Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Agostino a cura di Ermes Dovico
EVENTI

Meeting di Rimini, la continuità è solo apparente

Ascolta la versione audio dell'articolo

Al Meeting c'è sempre la possibilità di visitare belle mostre e assistere a incontri edificanti, ma dentro un contenitore in cui c'è di tutto, compresi incontri appaltati a Ong abortiste. Per non parlare della lode all'europeismo di Draghi, vero tradimento del Meeting delle origini.

Editoriali 28_08_2025

Una premessa è d’obbligo: chi ha partecipato al Meeting di Rimini fin dalle origini (anche dalla prima edizione nel 1980, come il sottoscritto) sa benissimo che ci sono sempre stati due Meeting: uno, quello vissuto dai partecipanti, con incontri e mostre sempre stimolanti, lo spettacolo di migliaia di volontari che permettono un evento unico, e punto di incontro di tanti amici da tutta Italia e dall’estero; l’altro, quello raccontato dai giornali, più interessati agli incontri con i leader politici e che trattano Comunione e Liberazione (CL) come un soggetto politico ed economico e non un movimento ecclesiale capace di un giudizio sul mondo che permette incontri e confronti con personaggi di culture e religioni diversi.

Questo doppio binario continua sostanzialmente pure oggi, però nel tempo molte cose sono cambiate, una fondamentale anzitutto: è sparito un giudizio chiaro sulla realtà su cui le varie personalità invitate siano costrette a confrontarsi. Si evita qualsiasi cosa che possa essere vista come divisiva, non si trattano o appena si sfiorano temi caldi. Così che il Meeting è via via diventato un grande contenitore in cui si dibatte di tante cose con una passerella di personaggi che dicono ognuno quello che vuole.

Resta il commovente esercito dei volontari, c’è sempre la possibilità di visitare mostre interessanti e ben curate e di incontrare personalità meritevoli (alcune di queste proposte anche dalla Bussola in questi giorni), ma l’impressione è che si tratti di una eredità del passato che resiste in mezzo a una varietà di proposte che non hanno un filo logico, se non quello degli affari e degli “amici” di varia natura.

Ne è una conseguenza clamorosa il fatto che da anni nel programma della settimana riminese molti degli incontri hanno uno o più sponsor, grandi industrie o istituzioni politiche ed economiche, che ovviamente piazzano relatori e condizionano i contenuti. Insomma, è legittimo che a chi frequenti il Meeting possa sorgere il sospetto che chi paga decide anche cosa si dice.

Ma c’è anche di peggio, perché alcuni incontri sono direttamente appaltati a delle associazioni partner. Non sarebbe problematico forse se ci fosse una perfetta sintonia di vedute, ma nel programma vediamo ad esempio l’ampio spazio che si sono ritagliati Save the Children, Intersos e WeWorld. Soprattutto la prima rappresenta una compagnia problematica, per la sua visione anti-familista, diseducativa e per il sostegno a politiche che promuovono aborto e contraccezione (qui e qui) nei Paesi poveri. Ma anche Intersos e WeWorld realizzano, tra i tanti, anche programmi per promuovere i diritti sessuali e riproduttivi, che sappiamo benissimo cosa sottintendono.

Certo, non ne hanno parlato al Meeting, ma davvero i responsabili di CL ritengono che l’importante sia mostrare bambini denutriti e sofferenti per raccontare fame e guerra, senza preoccuparsi di come si pensa al loro destino? O non pensano che una certa concezione dell’uomo influenzi anche l’approccio alla povertà e alla guerra? Unirsi a questa compagnia significa dire che la fede non ha nulla da dire sulla realtà, cioè l’esatto opposto dell’intuizione da cui anche il Meeting è stato originato. Vuol dire che camminare insieme è più importante della méta, una posizione che va bene sicuramente al cardinale Matteo Zuppi, ma certo non è quanto testimoniava don Luigi Giussani.

L’aspetto comunque più evidente del cambiamento del Meeting è nel rapporto dei suoi responsabili con la politica. Da molti anni a questa parte si è smesso di guardare in modo critico al Potere per assecondarlo e accodarsi alla mentalità dominante. Uno degli esempi storici più clamorosi di questo passaggio riguarda la visione del Risorgimento: per anni, fino a metà del primo decennio del Duemila al Meeting si sono ospitati incontri e mostre che ponevano un accento critico sul processo che ha portato all’unità d’Italia e anche dopo. Poi, improvvisamente, nel 2011, i 150 anni dell’unità sono stati celebrati in pompa magna con la presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il Risorgimento è diventato un feticcio. E da lì è stata un’altra storia. Il portavoce storico del Meeting (dal 1989 al 2005), Robi Ronza, ebbe a dire che la svolta c’è stata in effetti nel 2015, l’anno di Matteo Renzi presidente del Consiglio, quando «il Meeting, e tutta la realtà ufficiale del mondo di cui esso è espressione, si sono presentati all’opinione pubblica come parte notabile dell’attuale establishment del nostro Paese».

Il rapporto con i potenti di turno, gestito dall’uomo-Meeting Giorgio Vittadini, è diventato all’insegna del servilismo e dell’appiattimento sulle posizioni mainstream, fino ad arrivare all’apice con il “draghismo”. Mario Draghi (nella foto Imagoeconomica) arrivò al Meeting, dopo un lungo corteggiamento, già nel 2021, da presidente del Consiglio: fu accolto quasi come un profeta, e la scena si è ripetuta quest’anno quando – pur non avendo alcun ruolo istituzionale – gli è stato concesso il palco dell’apertura. Eppure se c’è un volto che sarebbe scelto per raffigurare il Potere è proprio quello di Mario Draghi. Si potrebbe ironizzare sulle sciocchezze dette e fatte da capo del governo («Volete la pace o il condizionatore d’aria acceso?») e le vere e proprie vigliaccate («Non ti vaccini, ti ammali, muori oppure fai morire»), ma ciò che lascia basiti è l’innamoramento per la visione europea di Draghi. Innamoramento confermato dalle dichiarazioni dell’attuale presidente del Meeting, Bernard Scholz, al Corriere della Sera del 25 agosto: «Ci riconosciamo nell’europeismo di Draghi», ha detto.

Ma l’europeismo di Draghi va nella direzione di un super-Stato europeo, con un potere centrale e centralista, che monsignor Giampaolo Crepaldi, vescovo emerito di Trieste e fondatore dell’Osservatorio Internazionale sulla Dottrina Sociale della Chiesa cardinale Van Thuan, aveva già bollato a suo tempo come «incompatibile con la visione cattolica». «Il progetto – diceva Crepaldi in un’intervista dell’aprile 2024 riferendosi proprio a Draghi - annullerebbe le comunità naturali, dalla famiglia alle comunità locali fino alle nazioni, e creerebbe un super-Stato ancora più lontano da cittadini e comunità organiche di quanto siano oggi le istituzioni dell’Unione. Il proseguimento delle transizioni attuali in mano ad un simile Leviatano potrebbe creare un sistema centralizzato di controllo della popolazione con pericoli per la stessa libertà».

Non solo, questo europeismo va nella direzione opposta a quella «Europa dei popoli e delle culture» che era anche il titolo del secondo Meeting nel 1981 e che è stata per molto tempo l’ipotesi di lavoro dei ciellini impegnati in politica.

C’è però un dato interessante: la standing ovation dedicata ieri dal popolo del Meeting alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni sembra indicare che la base pensi diversamente dai responsabili. È già qualcosa.



il caso

Draghi, lezioncina contro la stagnazione che ha creato

20_03_2025 Ruben Razzante

Draghi dimentica il suo passato: è stato lui, con altri tecnocrati europei, a promuovere politiche di austerità che hanno compresso la crescita e i salari per anni, contribuendo alla stagnazione economica che oggi dice di voler combattere.

Velletri

«Vaccini inefficaci»: sentenza demolisce il teorema di Draghi

01_11_2024 Andrea Zambrano

«Vaccini inefficaci a prevenire la trasmissione dell'infezione». Storica sentenza a Velletri: illegittima la sospensione dei sanitari. Demolito il teorema del “non ti vaccini, fai morire” di Draghi che impose il green pass. Decisiva l'ammissione di Aifa sui contagi svelata dalla Bussola quest'estate. 
- Convegno Condav: come occultare il nesso di causa, di Paolo Bellavite

IL RITRATTO

Mario Draghi, il liberal-socialista. Vuole più Stato per l'Europa

22_04_2024 Maurizio Milano

I discorsi di Mario Draghi sono inequivocabili. Di impostazione liberal-socialista, l'ex premier, già presidente della BCE, vuole uno Stato unitario europeo, con debito comune. Priorità alla transizione verde, alla transizione digitale e anche al riarmo.