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CONTE E I TEOLOGI

Nuovo umanesimo? No, grazie

Con gli interventi del vescovo Forte sul Corriere e di Lorizio su Avvenire, il nuovo governo ha avuto il varo anche da parte della Chiesa cattolica. Nella storia abbiamo avuto la proposta di vari nuovi umanesimi, molti dei quali hanno rappresentato un disastro per l’uomo. Ma teologia e filosofia insegnano che non c'è nessuna salvezza in essi. 

Editoriali 05_09_2019

Il presidente incaricato Giuseppe Conte ha dedicato tre righe del suo discorso per chiedere la fiducia al Parlamento alla necessità di un “nuovo umanesimo”. Si è trattato di un breve accenno, su cui però nei giorni successivi sono stati ricamati molti commenti. Una cosa stupisce prima di tutto: grandi nomi del mondo cattolico ufficiale si sono buttati subito a lodare l’accenno di Conte e a tentare di svilupparlo in vario modo.

Dopo la benedizione politica nei confronti del nuovo governo giallo-rosso, sembra essere giunta dalla Chiesa anche quella teologica. Sia Bruno Forte sul Corriere di ieri che Giuseppe Lorizio su Avvenire dell’altro ieri hanno addirittura collegato il breve intervento di Conte al discorso del papa alla Chiesa italiana convenuta in congresso a Firenze nel 2015. In questo modo il nuovo governo ha avuto il varo da parte della Chiesa cattolica.

Forte, poi, esplicitamente contrappone questo “nuovo umanesimo” al sovranismo e conclude, non disdegnando di passare dai discorsi del papa alla polemica politica immediata, che Conte, per essere coerente, dovrà rivedere le posizioni espresse dal ministro Salvini. Naturalmente, sia da parte di Forte che di Lorizio, nessuna precisazione se il decantato “nuovo umanesimo” comprenda anche di rivedere le posizioni espresse dai governi di sinistra su vita e matrimonio. Questa è ormai una costante nei nostri ecclesiastici talmente scontata da essere proprio per questo di una inaudita drammaticità.

È difficile valutare il reale significato dell’espressione adoperata da Conte. Tuttavia, valutando i commenti che ne sono stati fatti e il contesto in cui la frase è stata pronunciata, vale a dire il passaggio a un governo fortemente caratterizzato dalle proprie anomalie, qualche riflessione può essere svolta, per dimostrare che di un nuovo umanesimo non abbiamo per niente bisogno perché ci basta quello di sempre. Al nuovo umanesimo preferiamo la riscoperta dell’umano.

Nella storia abbiamo avuto la proposta di vari nuovi umanesimi, molti dei quali hanno rappresentato un disastro per l’uomo. I nuovi umanesimi volevano fare l’uomo nuovo, senza tenere conto della natura umana. È pensando a questi disastrosi nuovi umanesimi che siamo molto scettici davanti a nuove proposte di questo genere, compresa quella di Conte. Facciamo un esempio facile facile: l’identità culturale e storica della propria nazione è una esigenza della natura umana? Certamente sì, compresa la sua difesa rispetto ad altre identità o a una non-identità che si vorrebbe imporre. Il nuovo umanesimo di Conte, però, compresa l’autorevole interpretazione di Forte, vorrebbe cancellare tale identità, vista come chiusura e fonte di potenziale conflitto. In questo modo il “nuovo umanesimo” forza la natura umana, vorrebbe creare un uomo nuovo, mentre ci sarebbe da riscoprire l’esigenza di identità della natura umana. 

I “nuovi umanesimi” hanno sempre pensato di avere la natura umana davanti a sé, di poterla indirizzare, costruire, addirittura riplasmare. Invece la natura umana l’abbiamo dietro di noi, va continuamente riscoperta. Essa non nasce dal nostro cammino, è piuttosto essa a dettarcelo. Questa idea di una natura umana davanti a noi è stata fatta propria anche dalla teologia cattolica, da quando la prospettiva della storia ha sostituito quella della natura e da quando l’utopia è stata ritenuta più importante della realtà. La teologia si è concentrata sulla salvezza (che ci sta davanti) e ha dimenticato la creazione (che ci sta dietro). Ma nessuna salvezza è possibile senza il rispetto dei comandamenti inscritti nella nostra natura. Per questo motivo oggi anche la teologia cattolica di Forte o di Lorizio o di altri appoggia con gioia i “nuovi umanesimi”, il cui contenuto normativo, però, non c’è, perché verrà costruito nel futuro.

Questo ci conduce al contesto del nuovo governo in cui l’appello di Conte è risuonato. Se il nuovo umanesimo fosse un guardare indietro per riscoprire la natura umana, prima di tutto non si chiamerebbe “nuovo” e poi si sarebbe tradotto in un elenco di cose da fare – abolizione della 194 sull’aborto, della Cirinnà sulle unioni civili e della 217 sul fine vita per esempio – per ripristinare l’ordine perduto. Così, però, non è stato, perché il “nuovo umanesimo” lo si vuole fare senza avere alle spalle la normatività della natura umana, anzi contro di essa, tanto che si vuole negare anche il diritto dell’uomo all'identità della propria nazione.  

Il “contesto Conte”, dentro il quale si è collocato l’appello al nuovo umanesimo, è quello di un governo messo lì da forti poteri finanziari internazionali, dalle principali cancellerie europee, dalla nuova Commissione dell’Unione, dai “grandi vecchi” della politica italiana, dal progressismo ideologico e dall’utopia globalista. Aver parlato di “nuovo umanesimo” in questo contesto, escludendo di rivendicare un qualsiasi ritorno alla natura umana, ma anzi proponendo di costruire un’ampia condivisione sulla sua riformulazione futura, dà forza alle visioni fortemente negative, come quella di padre Livio su Radio Maria, che interpretano l’iniziativa come interna a una visione – indicata in quella del filosofo francese Edgar Morin – che potremmo definire sincretista, post-umanista e globalista, pur presentata nella piacevole formula “dell’accettazione reciproca e della convivenza delle diversità” (Morin).  

Scriveva Morin nel 2012: “Ormai la riforma politica è indissociabile da una riforma di civiltà, da una riforma di vita, da una riforma del pensiero, da una riforma spirituale, nella prospettiva di un nuovo umanesimo planetario. Per la prima volta nella storia umana la Terra, in quanto Patria, è divenuta realtà concreta”. Sinceramente non vorrei mettere tutto questo nelle mani di Conte, non vorrei – come illuministi e massoni hanno sempre auspicato – chiamare Patria la Terra, e non vorrei che questo progetto fosse avallato con le parole del Papa.