Pro aborto e gender, così l’Unicef non aiuta i bambini
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Un rapporto di C-Fam passa in rassegna decine di programmi promossi dall’Unicef: masturbazione, omosessualità, transessualità presentate come normali, aborto come “diritto”, eccetera. L’opposto di quel che ci si aspetterebbe da un’agenzia per l’infanzia.

Perché un’organizzazione con il mandato di aiutare i bambini in situazioni di bisogno dovrebbe occuparsi di promuovere contraccezione, aborto, contenuti sessuali espliciti e ideologia Lgbt? La domanda è tanto più importante perché non riguarda una piccola organizzazione bensì l’Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, che solo nel 2024 ha avuto entrate per oltre 8,5 miliardi di dollari, di cui quasi 5 provenienti dal settore pubblico. Non è un mistero che questa organizzazione – come altri enti dell’Onu – sia promotrice, da decenni, del relativismo morale. Ma ora un’analisi dettagliata fatta dal Center for Family (C-Fam), istituto di ricerca specializzato nel seguire le attività dell’Onu e delle sue agenzie, offre un’ampia panoramica dei programmi più controversi dell’Unicef, che «spende centinaia di milioni di dollari per promuovere contenuti sessuali espliciti, persino pornografici, destinati ai bambini di tutto il mondo», come scrive Austin Ruse nel presentare il lavoro. A proposito di pornografia, ricordiamo che già nel 2021 l’Unicef aveva destato scandalo con un documento molto permissivista, che poi – a seguito delle proteste – aveva ritirato (vedi qui e qui).
C-Fam passa in rassegna decine di programmi dell’Unicef che favoriscono la sessualizzazione precoce dei bambini e in generale veicolano una visione distorta della sessualità. In una brochure rivolta a minori di età compresa tra i 10 e i 14 anni si afferma che «tutti i tipi di orientamento sessuale sono naturali», il che implica normalizzare omosessualità e transessualità. Allo stesso modo si normalizza la masturbazione, definita come «uno dei modi per alleviare lo stress, placare l’eccitazione sessuale, esplorare il proprio corpo, la propria sessualità e i propri desideri». In un’altra brochure (età: 15-18 anni), si dice che essa «fa parte di un comportamento sessuale sano», affermazione che è contraddetta dalla realtà, visto che la masturbazione – come ogni altro atto contrario alla legge morale naturale – è causa di problemi e disordini fisici e psicologici. Nello stesso opuscolo, in linea con lo sdoganamento dell’omosessualità, si presenta la penetrazione anale come una variante qualsiasi del rapporto sessuale. A conferma che per l’agenzia dell’Onu la complementarità maschile-femminile è un optional, ecco quest’altra frase: «È normale provare simpatia o attrazione per membri del proprio sesso o del sesso opposto».
Ancora, un programma di “educazione sessuale” (le virgolette sono d’obbligo) di Unicef insegna a bambini e ragazzini di 10-14 anni che «i preliminari e le carezze aiutano a rilassarsi, a sentirsi a proprio agio e ad aumentare l’eccitazione sessuale». C’è poi Laaha, una piattaforma online creata con il supporto di Unicef, rivolta alle ragazze di ogni età, senza che sia richiesta la supervisione dei genitori. Tra le attività proposte sul sito c’è il cosiddetto esercizio dello specchio, in cui si chiede alla ragazza di turno «di allargare le ginocchia e tenere lo specchio davanti alla vulva e alla vagina. Usare delicatamente le dita per trovare la parte più sensibile della vulva». E gli esempi potrebbero continuare.
L’Unicef promuove questo genere di contenuti sconcertanti sia dentro le scuole che fuori. Nessun ambito è escluso dall’opera di propaganda: «Organizzazioni della società civile o comunitarie, centri o circoli giovanili, cliniche sanitarie, campi estivi, istituzioni religiose o organizzazioni di fede, doposcuola […], carceri, centri di detenzione […], campi profughi o altri rifugi dove le persone cercano sostegno umanitario». Questo il pubblico cui si rivolge la guida sull’“educazione sessuale completa” che l’agenzia per l’infanzia ha pubblicato nel 2020 insieme all’Unesco, all’Organizzazione mondiale della sanità e ad altri enti dell’Onu. Il documento ha una sezione intitolata “Giovani lesbiche, gay e bisessuali, e altri giovani uomini che hanno rapporti sessuali con uomini”, in cui si raccomanda la presenza di membri della comunità Lgbt come facilitatori, cioè quali guide del gruppo dei minori. Inoltre, si suggerisce che in ambito extrascolastico si possono affrontare argomenti controversi «in un modo che potrebbe non essere sempre fattibile o accettabile in ambito scolastico». Insomma, se a scuola l’Unicef passa già concetti spinti, fuori dalla scuola osa anche di più.
Educazione sessuale, nella neolingua, significa pure educazione all’aborto come diritto. Sarebbe logico pensare che un’agenzia dedicata ai bambini sia contraria a sopprimere le loro vite nel grembo materno, ma per l’Unicef le cose stanno diversamente. L’agenzia dell’Onu partecipa o sostiene diversi programmi abortisti. Tra essi lo Human reproduction programme (Programma di riproduzione umana), che vede l’Unicef, l’Oms, la Banca Mondiale, l’Unfpa, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp) collaborare con alcuni dei maggiori colossi dell’aborto a livello globale, come l’International Planned Parenthood Federation (Ippf), MSI Reproductive Choices (già Marie Stopes International), Pathfinder International e altri ancora.
L’Unicef partecipa anche a un altro programma delle Nazioni Unite (2Gether4SRHR) ideato per promuovere «la salute e i diritti sessuali e riproduttivi» (SRHR, nell’acronimo inglese: tradotto, contraccezione e aborto) nell’Africa orientale e meridionale. Questo stesso programma dipinge l’obiezione di coscienza in modo negativo.
Quella elencata fin qui è solo una lista parziale di tutte le collaborazioni, iniziative e programmi controversi riguardanti l’Unicef, che interessano tutti i contesti, dall’Ucraina in guerra alla Thailandia, all’immancabile Africa, come visto. Tutte le attività legate a questi temi vengono portate avanti dall’Unicef nonostante non vi sia al riguardo alcun consenso nell’Assemblea Generale dell’Onu e nonostante nel diritto internazionale non siano riconosciute le nozioni ideologiche di “orientamento sessuale” e “identità di genere”, né l’aborto legale. Materie che sono di competenza dei singoli Stati e su cui non dovrebbero esserci interferenze e pressioni di organizzazioni internazionali come l’Unicef (discorso che si potrebbe allargare a Ong simili, come Save the Children); che invece ci sono.
Questi fatti dovrebbero stimolare una riflessione sull’opportunità di finanziare realtà così ideologicamente compromesse e, quantomeno, di vincolare i fondi a specifici, veri, interventi umanitari. Già Benedetto XVI, nel dicembre 2007, in un discorso ai membri di organizzazioni non governative di ispirazione cattolica, metteva in guardia dalla «logica relativistica» che domina il dibattito internazionale e che opera «una difesa selettiva dei diritti umani». Una logica che conduce a «negare cittadinanza alla verità sull’uomo e sulla sua dignità nonché alla possibilità di un agire etico fondato sul riconoscimento della legge morale naturale», emanazione della legge di Dio. La carità non può che essere legata alla verità.
Pornografia per bambini, tra stop e pericolose spinte
L’Unicef ha ritirato, dopo le proteste, un documento che sottovalutava i rischi della pornografia. Una giornalista del Times propone su Twitter un porno soft per minori, scatenando un’ondata di critiche, mentre negli Usa una scrittrice si vanta di aver portato i suoi bambini al gay pride.
Se l’Unicef non riconosce che la pornografia è un male
Un rapporto dell’Unicef - prima pubblicato, poi ritirato per le voci di protesta e ripresentato con lievi modifiche - sostiene l’idea che la pornografia non sia sempre dannosa per bambini e adolescenti. E ad essi non andrebbe negata una «vitale educazione sessuale», aborto e temi Lgbt inclusi. Un approccio scandaloso che non riconosce il male oggettivo della pornografia.
Per l'Unicef l'aborto non è violenza sui bambini
Il nuovo rapporto Unicef sulla diffusione della violenza contro i minori include tutte le possibili categorie di aggressioni, comprese quelle commesse contro bambini in età prenatale e neonatale, come gli aborti selettivi in Cina e l'infanticidio in India. Tutte le categorie, meno una: l'aborto nei paesi in cui è legale.