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DOPO IL VIAGGIO

Papa e Cile, i perché di un rapporto difficile

Anche i vaticanisti "simpatizzanti" di Papa Francesco sono concordi nel definire un fallimento il viaggio apostolico in Cile. Ma avanzano cause difficilmente riscontrabili, come la crisi della Chiesa cilena e le trame per metterlo in difficoltà sul caso pedofilia. Invece il motivo potrebbe essere un altro. 

Ecclesia 24_01_2018

C’è una coincidenza unanime tra i giornalisti “simpatizzanti” di Francesco rispetto alla sua recente visita nella Repubblica del Cile, che si è svolta dal 15 al 18 di gennaio. Per tutti il risultato del viaggio apostolico in questi giorni è stato praticamente un fallimento rispetto alle aspettative.

Così lo ha esplicitato ad esempio il 21 di gennaio il corrispondente del quotidiano argentino “Clarin” a Roma, Julio Algañaraz, per il quale il viaggio di Francesco in Cile “è stato il peggior viaggio in cinque anni di pontificato”, pregiudicato in gran parte dallo scandalo pedofilia che ha circondato il caso del vescovo cileno Juan Barros, che secondo la sua interpretazione è stato messo in movimento dalle secrete stanze vaticane spinte dai gruppi che “vogliono paralizzare i venti riformisti”, che presumibilmente hanno messo Bergoglio in Vaticano.

L’operazione è consistita nel rendere pubblica la lettera che nel 2015 Francesco inviò all’episcopato cileno, giustificando la nomina di Barros come vescovo di Osorno, che per il giornalista è stata fatta filtrare dalle stesse stanze vaticane con l’intenzione di “aumentare l’onda in espansione dello scandalo e mettere nei guai il Papa argentino”, obiettivo che è stato raggiunto obbligando Bergoglio a difendere pubblicamente il vescovo Barros dicendo che le accuse contro di lui erano “tutte calunnie”.

Questa lettera è stata pubblicata il 16 di gennaio sul blog Settimo Cielo, curato dal vaticanista Sandro Magister. Secondo Algañaraz l’obiettivo ultimo dell’operazione è stato “rovinare al Papa un viaggio destinato a ricostruire la fiducia tra la Chiesa e la moltitudine dei cattolici disillusi verso la Chiesa”, obiettivo che è stato raggiunto.

Però altri, sebbene coincidano nelle valutazioni finali – cioè il fallimento del viaggio – attribuiscono le cause dell’infortunio ad altri motivi. Secondo quanto ricostruisce il giornalista cileno Juan Paulo Iglesia sul quotidiano La Tercera “i vaticanisti si sorprendono per la mancanza di entusiasmo durante la visita del Papa”. E’ il caso di Andrea Tornielli di Vaticaninsider, che ipotizza che la causa dello scarso entusiasmo suscitato dalla presenza di Francesco si debba al fatto che “la gente ha una opinione della Chiesa non molto alta”, “lontana da quella che aveva all’epoca della dittatura di Pinochet, quando aveva grandi vescovi”.

Per Elisabetta Piquè, corrispondente in Italia del quotidiano argentino La Nacion, ciò che ha pregiudicato il viaggio papale è stata “la ferita dei fedeli” di cui soffre da un po’ di tempo la Chiesa cilena, che è “una Chiesa elitaria e clericale” che convive con “scandali di abusi sessuali”.

Però, se fosse vero che la Chiesa cilena aveva grandi vescovi e ora non li ha più, e che in più è una Chiesa “elitaria e clericale” chi sarebbe il responsabile di quello che le è accaduto? Parecchi giornalisti pro-Francesco sembrano ignorare che gran parte della Chiesa cilena ha resistito fino alla fine e con molta fermezza e convinzione all’assalto e all’avanzata dell’anticultura della morte, le cui iniziative a favore della depenalizzazione dell’aborto hanno avuto un impulso legislativo e l’approvazione presidenziale da parte della presidente uscente Michelle Bachelet.

Entrambi i giornalisti, poi, cui si è unito l’inviato argentino Sergio Rubin, biografo di Bergoglio e corrispondente in questo viaggio del Clarin, sostengono che, nonostante tutto, la presenza di Francesco è servita per dare impulso al rinnovamento di cui, secondo loro, necessita la Chiesa cilena e mettono in evidenza la forte condanna che ha fatto dei casi di abusi sessuali e di pedofilia.

Però quello che i tre sostenitori di Francesco ignorano (o nascondono?) è che è lo stesso Francesco che ha cominciato ad essere un problema per la Chiesa a causa dei suoi gesti contraddittori e del suo parlare duplice. E’ noto che abbia iniziato la sua visita in Cile condannando gli abusi sessuali commessi dai sacerdoti, però lo ha terminato difendendo a oltranza il discusso vescovo Juan Barros e squalificando le vittime (cosa peraltro confermata, malgrado le apparenze, anche nella conferenza stampa sul volo di ritorno in Italia). Ha condannato “ufficialmente” l’aborto come un crimine, però ha trattato con grande cordialità, deferenza e riconoscenza la presidente Bachelet e la ministra olandese Lilianne Ploumen, ferventi pro abortiste, mentre si è negato di ricevere il presidente entrante cileno Sebastian Piñera, cattolico e pro vita, anche se di idee liberali in economia, motivo per cui sta agli antipodi di Francesco.

Non vorrei che “nel popolo dei fedeli di Dio” – come piace dire a Francesco – questi atteggiamenti accomodanti, quasi in linea con le definizioni contrarie al dogma e alla fede cristiana, vengano recepiti male e vengano rifiutati. Questo a motivo del “sensus fidelium” che il popolo di Dio custodisce innato nella sua coscienza e nella sua anima, cosa che Francesco conosce molto bene, ma che sembra dimenticare in momenti come questi, per portare avanti giochi politici che non hanno mai portato a buon fine: dal suo lavoro come provinciale della Compagnia di Gesù fino al presente, nel segno della divisione della Chiesa.