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GIORNALISMO FAZIOSO

Pelosi e non solo, il Corsera sembra l’house organ dei Dem USA

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Un’intervista a Nancy Pelosi per rilanciare i suoi attacchi a Trump e agli elettori del magnate, bollati come “antisemiti”; e un articolo sulle accuse infamanti contro il giudice pro vita Clarence Thomas. È un Corriere sempre più a sinistra.

Attualità 02_09_2023

Sul Corriere della Sera si incensa in un’intervista la cattolica abortista e pro Lgbt Nancy Pelosi e si decapita invece la credibilità del cattolico Clarence Thomas, giudice pro vita della Corte Suprema. Rimane l’amarezza di leggere slogan propri dell’acerrima campagna elettorale dei Democratici e delle sinistre degli USA. La novità dell’intervista a Nancy Pelosi sta nella decisione di averla inserita tra i premiati dei DVF (Diane von Fürstenberg) Awards per il suo presunto impegno per le donne. Un premio per la promozione dei diritti delle donne ad una donna che è stata, nell’ultimo decennio, premiata più volte per il suo impegno a favore di ogni forma di omicidio dell’innocente nel ventre materno e anche per la difesa dei privilegi Lgbt e in particolare transgender, che sono un affronto alle donne stesse. La Pelosi in effetti è stata una game changer per la liberalizzazione dell’aborto, come è stato riconosciuto dalle lobby che promuovono questo delitto.

Nancy Pelosi è nota anche per le sue aspre critiche alle legislazioni degli Stati governati dai Repubblicani che difendono la pubertà e la sessualità naturale, vietano l’ingannevole “cambiamento” di sesso per i bambini e anche la partecipazione di maschi a competizioni sportive femminili. L’odio della Pelosi per il Trump «pericolo per la democrazia» e «amico di Putin» è risaputo da sempre, così come il suo disprezzo per gli elettori del Partito Repubblicano, a cui rivolge accuse false, descrivendoli come cultori di un «delinquente» e «antisemiti».

Non c’è nemmeno da stupirsi che la Pelosi dichiari le sue preoccupazioni per il problematico «rispetto della comunità LGBTI+» in Italia, riprendendo la mitologia propagandata dalla sinistra italiana e di cui primo megafono fu Justin Trudeau al vertice del G7 di Tokio nel maggio scorso. Colpisce l’assenza invece di domande almeno su Kamala Harris e il suo supposto impegno sui migranti, le parlamentari Alexandria Ocasio-Cortez, Ilhan Omar, Jamaal Bowman e Cori Bush che hanno ricevuto di recente accuse di antisemitismo, l’inflazione USA e le difficoltà della classe media. E nemmeno una domanda sul come la Pelosi abbia conciliato, durante il mandato da «democratica», il suo impegno dalla parte dei «lavoratori», i profittevoli investimenti e i guadagni multimilionari, a seguito di informazioni politiche sensibili di cui era a conoscenza per il ruolo da lei ricoperto.

Si è scelto di riportare semplicemente gli slogan elettorali e le cattiverie di Nancy Pelosi verso il mondo dei conservatori, così come si è fatto nel secondo articolo pubblicato ieri dal Corsera: l’attacco, in base ad una indagine giornalistica di ProPublica dell’aprile scorso, al giudice della Corte Suprema Clarence Thomas. Si omette di ricordare che le dimissioni del giudice Thomas sono l’obiettivo dichiarato dei Democratici e delle multinazionali abortiste, insieme a quelle del giudice Samuel Alito, sin da almeno la sentenza Dobbs vs Jackson Women’s Health Organization. E questo nel tentativo di cambiare la composizione della Corte Suprema in senso radicale. Nulla si dice sul fatto che entrambi i giudici sono stati oggetto di infamanti accuse, campagne di discredito giornalistiche e pesanti minacce fisiche, come altri giudici conservatori, sin dal trafugamento e dalla pubblicazione della bozza di sentenza contro l’aborto federale sancito dalla Roe vs Wade.

Per seguire l’onda di discredito americana dei Democratici e delle lobby abortiste, il Corsera dimentica di dire che l’organizzazione che sostiene ProPublica, denominata “The Sandler Foundation”, ha dato vita nel 2007 alla stessa ProPublica e dal 2010 l’ha sostenuta con 40 milioni di dollari anche nell’impegno di attaccare proprio i giudici Thomas e Alito. Oltre a spendere milioni per sostenere ProPublica, la Fondazione Sandler ha contribuito a promuovere e finanziare vari altri gruppi di sinistra, tra cui il Campaign Legal Center (CLC) e l’American Constitution Society (ACS) che vogliono il deferimento del giudice Thomas al Dipartimento di Giustizia (DOJ) in risposta all’indagine giornalistica di ProPublica, su vari presunti viaggi e affari di Thomas.

A maggio, a seguito degli attacchi scandalistici di ProPublica, Axios, NBC e Politico, tutti i giudici della Corte Suprema hanno firmato una lettera pubblica a sostegno di Thomas ricordando la sua correttezza e il suo rispetto delle regole etiche e di trasparenza. Chi sospettava di condizionamenti e frodi da parte del giudice Thomas e della sua famiglia, causati dall’amicizia che li lega all’imprenditore Harlan Crow, è rimasto deluso: il castello di carte e allusioni di ProPublica è caduto miseramente e la dichiarazione finanziaria annuale del 2022 di nove pagine, resa nota nei giorni scorsi, fornisce un resoconto completo delle finanze di Thomas e di sua moglie Virginia. Il team legale di Thomas ha denunciato che gli «attacchi al giudice Thomas sono a dir poco ridicoli e pericolosi e creano un terribile precedente di sport politico sanguinario attraverso i documenti etici federali».

Clarence Thomas come Samuel Alito, come i progressisti Sonia Sotomayor, Ketanji Brown Jackson e come l’ex giudice Stephen Breyer e la defunta Ruth Bader Ginsburg, piaccia o meno, si sono comportati in modo simile, accettando premi, viaggi e donazioni, sulla base delle stesse regole. Rispetto ad altri, però, a favore di Thomas si sono schierati anche oltre 100 ex collaboratori del giudice della Corte Suprema che hanno scritto una lettera aperta, affermando che la sua «integrità è irreprensibile» e «la sua indipendenza è incrollabile». Ora rimarrà solo Alexandria Ocasio-Cortez a chiedere al procuratore generale Merrick Garland di indagare su Clarence Thomas. E forse anche gli investigatori della sinistra ProPublica e il Corriere della Sera, che ormai sembra l’house organ dei Democratici statunitensi in Italia.



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