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L’esempio

Niente Comunione al politico pro eutanasia, c’è un prete in Inghilterra

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Don Ian Vane, parroco a sud-ovest di Londra, non darà la Comunione a Chris Coghlan, parlamentare che ha votato a favore del suicidio assistito nonostante il previo invito del sacerdote a votare secondo l’insegnamento della Chiesa. Un rifiuto dell’Eucaristia in linea a quanto indicava già Ratzinger e che serve da esempio anche per il clero e i politici italiani.

Attualità 02_07_2025

C'è un prete a Dorking, cittadina immersa tra le colline della contea del Surrey, sud-ovest di Londra. Lui è don Ian Vane, parroco nella chiesa di St. Joseph. Tra i parrocchiani figura il parlamentare del collegio locale, il liberal-democratico Chris Coghlan.

Nelle scorse settimane la Camera dei Comuni ha approvato la depenalizzazione dell'aborto fino alla nascita e un disegno di legge per legalizzare il suicidio assistito per i malati terminali.

Il cattolico Coghlan si è astenuto sull'aborto e ha votato a favore dell'eutanasia. Prima dell'ultimo voto, padre Vane aveva scritto al parlamentare invitandolo a respingere la proposta contraria all'insegnamento della Chiesa e spiegandogli che approvarla avrebbe significato perseverare ostinatamente nel peccato. Il parroco aveva preannunciato a Coghlan l'impossibilità a ricevere l'Eucarestia in caso di voto favorevole. Nonostante ciò, il politico è stato uno dei 314 deputati a permettere la legalizzazione del suicidio assistito in Inghilterra e nel Galles. Una decisione nemmeno presa per ordine di partito perché il suo collega lib-dem, Tim Farron, cristiano, ha coerentemente votato contro la proposta sul suicidio così come aveva respinto quella sull'aborto.

Alla luce di quanto accaduto a Westminster, padre Vane è passato dalle parole ai fatti e ha annunciato ai fedeli, durante diverse Messe, che da quel momento in poi avrebbe negato l'Eucarestia a Coghlan qualora si fosse presentato davanti a lui per riceverla.

Un provvedimento inevitabile e fedele a quanto stabilito dall'allora cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che nel 2004, in una nota riservata alla Conferenza episcopale degli Stati Uniti (teneva banco allora il caso Kerry), precisava: «Riguardo al peccato grave dell'aborto o dell'eutanasia, quando la formale cooperazione di una persona diventa manifesta (da intendersi, nel caso di un politico cattolico, il suo far sistematica campagna e il votare per leggi permissive sull'aborto e l'eutanasia), il suo pastore dovrebbe incontrarlo, istruirlo sull'insegnamento della Chiesa, informarlo che non si deve presentare per la santa comunione fino a che non avrà posto termine all'oggettiva situazione di peccato, e avvertirlo che altrimenti gli sarà negata l'Eucaristia. 6. Qualora “queste misure preventive non avessero avuto il loro effetto o non fossero state possibili", e la persona in questione, con persistenza ostinata, si presentasse comunque a ricevere la santa Eucaristia, "il ministro della santa comunione deve rifiutare di distribuirla" (cf. la dichiarazione del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, "Santa comunione e cattolici divorziati e risposati civilmente", 2000, nn. 3-4). Questa decisione, propriamente parlando, non è una sanzione o una pena. Né il ministro della santa comunione formula un giudizio sulla colpa soggettiva della persona; piuttosto egli reagisce alla pubblica indegnità di quella persona a ricevere la santa comunione, dovuta a un'oggettiva situazione di peccato».

A differenza di tanti preti disobbedienti, don Vane ha seguito pedissequamente le istruzioni del futuro Benedetto XVI. Probabilmente Coghlan non conosce la nota del 2004 e comunque la sua coscienza sembra non suggerirgli di astenersi dal comunicarsi se ha deciso di protestare pubblicamente, cercando di esporre al pubblico ludibrio il suo parroco. Il politico lib-dem ha cercato di suscitare l'indignazione del suo pubblico su X, scrivendo che durante gli annunci di Vane «erano presenti anche dei figli amici dei miei figli», poi ha bollato l'avvertimento da buon pastore arrivatogli qualche giorno prima come una «minaccia». Paradossalmente, Coghlan ha evocato «una questione di grave interesse pubblico» per quelle che ha chiamato «le pressioni» subìte dai «parlamentari religiosi» a proposito del voto sul fine vita. A suo modo di vedere, il comportamento del parroco sarebbe «stato totalmente irrispettoso nei confronti della mia famiglia, dei miei elettori, compresa la comunità parrocchiale, e del processo democratico». Infine, il lib-dem ha rivendicato ostinatamente che la sua «religione privata continuerà ad avere nessuna rilevanza diretta per il mio lavoro di parlamentare che rappresenta tutti i miei elettori senza timore o favoritismi». Insomma, la solita riproposizione della cosiddetta dottrina Kennedy intesa a predicare una separazione assoluta tra Chiesa e Stato. Sono parole che avanzano la pretesa di fare a meno della coerenza tra fede e vita e dimostrano la grande attualità degli insegnamenti del Concilio Vaticano II, secondo cui «sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura, pensano di poter per questo trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno».

Se il richiamo al rispetto di questi doveri fatto da un sacerdote ad un legislatore diventa addirittura una «minaccia», ecco che si pongono le basi per attentare alla libertà della Chiesa. Simili posizioni vorrebbero limitare l'azione dei sacerdoti alla sacrestia o magari a tenere omelie come quella del cardinale arcivescovo di Torino, Roberto Repole, contro i poveri risparmiatori «colpevoli» di tenere i soldi in banca anziché investirli. Ma per messaggi di questo tipo non servono i preti (addirittura cardinali in questo caso), bastano già le omelie «laiche» di un Mario Draghi qualsiasi.

In ogni caso, Coghlan ha provato a vendicarsi del suo parroco attaccandolo in pubblico e ha invece ottenuto l'effetto contrario. Ammirati dalla rettitudine del suo comportamento, i cattolici di tutto il mondo stanno riempiendo i social di messaggi a sostegno di padre Vane. Il parlamentare si è persino lamentato con il vescovo locale. Ma monsignor Charles Phillip Richard Moth, titolare della diocesi di Arundel e Brighton, ha difeso l'operato del suo sacerdote rivendicando di essere stato lui ad aver chiesto al clero di scrivere ai deputati di zona per scoraggiarli a votare in favore del suicidio assistito. Poi però ha offerto un incontro al politico per parlarne di persona. Seguiremo gli eventuali sviluppi.

Quello che succede oggi nel Regno Unito potrebbe succedere domani in Italia dove già oggi esistono esponenti politici che, autoproclamandosi cattolici, invocano però la legalizzazione del suicidio assistito. Come si comporteranno i nostri sacerdoti? Ma soprattutto, i nostri vescovi saranno abbastanza coraggiosi da difenderli?