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Non è obbligatoria la ratifica del fondo "Salva Stati"

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Tra i temi che in questi giorni dominano la politica c'è il Mes, o meglio le modifiche apportate dopo il 2012. Non c'è obbligo di approvarle ma in tal caso il capo dello Stato deve avere l'autorizzazione delle due Camere: un controllo previo richiesto dalla natura politica dei trattati internazionali.

Politica 25_03_2023

Uno dei temi al centro del dibattito politico di questi giorni riguarda la ratifica del MES, ossia quel meccanismo permanente, previsto da un apposito Trattato internazionale e gestito da una organizzazione intergovernativa con sede a Lussemburgo, attraverso il quale si intende assicurare la stabilitá finanziaria dei Paesi della zona euro. Com'è noto il Parlamento italiano, con la legge ordinaria dello Stato 23 luglio 2012, n. 116, aveva giá dato esecuzione sul piano interno all'accordo inerente all'ex fondo "salva-Stati" e ne aveva autorizzato la ratifica.

La discussione, dunque, riguarda le modifiche che nel frattempo sono state apportate al Trattato istitutivo del 2012. Al di là delle posizioni politiche presenti nella maggioranza parlamentare di centro-destra che sostiene il Governo guidato dall'on. Giorgia Meloni, ci si deve chiedere se la ratifica delle revisioni apportate sia o meno obbligatoria per l'Italia. Ora, trattandosi di una Convenzione internazionale di innegabile "natura politica", l'art. 80 della Costituzione vigente impone una legge delle due Camere che autorizzi il Presidente della Repubblica a ratificare il Trattato modificato. Con la ratifica l'accordo produce i suoi effetti nell'ordinamento giuridico internazionale, mentre con il c.d. "ordine di esecuzione", contenuto di solito nella stessa legge di autorizzazione, acquista efficacia interna.

Tuttavia, non sussiste alcun obbligo, da parte dei due rami del Parlamento, di procedere all'approvazione della legge di cui sopra. È parso, infatti, ovvio all'Assemblea Costituente, chiamata a redigere il testo della Costituzione tra il 1946 ed il 1947, che sia contemplato un controllo democratico preventivo sulla politica estera del nostro Paese. L'art. 80 del Testo fondamentale, per i Trattati internazionali particolarmente rilevanti (aventi "natura politica", comportanti "variazioni territoriali" etc.), attribuisce alle Camere rappresentative il potere di esprimere un giudizio preliminare sul contenuto dei medesimi prima che l'accordo venga assunto a livello interno e riceva la sua consacrazione formale come atto internazionale (Antonio Cassese).

Pertanto, per le categorie di Convenzioni indicate dalla norma costituzionale precedentemente richiamata, l'assenza della legge di autorizzazione renderebbe l'eventuale ratifica ad opera del Presidente della Repubblica costituzionalmente illegittima. La previsione di un controllo previo non è una questione solo italiana, in quanto si tratta di un aspetto tipico delle moderne democrazie. Basti solo pensare alla Costituzione degli Stati Uniti d'America del 1787 la quale prevede il consenso del Senato federale affinché il Presidente possa concludere un Trattato internazionale.