Presidenziali in Romania, vince Bruxelles. Ballottaggio in Polonia
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Il candidato pro-UE Nicușor Dan è il nuovo presidente della Romania, dopo l'annullamento delle elezioni del novembre scorso e grazie alle pesanti interferenze straniere. Intanto in Polonia è in testa il candidato delle lobby gay e abortiste, ma con molti meno voti del previsto.

Persa l’occasione di cambiamento a Bucarest, tutti gli occhi sono puntati su Varsavia. Tuttavia interferenze così palesi e vergognose da parte di leader europei e lobby liberal angloamericane non si erano mai viste prima, c’è un pericolo serio di tenuta democratica e credibilità delle democrazie ed istituzioni europee.
Per quanto riguarda la Romania la prima pubblicazione dell'Autorità elettorale permanente (AEP) di domenica sera, riportava i dati parziali ufficiali del secondo turno delle elezioni presidenziali rumene, che davano Nicușor Dan (nella foto, mentre vota) al primo posto con il 53,41%, e George Simion al 46,59%. Distanza che si è ampliata ulteriormente più tardi dopo lo spoglio di 10 milioni di voti su 11,6 milioni: Dan era in testa con il 54,35%, mentre Simion era al 45,65%, secondo i dati ufficiali. L'affluenza alle urne si è attestata al 64,58%, ma degli 11.278.291 romeni che hanno partecipato al voto, 9.680.618 lo hanno fatto in patria, gli altri all’estero, con un voto della diaspora che è raddoppiato rispetto al primo turno.
Proprio dall’estero era giunto il maggior sostegno finale al candidato liberale Dan: era stato il presidente francese Emmanuel Macron a interferire pesantemente sabato, il giorno prima del voto. Macron elogiava in una diretta video telefonica Nicusor Dan e ricordava le profonde relazioni e l'eredità di Francia e Romania, concludendo che «la posta in gioco in queste elezioni è ovviamente la chiave del destino non solo della Romania, ma anche del nostro continente, è essenziale avere un partner pro-europeo coinvolto nella sicurezza collettiva e nella modernità economica». Una interferenza senza precedenti nella storia di un Paese europeo e un silenzio sconcertante delle istituzioni di Bucarest e Bruxelles.
Dunque l’oligarchia e i poteri forti di Bruxelles, insieme a diverse capitali europee che hanno interferito pesantemente sino a poche ore dall’apertura dei seggi, hanno avuto la meglio e, dopo aver impedito a Calin Georgescu di essere proclamato presidente del Paese a novembre scorso e candidarsi in queste elezioni del 2025, hanno sconfitto un eroico George Simion che, pur avendo nel primo turno ottenuto il 40,5% dei voti, contro il 20,9% di Dan, non ha saputo raccogliere il consenso necessario per la vittoria. Il destino politico della Romania però è tutt’altro che deciso: il nuovo capo dello Stato dovrà ora facilitare una maggioranza che sostenga un nuovo governo o indire nuove elezioni, con esiti tutt’altro che scontati.
Per quanto riguarda la Polonia, i dati pubblicati al momento in cui scriviamo confermano la necessità del ballottaggio e la discesa nei consensi del sindaco di Varsavia e pupillo del premier Donald Tusk e del finanziere Soros, Rafal Trzaskowski, che si attesta intorno al 30,8%, mentre un mese fa tutti i sondaggi lo davano al 40%. L’uomo delle lobby gay e abortiste precede di pochissimo Nawrocki, candiato del PiS, con il 29,1%. I due si affronteranno da qui al 1° giugno in un lungo duello che porterà all'elezione del prossimo presidente della Repubblica polacca. Il sondaggio, condotto per le emittenti TVP, TVN24 e Polsat News, vede al terzo posto il conservatore cattolico Sławomir Mentzen con il 15,4%, seguito dal controverso politico di estrema destra Grzegorz Braun, con il 6,2%, e dall'oppositore di sinistra Adrian Zandberg, con il 5,2%.
Tutti insieme i candidati della destra cattolica ottengono, di fatto, più del 50% dei consensi popolari. Al ballottaggio dunque tutto si gioca sulla capacità di unire le forze e convogliare il consenso per l’elezione di Karol Nawrocki, per evitare che con Rafal Trzaskowski si completi la svolta autoritaria di Donald Tusk e il processo di scristianizzazione.
Oltre allo scontro tra destra e sinistra, gli agricoltori polacchi avevano promesso nei giorni scorsi di usare il proprio voto per sfogare la loro rabbia nei confronti dell'Unione Europea, che li ha delusi con le sue debilitanti normative ecologiche e permettendo l'importazione di prodotti agricoli ucraini a basso costo. Questo elettorato potrà giocare una partita decisiva in vista del ballottaggio del 1° giugno.
Tuttavia, non si deve dimenticare che il giorno prima delle elezioni, il primo ministro polacco Donald Tusk aveva suonato le sirene dell’interferenza russa, dicendo che hacker russi stavano attaccando i siti web dei partiti della sua coalizione di governo:«Due giorni prima delle elezioni, un gruppo di hacker russi attivi su Telegram ha attaccato i siti internet di Piattaforma Civica e…i nostri servizi stanno conducendo operazioni intensive. L'attacco è ancora in corso», aveva dichiarato. Assurdo solo il pensare che i russi possano aiutare i candidati della destra cattolica che fanno dell'identità polacca anti russa la propria bandiera. Tutto tace invece sullo scandalo vero e certificato dei finanziamenti esteri, campagna mass mediatica e sostegni che il suo candidato Rafał Trzaskowski ha ricevuto illegalmente. Che si farà in vista del ballottaggio?
Ieri si sono svolte le elezioni anche in Portogallo per il rinnovo del Parlamento: l'Alleanza Democratica, il partito di centro-destra legato al PPE e al governo in Portogallo, non ha raggiunto la maggioranza assoluta, secondo gli exit polls, e così si riapre la strada della instabilità politica nel Paese, visto che questi strani pseudo-democristiani non vogliono allearsi con la destra cristiana di Chega. Le elezioni, le terze in altrettanti anni, sono state indette a un anno dall'inizio del mandato del governo di minoranza. I dati, pubblicati dai tre principali canali televisivi (SIC, RTP e TVI) indicano che l'AD è in testa con il 32%, seguita dal Partito Socialista al 23%, Chega è terzo con il 22,5%.