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GESUITI ALLA RISCOSSA

Omoeresia, anche il Brasile ha il suo "James Martin"

Anche il Brasile ha il suo James Martin. È un professore di teologia e gesuita: Luis Corrêa Lima. Chiede che la “Campagna di Fraternità” in corso in Brasile si indirizzi anche alle persone LGBT e suggerisce che la Chiesa abbandoni il suo insegnamento di sempre sulla sessualità umana.

Ecclesia 29_03_2018

Anche il Brasile ha il suo James Martin. È un professore di teologia della Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro, gesuita: Luis Corrêa Lima. Nell’ultimo numero della Rivista dei religiosi brasiliani, “Convergência” ha pubblicato un lungo articolo in cui chiede che la “Campagna di Fraternità” in corso in Brasile  si indirizzi anche alle persone LGBT, e soprattutto suggerisce in buona sostanza che la Chiesa abbandoni il suo insegnamento di sempre sulla sessualità umana, basata sulla differenza fra uomo e donna. Come è frequente, il discorso parte dalla sofferenza delle persone omosessuali e dei loro famigliari, e dall’ingiustizia delle discriminazioni vissute e compiute nei loro confronti. Ma poi il discorso si amplia, in maniera molto abile e circospetta, verso quella che si configura come una possibile accettazione della teoria di genere. E cioè l’abbandono del dato fisico per la determinazione di maschio e femmina, e la prevalenza della scelta personale.

Sin dall’inizio della sua dissertazione il professore di teologia fa suoi termini che la cultura dominante ha scelto per chiudere ogni possibilità di discussione: omofobia e transfobia. Parte dal massacro di Orlando – compiuto da un musulmano, che aveva avuto frequentazioni omosessuali per dire che questa è “la punta dell’iceberg di una realtà ben più ampia chiassosa o discreta presente in tutto il mondo e specialmente in Brasile: l’ostilità fisica e verbale contro i LGBT conosciuta come omofobia”.

Che avrebbe – e anche questo fa parte dell’arsenale polemico LGBT – origine, secondo il gesuita, “in un timore incosciente del cuore umano che rifiuta di riconciliarsi con la sua verità… una necessità di occultare la verità sulla propria esistenza, o sugli impulsi interni”.

Sulla sodomia il gesuita dice che “questa pratica fu chiamata sodoma, con riferimento al peccato di Sodoma che risultò in un castigo divino distruggitore, e considerata un abominio”. Da allora “cambiamenti importanti si realizzarono nella società e nella Chiesa, ma lo stigma dell’abomino e della perversione continua. Non è a caso che religiosi cristiani accusino categoricamente gli omosessuali e trans di essere indemoniati, e utilizzano la Bibbia per esecrarli”.

Il professore lascia capire che è rimasto deluso dalla mancanza dell’approvazione nei piani educativi della promozone “dell’eguaglianza di genere e orientamento sessuale” da parte del governo: cioè dell’ideologia gender. Ricorda che dal Sinodo della Famiglia è uscito “un allarme, ratificato da papa Francesco, contro le forme di ideologia chiamata Gender…che promuove un’identità persona e un’intimità affettiva svincolata dalla diversità biologica fra uomo e donna”. Secondo il gesuita questo allarme “non significa necessariamente una condanna degli studi di genere”.

E accenna a “ricerche neuroscientifiche secondo cui il sesso biologico non si riduce ai genitalia e all’anatomia”. Il gesuita sostiene che anche se “ci sono fattori psicosociali che incidono su questa realtà, essere LGBT non è una scelta o un’opzione individuale”. Il professore afferma che “c’è una prospettiva cristiana di genere che propone di non rinunciare alla dfferenza fra uomo e donna e alla sua fondamentale importanza, che tiene la sua ragione nel sesso anatomico e costituisce un archetipo dal quale si origina l’umanità. Che non si pensino i nostri processi sociali e culturali dalla struttura genetica e neuronale del soggetto umano. Tuttavia, che si evidenzi anche il ruolo della cultura e delle strutture sociali…”.

Senza dirlo apertamente, si lascia capire che a fianco del rapporto uomo-donna anche le relazioni omosessuali sono accettabili, e infatti si sottolinea che il Papa ha ricevuto un suo vecchio amico omosessuale e il suo compagno. “Tali esempi valgono più di mille parole”.

Il gesuita cita poi una legge dello Stato di Rio de Janeiro che punisce ogni manifestazione di minaccia o di discriminazione contro cittadini omosessuali, bisessuali o trangender. È una legge che ha creato preoccupazioni, ma il professore afferma che “tale legislazione non è uno strumento di pressione contro il diritto delle Chiese di insegnamento sulla sessualità, il matrimonio e la famiglia, ma un modo di difendere persone che non raramente sono umiliate, tratte con ostilità. Non c’entra qui l’ideologia gender”, dice il gesuita. “Solo così gli LGBT potranno vivere e respirare nel proprio genere e sessualità”.

E l’insegnamento della Chiesa sui rapporti omosessuali? “Meglio stare lontani dai sacerdoti rigidi, mordono”. Il gesuita cita una frase del Pontefice, e aggiunge: “È giusto che gli LGBT siano protetti dai discorsi tossici e dalle pratiche nocive, come esorcismi o orazioni di "cura e liberazione". E aggiunge: “La parola di Dio, tolta dal contesto e letta in una prospettiva rigorista, si muta in parola di morte, in uno strumento diabolico. Quindi vengono proiettili biblici sparati impietosamente contro omosessuali e trans. Lo stesso accade con l’insegnamento della Chiesa”. Che viene presentata in tutta la sua esposizione come fonte di condanna e di discriminazione. Ma dal suo discorso non appare quello che molti nella Chiesa cercano di fare: accoglienza, vicinanza e aiuto senza per questo avallare comportamenti e stili di vita pratiche che la Chiesa non accetta perché non li ritiene compatibili con la fede e con la salvezza delle anime.