Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giuseppe Lavoratore a cura di Ermes Dovico

FALLIMENTO

Nessuno ha più notizie delle reclute libiche

Addestrare 15.000 soldati libici in Europa (di cui 2000 in Italia) al costo di 600 milioni di euro. Era questa l'idea del G8, quando in Libia non c'era ancora la guerra civile. Ma i programmi di addestramento sono naufragati e delle reclute libiche non v'è più traccia. Altro flop dopo le Primavere Arabe.

Politica 09_08_2015
Giuramento di reclute libiche

Si era capito subito che le reclute che la Libia aveva inviato l’anno scorso in Europa, per addestrarsi, non erano né dei Rambo né dei novelli Rommel o Napoleone. Nessuno però si aspettava che si dileguassero tutte, facendo perdere le loro tracce al punto che oggi, nel conflitto in atto in Libia, non c’è traccia di loro.

Nessuno infatti ha più notizia delle reclute libiche addestrate in Occidente nel quadro di programmi lanciati fra il 2013 e il 2014, un piano varato dal G8 che prevedeva di addestrare 15.000 soldati in Europa: 2.000 in Italia, altrettanti in Regno Unito, 3.000 in Turchia mentre in Bulgaria gli americani prevedevano di addestrare ben 8.000 libici. Il tutto per un costo di 600 milioni di dollari che avrebbe dovuto sostenere il governo di Tripoli, all’epoca guidato da Alì Zeidan. Poi il governo si è sfaldato, il premier è fuggito in Europa minacciato dai jihadisti, e sono nati i due esecutivi contrapposti di Tobruk e Tripoli. Così nessuno ha pagato il conto, almeno all’Italia perché secondo l’inchiesta realizzata dal Washington Post un piccolo acconto di qualche centinaio di migliaia di dollari è stato versato pur se con forte ritardo.

In realtà i corsi non hanno mai preso piede e ogni Paese che ospitava la formazione ha lasciato perdere tutto dopo le prime attività. Dei 300 soldati inviati in Gran Bretagna un terzo è stato rimpatriato per indisciplina, violenze e abusi sessuali mentre molti altri hanno chiesto asilo a Londra per non tornare in patria. Del migliaio di reclute giunte in Turchia la metà se ne sono andate prima di aver completato la prima fase dell’addestramento. L’Italia è stata la prima a dare il via ai programmi addestrativi con l’Operazione Coorte che ha portato tra gennaio e aprile dell’anno scorso presso l’80° reggimento addestramento volontari di Cassino 341 reclute libiche (16 ufficiali, 18 sottufficiali e 307 militari d truppa) provenienti in maggior parte dalla Cirenaica per un corso di 14 settimane di addestramento di base per la fanteria. L’Esercito Italiano aveva addirittura attrezzato la caserma e il rancio affinché rispondessero agli usi islamici realizzando addirittura un’area dedicata alla preghiera e alle abluzioni.

Il programma è però naufragato ovunque per le stesse ragioni: carenza di disciplina, scarsa motivazione delle reclute, assenza di coordinamento con i vertici militari di Tripoli che venivano avvicendati di continuo e che si sono rivelati interlocutori inaffidabili e incapaci. Gli Stati Uniti ammettono la “dispersione dello sforzo” ma l’inchiesta del Washington Post considera il fallimento libico l’esempio che meglio rappresenta l’incapacità americana a influenzare gli eventi successivi alle Primavere arabe e l’ennesimo flop nei programmi tesi ad addestrare milizie ed eserciti alleati affinché combattano jihadisti e terroristi al posto dei contingenti occidentali.

Fonti di Washington scaricano la responsabilità sulle spaccature interne del governo libico di allora (poi degenerato nello scontro tra laici e islamisti che ha spaccato in due il Paese fino alla penetrazione dello Stato Islamico) e alla fragilità del premier Zeidan,  ma è altrettanto evidente che in termini di addestramento degli eserciti alleati gli insuccessi sono stati davvero tanti negli ultimi anni. In Afghanistan i talebani hanno infiltrato le reclute di esercito e polizia perché uccidessero i loro istruttori tra i quali le perdite sono state oltre un centinaio tra il 2011 e il 2014 mentre interi reparti (specie di polizia) sono passati ai talebani con armi e veicoli “made in USA”.

In Iraq il nuovo esercito post-Saddam Hussein messo a punto dai trainers statunitensi si è liquefatto di fronte all’offensiva dell’Isis dello scorso anno. In Malì dei 4 battaglioni antiterrorismo addestrati dagli Usa tre passarono nel 2012 con i qaedisti e uno tentò il golpe contro il governo di Bamako. Nei giorni scorsi i primi 60 ribelli moderati siriani addestrati dagli USA sono stati messi in fuga dai qaedisti del Fronte al-Nusrah con i quali pare abbiano poi simpatizzato stigmatizzando i raid aerei effettuati dagli statunitensi per difenderli dai jihadisti. Particolarmente significativo il rifiuto dei miliziani di combattere al-Nusrah e la loro opposizione ai raid aerei sui qaedisti  “Con tutto l’immenso potere militare di cui dispongono gli Stati Uniti, l’inizio della missione non è altro che una fonte di imbarazzo e, se ci sono speranze che abbia successo, serve che lo dimostri presto”, ha detto al Guardian Charles Lister, esperto di gruppi ribelli siriani presso il Brookings Doha Center.

Un rapporto della Cia ha messo in luce nei mesi scorsi il fallimento dei programmi di addestramento gestiti da Washington mentre alcuni ufficiali statunitensi criticano l’approccio addestrativo troppo “occidentale” che viene imposto agli eserciti africani e arabi con risultati fallimentari. In Libia la strategia di un Occidente stanco di combattere che punta ad addestrare le forze “amiche” perché possano affrontare terroristi e miliziani aggiunge un ulteriore flop ai precedenti fallimenti. Difficile dire dove siano finite le centinaia di reclute coinvolte nei programmi addestrativi. A parte i tanti rimasti in Europa come richiedenti asilo, tra quelli rientrati in patria alcuni militano forse con qualche milizia tribale ma non si può inoltre escludere il rischio che tra vi sia chi mette a frutto l’addestramento impartito dai militari occidentali nei ranghi delle milizie islamiste di Ansar al-Sharia e Stato Islamico.