devono vivere un «dialogo necessario», una «conversazione pubblica». Ciò «non significa ripristinare un’epoca del passato, ma garantire che risorse fondamentali per la cooperazione futura e l’integrazione non vadano perse».
C’è da augurarsi che i molti spunti di questo genere che Leone XIV va seminando nei suoi vari interventi, trovino un momento di organica concrezione magisteriale e non rimangano solo spunti.
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