Medici, lavorate meno, vi paghiamo di più
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L'accordo dell'Asl di Modena: bonus in busta paga ai medici che prescivono meno esami. Lo scopo è ridurre le liste d'attesa, ma la cura è sbagliata: il medico non deve prescrivere meno, ma prescrivere meglio e non può essere solo un passacarte mercenario da pagare con denaro aggiuntivo: la razionalizzazione è già nei suoi compiti.
Nella regione italiana in cui la sanità spende più che altrove, l’Emilia Romagna, verrà avviata una sperimentazione finalizzata ad una maggiore appropriatezza di prescrizioni. Tuttavia, questa azione comporterà un ulteriore aggravio di spesa, perché per incentivare i medici di medicina generale a prescrivere meno e meglio, verrà erogato loro un bonus fino a 1.800 euro.
L’accordo è stato raggiunto tra l’azienda sanitaria (Ausl) di Modena e il potente sindacato dei medici di base Fimmg. Secondo i vertici dell’Ausl non si tratta di un taglio alla prescrizione di esami, ma «un incentivo all’appropriatezza, un uso responsabile delle risorse pubbliche».
Il provvedimento è stato adottato il 28 ottobre ed è operativo già per il 2025. Le soglie sono definite in rapporto alle prescrizioni effettuate nel 2024. In sostanza, chi manterrà il volume delle richieste di esami e visite specialistiche entro una determinata variazione percentuale (25%) riceverà il bonus.
L’obiettivo dichiarato è duplice: diminuire il numero di prestazioni e contribuire a ridurre le liste d’attesa, oggi tra le più critiche d’Italia. Tra l’altro, secondo l’Istat il 10% degli italiani rinuncia a curarsi proprio a causa della lunghezza delle liste d’attesa, mentre chi ne ha le possibilità economiche si rivolge alla sanità privata, anche nella regione più statalista del Paese.
La notizia di questa incentivazione ben retribuita a tagliare le prescrizioni ha cominciato a mettere in allarme i cittadini emiliani.
La reazione del dottor Dante Cintori, Segretario Provinciale Fimmg Modena, è stata veemente: «Chi parla di "incentivi per non prescrivere" o non ha letto l'accordo o, ancor più grave, cerca di speculare sulla salute dei pazienti alterando la realtà. In entrambi i casi si tratta di una postura che stigmatizziamo» ha dichiarato, aggiungendo che «così si alimenta la tensione con il rischio di favorire aggressioni ai danni dei medici».
Ovvero, il paziente che si vede negare degli esami o delle visite specialistiche, potrebbe reagire in modo aggressivo. In nome della “sicurezza” dei sanitari, nessun diritto di critica. Tuttavia, è assolutamente doveroso riflettere su questa decisione, che oltretutto potrebbe diventare anche un esperimento pilota per altri sistemi sanitari regionali.
Innanzitutto, c’è il rischio che una pur buona finalità, come quella di liberare risorse per i pazienti che ne hanno effettivo bisogno, possa avere spiacevoli “effetti collaterali”, diminuzione di prescrizioni, come un aumentato accesso ai Pronto Soccorso, già intasati, al fine di avere subito un esame diagnostico o una visita specialistica, oppure un aumentato ricorso al privato.
La questione dovrebbe essere affrontata in altro modo: il nocciolo della questione non è prescrivere meno, ma prescrivere meglio. E’ anche una questione deontologica: ogni esame inappropriato fa slittare in lista d’attesa qualcuno che invece ne avrebbe maggiore e più urgente necessità. Inoltre, il medico dovrebbe prescrivere esami e visite in scienza e coscienza, non perché ne fa richiesta il paziente, al quale – anche per evitare l’eventuale arrabbiatura paventata dal segretario modenese della Fimmg - andrebbero date le motivazioni della scelta. E tra le motivazioni non ci deve essere quella per cui il sanitario incassa il bonus. Questo è il punto più importante: il medico non dovrebbe percepire alcun bonus, perché la razionalizzazione delle prescrizioni è il suo preciso dovere.
Il rischio è che il medico di base appaia sempre più come un “mercenario”, che per qualunque prestazione richiede denaro aggiuntivo. L’esempio di quello che accadde con le vaccinazioni Covid, eseguite negli hub solo dietro cospicua remunerazione, lo dimostra. La fiducia dei pazienti, la tanto auspicata alleanza terapeutica, è garantita dal fatto che la persona sa che il medico sta decidendo per il suo bene, e non in vista di un profitto.
Il medico più “appropriato” non è quello pagato per esserlo, è quello che sa far diagnosi prima di tutto dalla sua visita, dai sintomi clinici, senza limitarsi ad essere un semplice prescrittore di visite ed esami, un “passacarte” come dicono un po’ crudamente tanti pazienti. Questo è un modo eccellente per ridurre gli esami inappropriati.
L’auspicio dunque è che questa sperimentazione non vada oltre i confini di Secchia e Panaro.

