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MORTE DELLO SCRITTORE

Pennacchi, ritratto del perfetto italiano fasciocomunista

Pennacchi ha vinto il premio Strega sdoganando letterariamente Mussolini, con Canale Mussolini. Da giovane militava nel Msi, poi passò all'estremo opposto in Servire il Popolo. Sindacalista della Cgil, ma mai proletario, Pennacchi è entrato nel gotha della letteratura di sinistra. E' il ritratto del perfetto Fasciocomunista

Cultura 06_08_2021
Antonio Pennacchi

I francesi hanno Pennac e noi Pennacchi, ambedue scrittori pluripremiati e bestsellers. Non ho mai letto un rigo di entrambi, per il semplice motivo che non amo leggere narrativa contemporanea. E non per partito preso, ma perché le rare volte che ci ho provato mi sono ritrovato a chiedermi: ma che ci trovano in questa roba?

Passata la buriana dei coccodrilli, necrologi, commemorazioni (che ormai durano un giorno al massimo, perché show must go on; con la sola eccezione per Raffaella Carrà, «la più amata degli italiani», a quando il biopic?), va ascritto a merito di questo scrittore, Pennacchi intendo, di aver sdoganato letterariamente Mussolini, tant’è che un Premio Strega successivo è tornato sulla figura del Duce: piatto ricco mi ci ficco, dice l’adagio. Chiariamo a beneficio degli antifa de noantri: non che sia meritorio in senso stretto parlare di Mussolini, ma almeno è originale. Infatti, pare che la cosa abbia aperto un filone: proprio su queste pagine ho recensito il romanzo, recentissimo, L’uranio di Mussolini (letto perché è un giallo). Ovviamente, i due scrittori ”stregati” causa Lui, cioè Pennacchi e Scurati, hanno le carte in regola per poterselo permettere, essendo entrambi di sinistra.

Scorrendo le foto d’epoca del Premio Strega 2010 si vede il premiato col più prestigioso premio letterario italiano nella sua solita mise, coppoletta sulla calvizie e sciarpa rossa négligé al collo (anche d’estate) in mezzo al gotha del mondo letterario nazionale, nel quale non entri se sei di destra nemmeno morto (a meno che non ti sia avvicinato e/o abbracciato all’islam). Stesse facce, immortali (nel senso che, tranne Pennacchi, sono sempre i medesimi da cinquant’anni). Pennacchi aveva il biglietto d’ingresso tra gli happy few? Sì, visto che, dopo una giovinezza nel Msi, si era buttato dall’altro lato, in Servire il Popolo, e proprio nel Sessantotto, quando un giovine non poteva non essere comunista (dice un altro adagio: a vent’anni se non sei comunista sei senza cuore; a quaranta se lo sei ancora sei senza cervello). E non solo perché rischiava la spazzolata cranica con chiave inglese.

In fondo, era una tradizione italiana, molto praticata specialmente tra la gente di lettere: tutti fascisti, poi, persa la guerra, tutti comunisti. Opportunismo, voltagabbanismo? No, coerenza ideologica e filosofica (che è lo stesso). Mi spiego: sia il fascismo che il comunismo traevano linfa dalla sinistra hegeliana. Ora, qui non c’è spazio per spiegare i passaggi, ma il succo del pensiero di Hegel è che chi vince ha ragione. E’ il famoso Senso della Storia. Per questo è del tutto naturale il passaggio tout court dalla destra alla sinistra e senza soluzioni di continuità (vedi Toscana ed Emilia Romagna).

Per tornare al Pennacchi, la sua parabola ideologica lo portò, divenuto adulto, al Psi e infine al Pci. Dicono sia stato anche operaio, in realtà era sindacalista Cgil. E pure laureato. Tanto  per  dire che non era di ambiente prolet, sua sorella è un’economista che fu sottosegretario nei governi Prodi e D’Alema. Operai, semmai, erano (forse) i genitori, che lavorarono a quel famoso Canale Mussolini che lui descrisse nel suo romanzo più famoso. Da un’altra sua opera è stato tratto un film, Il fasciocomunista che al cinema divenne Mio fratello è figlio unico. Insomma, era un arrivato nel Club. Poteva godersi il sudato successo, invece la Grande Mietitrice se lo è portato via a 71 anni, aveva due soli mesi più di me. C’è di che meditare…