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Fame nel mondo

Nel 2020 quasi il 10 per cento dell’umanità non ha mangiato abbastanza

 

I dati del rapporto pubblicato dall’Onu, relativo al 2020, indicano che la lotta alla sottoalimentazione continua a segnare il passo. Asia e Africa si confermano i continenti della fame

Svipop 18_07_2021

 

Cinque agenzie delle Nazioni Unite, Fao, Ifad, Unicef, Pam e Oms, hanno diffuso il 12 luglio un rapporto intitolato: “Lo stato 2021 della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo”. Il rapporto, relativo al 2020, conferma la tendenza rilevata già negli ultimi anni a un peggioramento della situazione alimentare nel mondo che, l’Unicef commenta, “infrange le speranze di un calo irreversibile della fame” alimentate dai successi dei decenni precedenti. Nel 2020 le persone sottoalimentate erano da 720 a 811 milioni, da 118 a 161 milioni più che nel 2019: in percentuale, circa il 9,9 per cento della popolazione mondiale contro l’8,4 per cento del 2019. L’aumento delle persone affamate si è registrato in tutta l’Africa, l’America Latina e la regione caraibica e nella maggior parte delle sub regioni dell’Asia, con una punta massima in Africa Occidentale. Più di metà delle persone sottoalimentate – 418 milioni – vivono in Asia e più di un terzo – 282 milioni – in Africa. Ma l’Asia è il continente più colpito in termini assoluti, non relativi. Bisogna infatti tener conto che gli abitanti dell’Asia sono più di 4,68 miliardi e quelli dell’Africa 1,37 miliardi. L’insicurezza alimentare, moderata o grave è in aumento da sei anni, ormai colpisce più del 30 per cento della popolazione mondiale (2,3 miliardi di persone) ed è più frequente tra le donne in ragione di 11 a 10. Al tempo stesso tra gli adulti di entrambi i sessi è in forte aumento l’obesità, mentre nei bambini il sovrappeso è stazionario da 20 anni. L’unico parametro che dal 2000 mostra significativi progressi è il rachitismo. La pandemia ha sicuramente contribuito al peggioramento della situazione globale, anche se ancora non è stato calcolato quanto. Pur stimando che i suoi effetti negativi possano ridursi, data la situazione secondo le Nazioni Unite raggiungere gli obiettivi fissati per il 2025 e il 2030 sembra molto difficile.