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ABUSI SESSUALI

Preti gay, la realtà che non si vuol vedere

Quanto avvenuto negli ultimi giorni fa capire che nell'incontro previsto in Vaticano a febbraio sul tema degli abusi sessuali, si vuole arrivare in modo da difendere l'omosessualità nel clero.

Editoriali 26_11_2018

A proposito di abusi sessuali, abbiamo già scritto della incandescente situazione negli Stati Uniti (con lo stop vaticano a indagini indipendenti) e anche delle sorprese nelle nomine della commissione organizzatrice dell’incontro del febbraio prossimo in Vaticano con i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo. Anche alla luce delle parole durissime del cardinale Gerhard Müller sull’omosessualità nel clero (clicca qui), vale la pena tentare di capire dove portano questi avvenimenti.

C’è anzitutto da rilevare che si parla tanto di sinodalità, ma in questo caso si impedisce che una conferenza episcopale – come quella statunitense, al centro di una crisi senza precedenti - faccia svolgere una ricerca indipendente su quanto accaduto in questi decenni e vari delle linee guida specifiche. Per la Santa Sede tutto deve restare sospeso fino all’incontro di febbraio.

Dalla composizione di questo comitato organizzatore si intuisce almeno uno dei motivi di questa scelta “centralista”: blindare la versione ufficiale che spiega il fenomeno degli abusi sessuali e le conseguenti misure. Papa Francesco ha insistito più volte sul fatto che alla radice del fenomeno degli abusi sta il clericalismo, una sorta di abuso di potere, tralasciando il fattore omosessualità del clero. Anche i giornalisti della corte papale si stanno prodigando per convincere tutti che l’omosessualità non c’entra, anche se i dati dicono esattamente il contrario.

Tra i quattro componenti del comitato organizzatore spicca l’arcivescovo di Chicago, cardinale Blase Cupich, molto discusso sia per la sua stretta amicizia con l’ex cardinale Theodore McCarrick sia per dichiarazioni che paiono sminuire l’emergenza creata dalla crisi per gli abusi sessuali. Nella riunione dei vescovi americani della scorsa settimana a Baltimora, Cupich è stato colui che ha guidato la fazione che è riuscita a impedire il varo di una commissione-verità su quanto accaduto; in particolare Cupich – come il Papa – si oppone alla presenza di laici nella Commissione di inchiesta, cosa invece caldeggiata dalla presidenza della Conferenza episcopale statunitense nonché dal cardinale Sean O’Malley, presidente della Commissione pontificia per la Tutela dei minori, clamorosamente escluso dalla lista degli organizzatori dell’incontro di febbraio.

Già la nomina di Cupich è un fatto grave, vista la contiguità con McCarrick, ma oltretutto a rafforzare la posizione del cardinale Cupich sta anche un’altra nomina, quella del cardinale indiano Oswald Gracias, di Mumbay, che sostiene con decisione il diritto ai matrimoni gay e la necessità di cambiare il linguaggio della Chiesa riguardo all’omosessualità.

Con un simile team al comando delle operazioni, appare chiaro che si vuole evitare che emerga il tema omosessualità del clero come fenomeno da monitorare in chiave prevenzione degli abusi. C’è anche il rischio che trovi accoglienza la posizione di chi sostiene che proprio l’accettazione dell’omosessualità nel clero sarebbe utile per evitare gli abusi sessuali.

È uno sviluppo preoccupante, che non va nella direzione di una “operazione verità”; che non si interessa tanto delle vittime degli abusi quanto di proteggere la rete gay che pervade il clero. Come ha detto nei giorni scorsi il cardinale Müller «una parte della crisi è proprio quella di non voler vedere le vere cause, che quindi vengono coperte con frasi tratte dalla propaganda della lobby omosessuale». E ancora: «Questo tentativo di offuscare le cose è un cattivo segno del processo di secolarizzazione in atto nella Chiesa: uno pensa come il mondo, ma non come Dio vuole».

Chi fermerà questa deriva?