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L'ANTICO INNO

O gloriosa Domina, pure nella musica c'è già la Corredenzione

Attribuito a san Venanzio Fortunato (530-607) e amatissimo da sant'Antonio di Padova, lo splendido inno O gloriosa Domina testimonia quanto sia radicata nel sensus fidei la verità della Corredenzione di Maria. E grandi compositori, come Giovanni Pierluigi da Palestrina, Orlando di Lasso e William Byrd, lo musicarono.

Cultura 20_12_2019

Maria Corredentrice? L’invito ad applaudirla si trova nella terza strofa dello splendido inno O gloriosa Domina, che apre le Lodi mattutine nelle feste mariane (Comune della Beata Vergine Maria), a testimonianza di quanto nel sensus fidei del popolo di Dio - quella sorta di istinto soprannaturale che guida i cristiani - la verità della Corredenzione sia radicata nei secoli.

Il testo è attribuito a san Venanzio Fortunato (530-607), vescovo trevigiano di Poitiers, in Francia; il quale è autore pure di eleganti inni alla Santa Croce, come Pange lingua gloriosi proelium certaminis (quello del Venerdì Santo) e Vexilla regis prodeunt.

1. O gloriosa Domina / excelsa super sidera, / qui te creavit provide, / lactas sacrato ubere. 2. Quod Eva tristis abstulit, / tu reddis almo germine; / intrent ut astra flebiles, / sternis benigna semitam. / 3. Tu regis alti ianua / et porta lucis fulgida; / vitam datam per Virginem, / gentes redemptæ, plaudite. / 4. Patri sit Paraclito / tuoque Nato gloria, / qui veste te mirabili / circumdederunt gratiæ. Amen.

«1. O gloriosa Signora, / che t’innalzi sopra le stelle, / tu nutri col tuo seno / Chi nella provvidenza ti creò. / 2. Ciò che Eva purtroppo ci tolse / tu ridoni per mezzo del Figlio tuo; / come pallide stelle si avanzino i poveri; / si è aperta una finestra nel cielo. / 3. Tu sei la porta del Re del cielo, / la porta di una fulgida luce; / o genti redente, applaudite / alla vita data dalla Vergine. / 4. Sia gloria al Padre, al Paraclito, / e al Figlio tuo, / i quali ti rivestirono / di un abito meraviglioso di grazia. Amen».

Questo inno, quasi un piccolo trattato di mariologia, è caro al cuore di tanti santi e fedeli. Era il preferito da sant’Antonio di Padova, che lo cantò con voce flebile poco prima di spirare nel convento dell’Arcella, alla periferia di Padova, il 13 giugno 1231. Così ne scrive il gesuita portoghese Emmanuele de Azevedo nel suo capolavoro di agiografia: «Egli dopo un breve raccoglimento far volle la sagramental confessione; indi quasi cigno presso la morte, si mise a cantare, come riferiscono alcuni, l’inno O gloriosa Domina, che era solito recitare spesso contro i demonii e nelle tribolazioni» (Vita di Sant'Antonio di Padova taumaturgo portoghese, Venezia 1788, p. 143). Ancora oggi quest’inno si esegue presso la tomba del santo ogni venerdì.

Lontani da Lutero, che in un sermone del 1525 sollecitava l’eliminazione di festività e celebrazioni mariane, poiché non citate nelle Scritture e oscuranti il primato di Cristo (cfr. Contra Festum Nativitatis Mariæ in J. Conchlæus, Duo sermones de beata Virgine Maria, Basilea 1548), grandi compositori come Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594), Orlando di Lasso (1530 o 1532-1594) e William Byrd (1543-1623) furono più prossimi alla fede vera e quindi alle speciali prerogative di Maria: l'immacolata concezione, la perpetua verginità, il ruolo di corredentrice della Vergine. E misero in musica l’inno O gloriosa Domina.

Nel 1589 il Musicæ princeps - il «principe della musica», secondo la dicitura che la bara di Palestrina reca nella Basilica Vaticana (cfr. F. M. Torrigio, Le sacre grotte vaticane, Roma 1635, p. 166) - ne fece per la Venerabile Cappella Giulia, la cappella musicale della basilica di San Pietro, un mottetto a dodici voci in tre cori (in L. Bianchi, Le composizioni latine a 12 voci, vol. 32, Istituto Italiano per la Storia della Musica, Roma 1972, pp. 44-55). Un mottetto che, insieme al Salve Regina a 12 voci, è probabilmente tra le prime opere del compositore a più cori.

Ognuno dei tre cori canta da solo una strofa del componimento poetico prima di combinarsi nella dossologia finale. «La prima strofe - scrive Giuseppe Baini, il biografo ottocentesco di Palestrina - si canta a 4 voci dal primo coro con melodie ed armonie di un gusto così fino e di una nettezza di idee siffatta, che il solo verso Qui te creavit provide è sufficientissimo a far decidere che il solo principe della musica poté coniarlo. Il secondo coro canta a 4 voci la seconda strofe: Quod Eva tristis abstulit con frasi del tutto nuove e con ricercatissime modulazioni, facili però, e naturali, senza fatica, e senza sforzo. La terza strofe: Tu Regis alti ianua si canta dal terzo coro, cui però manca il contralto, con brio di concetti nobilmente lieti, da invitare chicchessia a far plauso alla corredentrice dell’uman genere. Si uniscono i tre cori nell’ultima strofe Gloria tibi, Domine, qui natus es de Virgine: e qui spiccano le idee grandiosissime e facili, onde si produce un sorprendente mirabilissimo effetto proporzionato alla sublimità impareggiabile di essa composizione» (Memorie storico-critiche della vita e delle opere di G. Pierluigi da Palestrina, vol. 2, Roma 1828, p. 336).

Se ci rattrista chi non considera Maria come Corredentrice, ci consola l’inno O gloriosa Domina che già riconosce quel privilegio.