Mini naja: buona educazione. Ma non vale il costo
Nonostante le proteste dell'estrema sinistra, la "mini naja" passa con un voto bipartisan alla Camera. Si tratta di sei mesi di volontariato presso l'esercito, durante i quali i giovani dai 18 ai 22 anni apprenderanno soprattutto valori, disciplina e storia dell'ordinamento militare. Ma in un periodo di ristrettezze della Difesa, il costo è esagerato.
In passato, quando ad avviarla fu il ministro della Difesa del governo Berlusconi, Ignazio La Russa, scatenò polemiche a non finire e da sinistra si gridò al tentativo di “militarizzare” i giovani. Due giorni or sono invece la cosiddetta “mini naja”, volontaria, di sei mesi, prevista da una proposta di legge, è stata approvata dalla Camera con il solo voto contrario di Leu. I voti a favore sono stati 453, i contrari 10, gli astenuti 6: il provvedimento passa ora all' esame del Senato.
Hanno votato a favore, oltre la maggioranza M5s-Lega, anche Fratelli d'Italia, Forza Italia e Pd. Contrario Leu, che ha definito la proposta una "legge assolutamente discriminatoria" in quanto rivolta solo ai giovani italiani e si prevede una sorta di "giuramento di fedeltà alla Costituzione". Corsi di e-learning, permanenza in caserme e strutture formative delle forze armate ma anche studio dei valori della cittadinanza, della difesa della Patria e della conoscenza delle principali minacce alla sicurezza interna e internazionale saranno le materie di studio che attendono i giovani tra i 18 e i 22 anni che vorranno accedere, per ora, a un progetto sperimentale. Un’iniziativa rivolta ai soli cittadini italiani diplomati con fedina penale pulita e che "non abbiano tenuto nei confronti delle Istituzioni comportamenti che non diano garanzia di assoluta fedeltà alla Costituzione ed alle esigenze della sicurezza nazionale". La frequenza non sarà retribuita (comporterà comunque un costo non precisato in termini di impiego di infrastrutture, materiali e personale militare), ma permetterà ai giovani di maturare crediti universitari e titoli per la valutazione all’ammissione nelle forze armate come ufficiale di complemento.
Lo scopo dell'iniziativa è offrire alle giovani generazioni l'opportunità di conoscere direttamente i valori, la disciplina, la storia e la specificità dell'ordinamento militare. Un obiettivo quindi più educativo e promozionale che strettamente militare. La “mini-naja” quindi sfornerà cittadini più consapevoli dei valori patriottici e delle virtù militari, ma non costituirà una base di reclutamento, non sarà una “riserva” militare né addestrerà all’uso delle armi o al combattimento. Ciò nonostante gli ambienti della sinistra più radicale non l’hanno accolta con entusiasmo. La Rete della Conoscenza, insieme a Unione degli Studenti e Link Coordinamento universitario, chiedono il blocco immediato della mini-naja. "Le forze politiche vogliono tornare indietro nel tempo, formare all'interno dell'Esercito è inaccettabile" – ha dichiarato Giacomo Cossu, coordinatore nazionale di Rete della Conoscenza. "Vogliamo studiare dentro scuole e università pubbliche, non nelle basi militari. Questa proposta è un insulto a centinaia di migliaia di studenti scesi in piazza nell' ultimo anno per chiedere al Governo maggiori investimenti nella pubblica istruzione. Il Governo dovrebbe occuparsi di innovare la didattica, garantirci gli strumenti per decidere cosa studiare per migliorare il nostro futuro e la società in cui viviamo. Invece vogliono insegnarci la cultura militare, in pieno stile da antico regime".
Valutazioni probabilmente sopra le righe quando andrebbe semmai valutato quanto possa incidere in termini di costi complessivi una iniziativa che prende vita proprio nel momento in cui i fondi per le forze armate scarseggiano sempre di più, con tagli di bilancio che si ripercuotono sull’addestramento e sulle acquisizioni di nuovi mezzi ed equipaggiamenti. Al di là del valore simbolico dell’iniziativa sperimentale approvata dalla Camera, è quanto meno paradossale che dall’inizio dell’anno si attenda che il ministero della Difesa presenti in Parlamento il decreto che rinnova le missioni oltremare che impegnano 6mila militari con un costo annuo di circa 1,5 miliardi, ma si trovi al tempo stesso il tempo di discutere e approvare un provvedimento certo marginale come la mini-naja.