La rivolta dei ceti commerciali in Iran si estende agli studenti
La rivolta dei bazaari in Iran dilaga e coinvolge gli studenti. Fra le cause principali: il crollo del rial (la valuta iraniana) e le continue esecuzioni capitali, entrambe conseguenze della guerra persa con Israele a giugno.
Nella storia dell’Iran contemporaneo ci sono due tipi di rivolta. C’è la rivolta studentesca, intellettuale, urbana, destinata a durare poco e a finire male. E poi c’è la rivolta del ceto medio, dei negozianti, dei bazaari, con masse molto più grandi coinvolte e destinata a durare molto. La rivoluzione che portò alla deposizione dello Scià Reza Pahlevi, nel 1979, coinvolse soprattutto quel ceto medio. Da domenica è scoppiata una rivolta dei bazaari e in tre giorni consecutivi sta coinvolgendo settori sempre più ampi della popolazione iraniana. Non riguarda solo la capitale Teheran, da cui è partita, ma si sta espandendo a macchia d’olio in tutte le principali città del paese.
A Teheran il primo a ribellarsi è stato il grande bazaar centrale. Gran parte dei negozi sta ancora aderendo a una serrata di protesta e le manifestazioni di piazza aumentano. Sull'isola di Qeshm, sulla costa del Golfo Persico, i manifestanti scandivano di notte lo slogan “morte al dittatore” (l’ayatollah Alì Khamenei), mentre gli automobilisti suonavano il clacson in segno di sostegno, come mostrano altri filmati. Ad Hamedan, nell'Iran occidentale, i manifestanti hanno intonato slogan che chiedevano il ritorno della dinastia dello Shah di Persia. Altri video mostrano manifestazioni di piazza a Kermanshah, a cui la polizia risponde con lanci di lacrimogeni. E anche Mashad, nel nord del paese, migliaia di persone sono scese in piazza.
Gli studenti universitari si sono uniti alle proteste a partire da martedì 30, scandendo slogan antigovernativi tra cui “Morte al dittatore”. Tutte le università della capitale si sono unite alla protesta, spronando i commercianti a tenere chiusi i negozi. Anche in questo caso, alcuni manifestanti sono stati anche uditi scandire slogan a sostegno del figlio del defunto Shah Mohammad Reza Pahlavi, rovesciato dalla Rivoluzione islamica del 1979, tra cui “Lunga vita allo Shah”. Reza Pahlavi, che vive in esilio negli Usa, ha scritto su X: «Sono con voi. La vittoria è nostra perché la nostra causa è giusta e perché siamo uniti».
Sempre di ieri, martedì 30, la diffusione di quella che è diventata la foto simbolo di questa rivolta. Un giovane, da solo, accovacciato in mezzo a un’ampia strada di Teheran, si oppone a una colonna di motociclisti Basij, i paramilitari islamici che affiancano la polizia e svolgono il lavoro sporco contro le rivolte. La resistenza del giovane, la sua calma, la sua posa, ricordano da vicino la foto dell’uomo di Tienanmen, solo di fronte a una colonna di carri armati del regime di Pechino.
Perché i commercianti si ribellano (e gli studenti danno loro manforte)? L'Iran si trova ad affrontare un rial debole, un'inflazione estremamente elevata e sanzioni internazionali. Il rial iraniano ha perso il 60% del suo valore dalla guerra di giugno con Israele. Il banchiere centrale del Paese, Mohammad Reza Farzin, si è dimesso lunedì 29 dicembre.
Contemporaneamente, sta esaurendo le risorse idriche e le carenze di energia elettrica sono diffuse e frequenti. «Se non piove a Teheran entro la fine di novembre, dovremo razionare l’acqua», aveva dichiarato il presidente iraniano Masoud Pezeshkian il mese scorso. «Se continua a non piovere, dovremo evacuare Teheran».
Ma quel che genera un maggior senso di oppressione è la campagna di terrore scatenata dal governo. Scoprendosi infiltrato da spie israeliane ovunque, dopo la guerra di giugno ha avviato una campagna di arresti ed esecuzioni. Si è creato un clima in cui tutti sospettano di tutti, aumentano delazioni e processi sommari. Dopo la guerra, il regime islamico ha battuto il primato mondiale per numero di esecuzioni. Secondo organizzazioni internazionali, tra cui Amnesty International, nei primi undici mesi dell’anno sono state giustiziate almeno 1.791 persone. La pena di morte continua a essere utilizzata come strumento politico e intimidatorio, colpendo in modo sproporzionato minoranze, oppositori e detenuti politici. Si tratta di una stima approssimata per difetto. Le esecuzioni avvengono in segreto e meno del 5% viene annunciato dai media statali. Le famiglie vengono spesso informate solo al momento della restituzione del corpo.
La ribellione dei ceti commerciali sta raccogliendo consensi ovunque perché la paura della povertà si aggiunge a quella di essere uccisi dal regime e riguarda ormai tutti
Era dal 2019 che non si vedeva una rivolta dei commercianti iraniani. Sei anni fa venne stroncata solo con una violenta repressione militare che costò migliaia di vite. Le successive ribellioni giovanili, studentesche, contro il velo, scoppiate a seguito della brutale uccisione della studentessa curda Mahsa Amini (rea di non aver indossato bene il velo islamico obbligatorio), nell’autunno del 2022 vennero stroncate con arresti e un aumento di esecuzioni.

