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Santi e gastronomia/ 24

Lucia, la bellezza di essere sposa di Cristo

Patì il martirio, sotto Diocleziano, per la sua ferma decisione di vivere da consacrata a Cristo e quindi di non abiurare la fede. Il suo patrocinio sugli occhi non nasce dagli atti del martirio, ma dalla devozione legata al suo nome (da lux, luce). Da secoli la sua testimonianza di vita ispira fedeli, artisti e poeti.
LA RICETTA: COLIVA

Cultura 14_11_2021 English Español

Parliamo di un’altra vittima del famigerato Diocleziano (244-313), grande sterminatore di cristiani, che Dio abbi pietà di lui.

Lucia nacque intorno al 283 a Siracusa, dove anche morì, nel 304. Visse tutta la sua vita lì, in quella bellissima città siciliana, che le tributa un culto senza pari. È festeggiata il 13 dicembre, data della sua morte.

La sua famiglia era nobile, ma il padre morì quando lei aveva solo cinque anni. La madre Eutichia era spesso malata e spendeva somme ingenti nelle cure, senza risultato. Lucia, diciottenne, propose così alla madre di recarsi insieme a Catania, sulla tomba di sant’Agata, per chiedere l’intercessione per la sua guarigione. Siamo nel 301. Quel pellegrinaggio avrebbe cambiato per sempre la sua vita.

Durante la preghiera Lucia si addormentò e nel sogno vide sant’Agata, che le parlò, la consigliò e previde per lei un futuro come patrona di Siracusa. Infatti Eutichia guarì e Lucia confermò la sua decisione di dedicare la propria vita a Cristo - si era già consacrata in segreto - e di distribuire le sue ricchezze ai poveri. Ma non aveva fatto i conti con il suo promesso sposo, scelto dalla famiglia fin da quando era bambina, che si vide così privato non solo del matrimonio, ma anche della dote che ne sarebbe conseguita. Allora, per vendicarsi, la denunciò come cristiana. Erano infatti in vigore i decreti della persecuzione dei cristiani emanati dall’imperatore Diocleziano.

Fu il prefetto Pascasio a fare processare Lucia, minacciandola che se non avesse abiurato la fede cristiana l’avrebbero costretta ad entrare in un postribolo. Lucia non si perse d’animo e sostenne la propria difesa con forza e coraggio, affermando che il corpo si contamina solo se l’anima acconsente.

Messo in difficoltà dall’atteggiamento della giovane, Pascasio ordinò che fosse costretta con la forza, ma, come narra la tradizione, Lucia divenne miracolosamente pesante, tanto che né decine di uomini né la forza di buoi riuscirono a smuoverla. Accusata di stregoneria, Lucia allora fu cosparsa di olio, posta su legna e torturata col fuoco, ma le fiamme non la toccarono. Fu infine messa in ginocchio e secondo le fonti latine fu pugnalata alla gola (jugulatio), nell’anno 304, all’età di ventuno anni. Morì solo dopo aver ricevuto la Comunione e profetizzato la caduta di Diocleziano e la pace per la Chiesa.

Gli atti del martirio di Lucia sono stati rinvenuti in due antiche e diverse redazioni: una in lingua greca, il cui testo più antico risale al V secolo (allo stato attuale delle ricerche); l’altra, in latino, riconducibile al V-VI secolo e che di quella greca pare essere una traduzione. La narrazione secondo cui le sarebbero stati strappati gli occhi non compare negli atti del martirio e risale all’incirca al XIV-XV secolo (comunque questa leggenda ha ispirato un dolce tipico pugliese, “gli occhi di santa Lucia”: sono dei biscotti all’anice in forma di occhiali). L’emblema degli occhi sulla coppa, o sul piatto, sarebbe da ricollegarsi, più semplicemente, con la devozione popolare che l’ha sempre invocata protettrice della vista a motivo dell’etimologia del suo nome, dal latino lux, luce.

Una testimonianza scritta del XVII secolo ci informa della fine, ritenuta miracolosa, della carestia dell’anno 1646 in Sicilia. Domenica 13 dicembre 1646, una colomba (altre fonti sostengono che fosse una quaglia) fu vista volteggiare dentro il Duomo di Siracusa durante la Messa. Quando la colomba si posò sul soglio episcopale, una voce annunciò l’arrivo al porto di un bastimento carico di frumento. Il popolo vide in quella nave la risposta data da Lucia alle tante preghiere che a lei erano state rivolte, e per la gran fame non aspettò di macinarlo, ma lo consumò bollito.

La festa di santa Lucia è molto sentita in Sicilia e in particolare a Siracusa, di cui è patrona. Il 13 dicembre la statua argentea della santa è portata in processione dalla cattedrale sull’isola di Ortigia, il nucleo di Siracusa più antico, fino alla terraferma, nella basilica di Santa Lucia al Sepolcro, luogo in cui rimane fino al 20 dicembre, data in cui viene ricondotta nella cattedrale fra lumiere e fuochi d’artificio. In tutta la Sicilia il 13 dicembre non si mangia pane, ma in segno di penitenza soltanto legumi e verdure.

Il culto di santa Lucia è iniziato subito dopo la deposizione del suo corpo nelle catacombe che da lei presero il nome e il suo sepolcro divenne meta di pellegrinaggi. Dopo l’occupazione araba della Sicilia, i siracusani avevano nascosto il corpo della santa in un luogo segreto nelle catacombe.

Secondo una versione della storia delle reliquie, il generale bizantino Giorgio Maniace riuscì a farsi indicare il corpo, probabilmente con l’inganno, da un anziano, il cui nome non è mai stato indicato nel corso dei secoli per non marchiare d’infamia lui e i suoi discendenti. E così, nel 1039 il generale trafugò il corpo per farne omaggio al suo sovrano, a Costantinopoli. Il corpo della santa fu portato insieme alle spoglie di sant’Agata a Costantinopoli per farne dono all’imperatrice Teodora. Ma anche da lì fu trafugato nel 1204 dai veneziani (le reliquie di sant’Agata erano state riportate in Italia già nel secolo precedente) che conquistarono la capitale bizantina a conclusione della Quarta Crociata e fu portato a Venezia dal doge Enrico Dandolo come suo bottino di guerra. Arrivate a Venezia, le spoglie della santa furono trasferite nell’isola di San Giorgio Maggiore. Nel 1279, il mare mosso capovolse le barche che si muovevano per omaggiare Lucia e da allora, morti alcuni pellegrini, si decise di trasferire le reliquie nel sestiere di Cannaregio, nella chiesa che venne intitolata alla santa.

In seguito, a causa della costruzione della stazione ferroviaria, nel 1861 la chiesa venne demolita, mentre l’11 luglio 1860 il corpo era stato definitivamente trasferito nella vicina chiesa di San Geremia (nella foto) in cui attualmente riposa, seppur i siracusani ne rivendichino fortemente il ritorno nella loro città. Le sacre spoglie tornarono in via eccezionale a Siracusa per sette giorni nel dicembre 2004 in occasione del 17º centenario del suo martirio. La permanenza delle spoglie fu accolta da un’incredibile folla di siracusani e da gente accorsa da ogni parte della Sicilia. Riscontrata l’elevatissima partecipazione di devoti, da allora si è fatta strada la possibilità di un ritorno definitivo. Il corpo della santa tornò nuovamente a Siracusa dal 14 al 22 dicembre 2014.

Una seconda e parallela tradizione, che risale a Sigeberto di Gembloux (morto nel 1112), racconta che le spoglie della santa furono portate a Metz in Francia, dove tuttora sono venerate dai francesi in un altare di una cappella della chiesa di Saint-Vincent.

La figura di santa Lucia, nel corso dei secoli, è stata fonte di ispirazione non soltanto sul piano strettamente religioso e teologico, ma anche artistico, e soprattutto letterario. Essa ha trovato spazi sia nella letteratura colta che in quella legata alla tradizione popolare. È patrona tra l’altro dei ciechi, degli oculisti, degli elettricisti e della lotta contro le malattie degli occhi.