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Per Zuppi la nullità matrimoniale va a sentimento

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L'arcivescovo di Bologna auspica  più cause «per guarire da una sofferenza che la separazione porta con sé». Se dare una chance per il futuro conta più della verità sul vincolo, allora il rischio è proprio il "divorzio cattolico".

Ecclesia 28_02_2024
IMAGOECONOMICA - ANDREA DI BIAGIO

Il processo di nullità matrimoniale è un procedimento legale, non spirituale né pastorale: è urgente ricordarlo. Anche al cardinale Zuppi. L'arcivescovo di Bologna, intervenendo all'annuale appuntamento del Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Flaminio di Bologna per inaugurare l'Anno giudiziario e resocontare quello trascorso, si è così espresso: «vorrei che il Tribunale il prossimo anno potesse esaminare molte cause di annullamento in più, perché è uno degli strumenti per guarire da una sofferenza che la separazione porta con sé». Ed ha aggiunto: «Non è il divorzio cattolico ma un discernimento attento, profondo anche spirituale che però costituisce una consapevolezza e una possibilità per il futuro per chi si è trovato in una situazione difficile».

Ormai è una costante: il cardinale Zuppi non perde certamente le notti – e nemmeno le ore diurne – per preparare interventi chiari e precisi; e nella loro vaghezza ognuno può sentirsi a proprio agio e capire tutto e il contrario di tutto. È tuttavia evidente che il cardinale, che ha parlato, tra l'altro, davanti agli altri vescovi delle diocesi di competenza del Tribunale di Via del Monte, ha voluto enfatizzare il senso “pastorale” dei processi di nullità, additando all'orizzonte l'auspicato happy end dei processi, con l'obiettivo di guarire le ferite. Un lieto fine certo non scontato, ma forse più probabile alla luce dell'istituzione del processo breve da parte della Lettera Apostolica Mitis Iudex Dominus Iesus (MIDI), del 2015.

Di certo stona che davanti ad un Tribunale, che ha l'unico scopo di verificare la sussistenza o meno del vincolo matrimoniale, si auspichino molte più cause di “annullamento”. Detto in altro modo: il Tribunale è chiamato ad occuparsi del passato, sulla base di documentazioni presenti, e non del futuro delle persone coinvolte. E, rilievo di non poco conto, non esiste alcuna causa di “annullamento”, perché i tribunali competenti non possono annullare alcunché, ma dichiarare la nullità, cosa ben diversa. Anziché parlare a braccio e a sentimento, sarebbe auspicabile che il cardinale Zuppi accettasse umilmente di leggere due righe scritte da persone competenti.

Facciamo un passo indietro. I due cambiamenti più significativi di MIDI riguardano da un lato i processi ordinari, dall'altro l'istituzione di un nuovo processo più breve. Sul primo versante, è stata abolita la doppia decisione conforme: se dopo la prima sentenza non c'è appello, tale conferma diventa esecutiva. Sul secondo, il nuovo processo breve richiede che vi sia la domanda congiunta dei coniugi e prevede un'istruzione delle prove pro-nullità, seguita da quindici giorni per la presentazione di elementi a favore invece del vincolo; quindi il vescovo, riconosciuto come unico giudice, può emettere o sentenza affermativa, a favore quindi della nullità, oppure, se ritiene di non aver raggiunto una certezza nel giudizio, rimandare il tutto al processo ordinario. Egli pertanto non può esprimersi negativamente.

È chiaro, dunque, che il processo breve può essere intrapreso solo nei casi in cui la nullità sia manifesta, e non abbia perciò bisogno di indagini particolarmente approfondite, a motivo dell'evidenza degli argomenti portati a favore della nullità e della rapidità della loro reperibilità; diversamente, ad essere in pericolo sarebbe il principio dell'indissolubilità del matrimonio. Il caso dunque di incapacità consensuale dev'essere di norma affidato al processo ordinario, salvo il caso di gravi patologie cliniche già documentate da opportune perizie o dati clinici. Occorre ricordare che l'incapacitas dev'essere provata in actu consensus, quindi antecedentemente le nozze; se l'anomalia psichica sopraggiunge in seguito, allora essa non invalida il consenso. Il can. 1095 ritiene incapaci di contrarre matrimonio tre categorie di persone: «1) coloro che mancano di sufficiente uso di ragione; 2) coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente; 3) coloro che per cause di natura psichica, non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio».

Veniamo adesso ai dati del Tribunale Flaminio del 2023, che riguardano, oltre alla diocesi di Bologna, le diocesi di Rimini, Ferrara-Comacchio, Forlì-Bertinoro, Cesena-Sarsina, Imola, Faenza-Modigliana, Ravenna-Cervia e San Marino-Montefeltro. Sui 99 capi di nullità esaminati ben 85 hanno riguardato l'incapacità, di cui 63 inerenti al secondo e terzo caso previsto dal can. 1095, sopra riportato, 11 solo il secondo e altri 11 solo il terzo. L'incidenza sul totale è dunque dell'86%, rispetto al 64% dell'anno precedente (nonostante la superiorità in numero assoluto, ossia 90). 54 hanno avuto sentenza affermativa e 31 negativa.

Ben 12 capi di nullità per incapacità hanno riguardato proprio processi brevi, istituiti in alcune diocesi di competenza del Tribunale (esclusa Bologna), e dunque affidati al solo giudizio del vescovo. Il dato solleva più di una preoccupazione, stante quanto precisato sopra: i processi per incapacitas dovrebbero prudentemente seguire l'iter ordinario e non quello breve, se non altro per l'esigenza di documentazione clinica e di una perizia diversa da quella addotta dalla parte che richiede la nullità, ricorrendo ai periti d'ufficio.

Dunque, due dati dell'anno giudiziario 2023 appaiono “anomali”: l'aumento dell'incidenza delle cause per incapacità, e un numero considerevole di processi brevi per questa ragione. Sarebbe stato pertanto più opportuno, e pastoralmente più necessario, che il cardinale Zuppi esternasse una certa perplessità di fronte a questo fenomeno, il quale, al netto della maggiore fragilità psichica e della riduzione della capacità di assumersi responsabilità in generale, risulta sopra le righe. Così come avrebbe dovuto richiamare a maggiore prudenza nell'adire a processi brevi su situazioni che, per loro natura, necessitano di un iter più articolato e lungo, a beneficio della difesa del vincolo.

Questa duplice omissione, insieme all'augurio riportato in apertura del presente articolo, lasciano trasparire un orientamento di fondo tutt'altro che rassicurante: sembra che l'arcivescovo sia più preoccupato per il sollievo delle persone che non per l'aumento del rischio che il vincolo non sia adeguatamente difeso, scivolando ogni anno di più proprio verso quel divorzio cattolico che Zuppi, a parole, sembra non gradire. Il processo di nullità con esito favorevole ha certamente una ricaduta positiva sulle persone che desiderano ricostruire una vita affettiva familiare: nessuno mette in dubbio questo dato. Ma resta pur sempre vero che anche il vincolo dev'essere difeso e questa difesa passa attraverso una procedura meticolosa, che richiede tempo, figure adeguate e un iter che l'esperienza giuridica plurisecolare della Chiesa ha saputo mettere a punto.



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