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VENEZUELA

Lotta al narcotraffico, la flotta americana assedia il regime di Maduro

Un'imponente forza navale americana incrocia al largo delle coste venezuelane. L'obiettivo dichiarato è quello di fermare il traffico di droga. Ma si capisce che il vero obiettivo è Nicolas Maduro, il leader del regime di estrema sinistra venezuelano su cui pende una taglia per la cattura. 

Esteri 28_08_2025
Il cacciatorpediniere americano Gravely in navigazione per il Venezuela (La Presse)

L’amministrazione Trump è sempre più ai ferri corti con il regime venezuelano di Nicolas Maduro. La Quarta Flotta (che copre le operazioni navali nell’Atlantico centrale e meridionale) ha schierato un gran numero di unità lanciamissili, anfibie e sottomarine nel Mar dei Caraibi, in prossimità delle acque territoriali venezuelane. Maduro risponde con una mobilitazione generale, anche delle milizie popolari e chiede aiuto all’Onu.

Che Trump sia un avversario convinto del regime bolivariano era noto sin dalla precedente amministrazione. Nel 2019, infatti, gli Usa avevano sostenuto quasi apertamente la protesta delle opposizioni contro le elezioni rubate dal successore di Hugo Chavez. Nel 2020, la prima amministrazione Trump aveva posto una taglia di 15 milioni di dollari per la cattura di Maduro, non solo e non tanto per il suo golpe elettorale, ma perché accusato dalla magistratura americana di narcotraffico, narcoterrorismo e corruzione.

Con l’amministrazione Biden la taglia sulla cattura di Maduro era aumentata a 25 milioni di dollari. Ma l’amministrazione democratica aveva avviato informalmente una certa distensione, rilassando le sanzioni economiche: con due guerre in corso in aree energeticamente ricche, in Ucraina e poi anche in Medio Oriente, Biden aveva deciso di chiudere un occhio, permettendo una maggior produzione ed esportazione di petrolio venezuelano. Nell’ultimo anno la storia si ripete, con altre elezioni pesantemente e palesemente truccate (i brogli sono documentati negli stessi registri elettorali) nel luglio 2024. E dal gennaio 2025, con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, è ricominciato l’attivismo statunitense per scalzare il regime di estrema sinistra. La taglia è stata addirittura raddoppiata da Trump, fino agli attuali 50 milioni di dollari.

L’invio della flotta è un ulteriore aumento della pressione. Le navi (un incrociatore, tre cacciatorpediniere, quattro navi anfibie e un sottomarino nucleare d'attacco) e il contingente militare loro aggregato (4500 uomini in tutto, di cui la metà sono marines) sono ufficialmente in quelle acque per bloccare il traffico di droga. In effetti è di ieri la pubblicazione del resoconto dei più recenti sequestri dalla Guardia Costiera degli Usa: 34 tonnellate di coca, una delle più grandi operazioni antidroga della storia americana. Ma, appunto, il compito di dar la caccia ai narcos in mare spetta alla Guardia Costiera, mentre la flotta schierata nei Caraibi sembra più adatta a uno sbarco.

Per questo, la tensione nel Venezuela è alle stelle. E i dissidenti democratici sperano che questa sia la spallata tanto attesa per buttar giù il regime di estrema sinistra. La leader dell'opposizione venezuelana, la liberale María Corina Machado, ha affermato che «pochi comandanti militari sostengono Maduro» e li ha esortati a prendere una decisione rapida: «Il presidente Trump non scherza». E Maduro ha preso sul serio la sua minaccia. Ha ordinato l’inizio del pattugliamento delle acque territoriali venezuelane, con droni e piccole unità, poi la mobilitazione generale inclusa quella delle milizie popolari, teoricamente 4,5 milioni di uomini (ma risulta che se ne siano presentati molti meno).

Gli Usa non stanno agendo da soli e unilateralmente. Contro il narcotraffico stanno assemblando una coalizione di paesi locali ed europei. Anche l’Italia ha mandato un suo aereo cisterna a Guadalupe, mentre la Francia invia rinforzi al suo territorio oltremare della Guyana sempre per combattere i cartelli della droga: «I trafficanti si troveranno di fronte a uno Stato che si rifiuta di cedere», ha dichiarato il ministro dell’Interno Bruno Retailleau. Fra i governi sudamericani, il primo ministro di Trinidad e Tobago, Kamla Persad-Bissessar, ha formalmente appoggiato l'impiego di navi della marina statunitense contro i cartelli della droga, garantendo loro pieno accesso nelle sue basi. Sostegno incondizionato anche da parte del presidente argentino Javier Milei che ha incluso nella lista nera delle organizzazioni terroristiche il Cartello dei Soli, venezuelano, al cui vertice si sospetta vi sia lo stesso Maduro.

Dalla parte di Maduro si schiera la sinistra sudamericana, soprattutto la vicina Colombia del presidente Gustavo Petro che, già dall’inizio del mese di agosto annuncia che un intervento armato americano contro il Venezuela equivarrebbe a una guerra "contro tutta l'America latina". Secondo Petro, il Cartello dei Soli “non esiste” ed è solo «un pretesto usato dall’estrema destra per rovesciare i governi che non le obbediscono». Il presidente brasiliano Lula non è ancora intervenuto pubblicamente sulla vicenda, ma ha implicitamente criticato Trump quando ha dichiarato, il 20 agosto: «Non c’è bisogno di classificare le organizzazioni criminali come terroristiche o di violare la sovranità di un altro Paese per combattere la criminalità organizzata».

Maduro porta il caso all’Onu, presso il segretario generale Antonio Guterres, chiedendogli un intervento per «rispristinare il buon senso nella regione». Buon senso che però il suo regime estremista non ha mai mostrato, nemmeno all’interno del suo paese, dove circa 2600 oppositori sono in carcere dopo le proteste contro le ultime elezioni farsa, 28 sono stati uccisi e più di 200 feriti.