Nella Sindone tutto parla di Gesù di Nazaret
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La Sindone ci parla in modo eloquente di fatti avvenuti duemila anni fa. Eppure si perpetuano bugie per negare la sua autenticità. E ciò nonostante oltre cent’anni di ricerche e pubblicazioni che avvalorano il legame tra quel lenzuolo e la Passione, Morte e Risurrezione di Gesù.

L’avvicinarsi della Pasqua riporta alla ribalta la Sindone, la venerata reliquia conservata a Torino da più di quattro secoli. San Giovanni Paolo II la definì così: «Singolarissimo testimone della Pasqua, della Passione, della Morte e della Risurrezione. Testimone muto, ma nello stesso tempo sorprendentemente eloquente». In effetti la Sindone parla, come ha affermato Benedetto XVI: «Questo volto, queste mani e questi piedi, questo costato, tutto questo corpo parla, è esso stesso una parola che possiamo ascoltare nel silenzio».
In questi giorni si sono moltiplicate le conferenze, le mostre, i libri, gli articoli sulla Sindone. Una grande mostra, organizzata dall’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, è in corso presso la Basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini a Roma. In tutta Italia e in alcuni Paesi esteri è presente l’Ostensione diffusa, iniziativa per esporre copie della Sindone nelle chiese. È da poco uscito Contemplare la Sindone, il nuovo libro che ho scritto con don Domenico Repice (Ares 2025).
In questo fermento di iniziative, capita però di ascoltare anche qualcosa che lascia molto perplessi. L’affermazione più clamorosa che ho sentito riguarda la reazione del mondo scientifico alla datazione medievale della Sindone del 1988: «Tutto tace per 22 anni, fino al congresso dell’ENEA del 2010 dove parla Marco Riani». Non è così, perché immediatamente si sollevò un coro di proteste per motivi scientifici. Furono convocati numerosi congressi: Bologna 1989, Parigi 1989, Cagliari 1990, Roma 1993, Nizza 1997, Torino 1998, Richmond 1999, Rio de Janeiro 1999, Orvieto 2000, Dallas 2001, Parigi 2002, Rio de Janeiro 2002, Dallas 2005. In tutti furono presentati lavori che invalidavano il test radiocarbonico.
Nel 1990 uscì il primo libro che contestava la datazione medievale: La Sindone, un enigma alla prova della scienza, che scrissi per la Rizzoli con Orazio Petrosillo e prefazione di Vittorio Messori. Seguirono altri libri e soprattutto articoli scientifici su prestigiose riviste referenziate, come quello di H. Gove et al. del 1997: A problematic source of organic contamination of linen, o quello di R. Rogers del 2005: Studies on the radiocarbon sample from the Shroud of Turin, tanto per menzionarne due.
Chi sostiene che, prima del 2010, tutto tace, inoltre, non parla mai della smentita definitiva della datazione radiocarbonica pubblicata su Archaeometry nel 2019 da T. Casabianca, E. Marinelli, B. Torrisi, G. Pernagallo. Si evita di parlarne per far credere che tutto tace anche dopo.
La bugia colossale del “tutto tace” in merito alla datazione radiocarbonica fa il paio con l’altra menzogna: “Non sappiamo quasi nulla sulla Sindone, è più quello che non conosciamo di quello che conosciamo, sappiamo quello che non è ma non sappiamo che è”. Si nega così con disinvoltura tutto quello che è stato trovato e pubblicato in oltre cent’anni di ricerche: la manifattura della stoffa, molto pregiata, che contiene tracce di DNA di persone dell’India, ad avvalorare la possibilità che Giuseppe d’Arimatea l’abbia comprata al Tempio; cospicue tracce anche di DNA mediorientale; la presenza di aloe e mirra e l’abbondanza di pollini di piante della Terra Santa; la presenza di aragonite simile a quella trovata nelle grotte di Gerusalemme; una cucitura laterale identica a quelle esistenti su stoffe ebraiche del I secolo d.C.
Il cadavere che è stato nel lenzuolo è quello di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso con chiodi e trapassato da una lancia al fianco. Tutto coincide con la descrizione della Passione di Cristo che si trova nei Vangeli. Il tempo di contatto fra corpo e lenzuolo è stato valutato attorno alle 36-40 ore, dopo le quali sul lenzuolo si è formata l’immagine del corpo. Il telo ha ricevuto una radiazione ortogonale che si può spiegare – come dimostrato dagli esperimenti condotti con il laser presso l’ENEA di Frascati – con una potente emissione di luce.
Alcuni tentano di svalutare le analisi condotte da Pierluigi Baima Bollone, che è stato direttore dell’Istituto di Medicina Legale di Torino, il quale ha dimostrato che il sangue è umano e di gruppo AB, lo stesso del Sudario di Oviedo e di alcuni miracoli eucaristici. I reagenti usati non sarebbero stati adeguati e il sangue potrebbe essere quello di un coniglio. Questi attacchi non sono giustificati, in quanto già all’epoca delle analisi, negli anni Ottanta, Baima Bollone aveva risposto alle contestazioni sulla rivista Sindon, la stessa che aveva pubblicato i suoi lavori. Ma i negatori scatenati sono giunti perfino a contestare il sudore di sangue di Gesù al Getsemani, fenomeno noto in medicina in caso di grande stress, con argomenti del tipo che Luca non era presente o che alla luce incerta delle torce il sudore di sangue non si vede.
Lo stuolo dei demolitori alla fine dice che se la Sindone è vera o è falsa non cambia nulla, tanto quello che importa è l’immagine che rimanda a Gesù. Non si rendono conto del fatto che se non fosse il lenzuolo funebre di Gesù, sarebbe il risultato di un orrendo delitto perpetrato per realizzare una falsa reliquia, dunque non un rimando a Gesù in una icona fatta per meditare. Della Sindone, comunque, hanno detto che “ci sono icone più belle”.
Un’altra affermazione ambigua, che vuole essere poetica, è questa: “La Sindone non dà risposte, pone domande. Può essere una prova della Resurrezione? La risposta a una domanda di fede non si trova nella Sindone ma piuttosto negli occhi e nel cuore di chi guarda”. Chi dice questo non considera tutti i risultati degli esami scientifici, che – come già detto – hanno dato moltissime risposte ai nostri quesiti. I fisici che hanno condotto gli esperimenti con il laser presso l’ENEA hanno ammesso che dai loro risultati si può pensare alla formazione dell’immagine con una luce come quella che Gesù sprigionò durante la Trasfigurazione. La risposta dunque non può essere negli occhi e nel cuore di chi guarda semplicemente la Sindone senza sapere nulla e può trarre conclusioni sbagliate, ma nella mente di chi si è documentato e conosce le risposte che la Sindone ha dato agli scienziati.
Il fastidio per l’autenticità della Sindone, definita da alcuni persino una “ossessione”, arriva al punto di affermare che se fosse autentica e segno della Resurrezione sarebbe un danno per la fede, che sarebbe annientata da una verità impositiva. Meno male che il custode della Sindone, il cardinale Roberto Repole, arcivescovo di Torino, con semplicità ha detto: «La Sindone è anche il calco della Resurrezione, che dice che Dio può intervenire». Con gratitudine verso il card. Repole, ci avviciniamo alla gioia della Santa Pasqua, annuncio della Sindone vuota e di Cristo risorto!