Ospedale pro eutanasia: il braccio di ferro con Roma
Da Roma è arrivato uno stop deciso alla decisione dei Fratelli della carità belgi di praticare l’eutanasia su pazienti psichiatrici in fase non terminale. Ora dovranno aderire pienamente al Magistero, pena provvedimenti canonici. Ma i "fratelli" belgi sono molto agguerriti. Hanno già rimandato al mittente le richieste del superiore e del vescovo e ignorato una lettera dalla Cdf.
Da Roma è arrivato uno stop deciso alla decisione dei Fratelli della carità belgi di praticare l’eutanasia su pazienti psichiatrici in fase non terminale. Nella primavera scorsa il ramo belga dei Fratelli della Carità, contro il parere delle autorità centrali della Congregazione, avevano deciso di infrangere un tabù finora rispettato nei quindici centri di assistenza gestiti in Belgio. E l’avevano comunicato con una lettera ai vari dipartimenti. Adesso il fratello Rene Stockman, superiore generale dell’ordine, ha annunciato che il Pontefice ha approvato una richiesta formulata in questo senso: entro la fine del mese di agosto i Fratelli belgi devono tornare alla situazione quo ante, o affrontare delle sanzioni.
Inoltre ai singoli fratelli che servono nel consiglio del Gruppo dei Fratelli della Carità è chiesto di firmare una lettera diretta al superiore generale, in cui dichiarino che “appoggiano pienamente la visione del magistero della Chiesa cattolica, che ha sempre confermato che la vita umana deve essere rispettata e protetta in termini assoluti dal momento del concepimento fino alla fine naturale”.
È evidente che Roma ha preso molto sul serio, e con grave preoccupazione, la decisione dei Fratelli della Carità belgi, che apriva una falla pericolosa nella difesa –anti-eutanasia- della vita da parte della Chiesa cattolica. Se l’iniziativa del ramo belga fosse passato tranquillamente, è molto probabile che in altri Paesi si sarebbero avuti episodi similari, con un effetto a catena dalle conseguenze difficilmente prevedibili. Secondo quanto anticipato da fratel Stockman, i membri dell’ordine che si rifiutassero di firmare sarebbero passibili di sanzioni in base al Codice di Diritto Canonico. Mentre conseguenze ancora più gravi – fino ad azioni legali e all’espulsione dalla Chiesa cattolica – potrebbero aversi se il ramo belga decidesse di non ottemperare alla richiesta di Roma.
La richiesta, avanzata a quanto pare agli inizi di agosto, è la conclusione di un’inchiesta svolta da due Congregazioni vaticane: quella per la Dottrina della Fede, e quella per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Dell’appoggio diretto del Pontefice fratel Stockman ha informato con una e-mail il Catholic News Service: “Il Santo Padre è stato informato formalmente del caso ed è stato anche informato dei passi necessari”.
Il superiore generale, di nazionalità belga, è sempre stato contrario – e l’ha detto chiaramente anche in interviste – all’apertura all’eutanasia. E’ sua convinzione che con questo ultimatum sia ben sottolineato il fatti che “il rispetto per la vita umana è assoluto”. Se il ramo belga si rifiuta di accogliere la richiesta, le autorità centrali dell’ordine prenderanno iniziative legali per obbligarli a emendare il testo delle nuove politiche, e se questo non fosse possibile, sono determinate a dare avvio alla procedura per escludere quegli ospedali dall’Ordine, e cancellare la loro identità cattolica.
La Conferenza episcopale belga e il Nunzio in Belgio sono stati informati dell’ultimatum di Roma. Finora il ramo belga si è dimostrato piuttosto coriaceo. Ha rigettato una richiesta formale del superiore generale avanzata a primavera; non ha tenuto in considerazione una dichiarazione dei vescovi belgi, in cui i presuli affermavano che non avrebbero accettato l’eutanasia in istituti cattolici. E infine hanno ignorato una dichiarazione scritta e firmata dal card. Müller, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che ricordava che il magistero della Chiesa proibisce l’eutanasia.