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FARMACISTA PROSCIOLTA

Obiezione farmacisti C'è un giudice a Gorizia

Una farmacista si rifiuta di vendere una confezione di Norlevo per ragioni etiche. E la coppia chiama i carabinieri. La vicenda finisce in tribunale dove la donna rischia due anni di carcere. Ieri la sentenza: «Comportamento di speciale tenuità, esclusa la punibilità». Esulta il legale, Simone Pillon: «Ora una legge sull'obiezione di coscienza».

Libertà religiosa 20_12_2016

Alla fine – dopo tre pareri del Comitato Nazionale di Bioetica e almeno una decina di progetti di legge - è toccato a un Tribunale della Repubblica fare quello che i partiti, i parlamentari, le femministe, gli stessi rappresentanti di categoria non erano ancora riusciti a fare, e cioè dichiarare non punibile la condotta del farmacista che si dichiari obiettore di coscienza e rifiuti di vendere Norlevo o altri prodotti farmaceutici capaci di uccidere l’embrione.

I fatti erano accaduti nel giugno 2013 quando una coppia, dopo un rapporto non protetto, si era rivolta al pronto soccorso per chiedere un intervento fuori tempo massimo. Il sanitario di turno aveva consegnato la ricetta per la somministrazione di un preparato ormonale post-coitale (Norlevo).

La coppia si era recata nel giro di pochi minuti alla farmacia di turno più prossima ma qui aveva trovato l’opposizione cortese e tuttavia ferma della farmacista. «Non somministro prodotti potenzialmente abortivi perché sono obiettore di coscienza» disse la dottoressa. «Però vi lascio l’indirizzo di una farmacia qui vicino, che pure effettua il turno notturno e dove potrete acquistare quello che cercate».  I due però – anziché prendere l’auto e recarsi alla farmacia indicata dalla dottoressa, preferirono chiedere e ottenere l’intervento dei Carabinieri. L’equipaggio, giunto sul posto, non ha potuto fare altro che prendere atto dell’obiezione di coscienza e consigliare i due di seguire il consiglio della farmacista e recarsi nel paese accanto, dove peraltro abitavano, e dove, nel giro di qualche minuto, hanno potuto avere la pillola del giorno dopo.

La storia non si è fermata lì perché la Polizia municipale, senza alcun impulso di parte, ha pensato bene di denunciare l’accaduto, da cui il procedimento penale e la sentenza pronunziata nei giorni scorsi

L’avvocato Simone Pillon del Foro di Perugia – noto per le sue battaglie in difesa della vita e della famiglia -  ha difeso la dottoressa ottenendo la sua assoluzione e ha dichiarato: «Ho avuto l’onore di difendere una donna, professionista ma anche madre di cinque figli, che ha dovuto subire un procedimento penale durato oltre tre anni, rischiando due anni di reclusione e il posto di lavoro. Tutto questo perché ancora nel nostro Paese, nonostante siano anni che viene richiesto a gran voce, non esiste una legge sull’obiezione di coscienza dei farmacisti».

«Il Tribunale di Gorizia – prosegue Pillon - dopo un’accurata e attenta istruttoria dibattimentale, in cui io e il bravissimo collega Marzio Calacione abbiamo presentato gli argomenti della difesa, anche valendoci del contributo scientifico e bioetico del prof. Bruno Mozzanega e del dott. Renzo Puccetti - ha felicemente deciso lo scorso 15 dicembre 2016 di prosciogliere la farmacista da ogni accusa, ritenendo il suo comportamento di speciale tenuità e dunque tale da escludere la punibilità.

Siamo ansiosi di leggere le motivazioni della sentenza, ma resta un fatto che dovrebbe interrogare in primo luogo i legislatori e i responsabili degli ordini professionali: è stato necessario che una donna, una madre di famiglia, accettasse di passare sotto le forche caudine di un processo penale, per richiamare a tutti noi un principio tanto elementare quanto ideologicamente contestato: il diritto alla libertà di coscienza e alla libertà di religione è incomprimibile e inalienabile in ogni ordinamento che voglia definirsi autenticamente democratico».

«Certo – conclude l’avvocato Pillon - , se avesse venduto quella pillola avrebbe evitato tante sofferenze per sé e per i propri familiari. Ma il suo gesto immensamente coraggioso ha avuto il potere di ricordare a tutti che quando è in gioco anche solo il dubbio circa la soppressione di una vita umana innocente, nessuno può essere coartato ad andare contro la propria coscienza e la propria fede. Spetterà alle autorità preposte approvare norme che organizzino il servizio pubblico tenendo conto di questo inalienabile diritto”.

Non sono valse a nulla neppure le prospettazioni secondo cui il prodotto in questione non riporterebbe più sul foglietto illustrativo il meccanismo di funzionamento antinidatorio cioè abortivo. Il prof. Mozzanega ha compiutamente illustrato al Tribunale che gli studi su cui si è fondata tale modifica sono seriamente viziati e del tutto inattendibili sotto il profilo scientifico. Anche il dott. Puccetti – dal canto suo – ha ben comprovato che la vita dell’essere umano comincia dal momento della fecondazione e non certo dal momento del suo impianto nell’endometrio materno.

Il Tribunale di Gorizia ha dunque pronunciato sentenza di proscioglimento per non punibilità. Del resto sarebbe stato assai difficile motivare il contrario visto che – giova ricordarlo – è proprio l’art. 3 del Codice deontologico che impone al farmacista di agire: ”In piena autonomia e coscienza professionale, conformemente ai principi etici e tenendo sempre presenti i diritti del malato e il rispetto della vita”. E la tanto minuta e gentile quanto ferma e coraggiosa farmacista friulana ha agito proprio così.

Ora i farmacisti di tutta Italia che vogliano esercitare il loro diritto all’obiezione di coscienza sanno di poter contare su una prima interpretazione giurisprudenziale favorevole, e magari torneranno a sollecitare i loro ordini e il loro presidente nazionale sen. Mandelli, che siede da anni in Parlamento, pretendendo la celere approvazione di una legge che ne tuteli le coscienze. 

Non è infatti più possibile, in un Paese come il nostro, affidare all’eroismo di una donna la tutela di quei diritti che dovrebbero essere patrimonio comune della convivenza civile.