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DI LOCKDOWN IN LOCKDOWN

L'inverno della democrazia

È ormai chiaro che l’obiettivo delle élite politico-mediche è di mantenerci in uno stato di incertezza a oltranza. Il tutto in uno stato di intontimento generale nel quale i mass media e le massime istituzioni fanno a gara per non fare domande e per non fornire risposte....

Editoriali 16_01_2021
Il presidente del Consiglio Conte

Sappiamo bene che soprattutto in politica si scrive provvisorio e si legge definitivo. Chi si illudeva che le misure restrittive avessero carattere temporaneo ha ricevuto conferma tra Natale e l’Epifania che al contrario l’obiettivo delle élite politico-mediche è di mantenerci in uno stato di incertezza a oltranza, fiaccando ogni residuo anelito non dico di libertà bensì di serietà.

Il rubinetto si apre, si chiude, resta mezzo aperto o mezzo chiuso, potrebbe aprirsi parzialmente o chiudersi totalmente, “agganciando” la decisione a indici mutevoli e agevolmente superabili o non superabili a seconda della volontà politica. Il tutto in uno stato di intontimento generale, nel quale i mass media e le massime istituzioni fanno a gara per non fare domande e per non fornire risposte.

Esempio, fra i mille: qualcuno sa non tanto la data, ci mancherebbe, ma le condizioni sulla base delle quali si possa tornare alla normalità della vita? 50, 60 o 70% dei vaccinati? E sulla base di quali parametri? Sono stati considerati coloro che hanno già sviluppato gli anticorpi almeno su base statistica? Non mi sembra che di ciò si parli laicamente, come usa dire oggi con un termine che non vuole dire nulla ma che piace tanto.
A ben vedere non è poi così paradossale che proprio mentre siamo tutti concentrati sulle battaglie per il riconoscimento di nuovi diritti e libertà ci stiamo perdendo per strada quelli su cui abbiamo contato per decenni, che ci sembravano una conquista assodata e ormai scontata.

E non è paradossale che quei pulpiti da cui per decenni sono risuonate le fanfare del fare memoria, delle libertà da conquistare giorno per giorno, del non dimenticare, siano oggi silenti o occupati a trovare o propalare le più convincenti giustificazioni, quelle che normalmente annichiliscono l’uditorio che finisce, prima, per domandarsi se in fondo non abbia esagerato a pensare male e, poi, per autoflagellarsi, nella speranza di non essere precipitato tra i dannati etichettati di negazionismo.
Non è paradossale perché viviamo immersi nei dogmi del politicamente corretto, moderno liquido amniotico alimentato da retorica e paura. L’effetto è che l’esercizio della domanda, del dubbio, del raziocinio, è auto represso e quello del dissenso è silenziato. Ecco perché il 2020 è stato l’annus horribilis, non certo per il Covid. L’anno-epifania della faccia dittatoriale della democrazia con la quale dovremo fare i conti nei prossimi anni.

Il dogma del politicamente corretto è fuori dalla verità: descrive qualcosa che è, che non necessita di spiegazioni, che deve essere accettata come realtà ontologica prima del tempo e fuori dal tempo, indiscutibile. È la religione che anestetizza e disinfetta.
Vediamone alcuni di questi dogmi: possiamo farne un bel gioco di società per arricchire i pomeriggi domestici:
- Il governo in carica opera per il nostro bene, bisogna avere fiducia
- Occorre unità: non si può discutere né fare polemiche
- Ciò che è essenziale per il cittadino lo decide il governo e in definitiva lo Stato
- Se qualcosa va storto è colpa del cittadino indisciplinato
- La compressione di diritti e libertà è giustificata e proporzionata al rischio del contagio
- I social network hanno diritto di oscurare ciò che non è conforme al politicamente corretto
- Le città vuote sono più desiderabili di quelle affollate
- I numeri non richiedono spiegazioni
- Le conferenze stampa sono eventi di gala nei quali si ascolta e non si fanno domande
- La medicina è una scienza che si basa su affermazioni apodittiche infallibili
- Il vaccino è l’unica speranza ed è un dovere morale vaccinarsi
- L’obiezione di coscienza è intollerabile
- Se non ti vaccini devi essere bannato
- La libertà di espressione vale fintanto che dici quello che mi aspetto di sentirmi dire
- Il mondo con zero contanti è auspicabile
- Se sei un commerciante fai del nero
- La sanità pubblica è il futuro, quella privata un passato detestabile
- Bisogna cambiare stili di vita, definitivamente
- Essere più poveri ma con il reddito garantito è meglio
- Che sia una fake news dipende da dove proviene
- Il Natale sobrio e da soli è meglio del Natale tradizionale
- L’agenda green è centrale per il futuro del pianeta

L’esercizio potrebbe continuare a lungo: è sufficiente osservare le reazioni verso gli incauti arditi che pongono domande o peggio rilasciano dichiarazioni extra ordinem.
Retorica e paura si prestano vicendevolmente il braccio a fasi alterne. Mascherina e autodichiarazione, vaccinazione e coprifuoco, distanziamento e patentino. I mass media di regime non hanno bisogno di veline, sono perfettamente allineati. Il suddito deve sentirsi chiamato alle armi e non potersi domandare perché.

Cosa posso fare io per lo Stato? Sarebbe opportuno che le élite facessero qualcosa per me: chiarissero come sono conteggiati i morti, il senso delle misure adottate e dei tempi in cui sono state decise, l’utilizzo delle comunicazioni del palazzo, il ruolo dei tecnici, perché non si è puntato sulla cura, sulla base di quali elementi il vaccino è considerato sicuro al pari degli altri in uso, a quali condizioni pensano potremo tornare (se potremo tornare) alla normalità.

L'impressione è che ormai sia tardi, una volta che la volpe è entrata nel pollaio non c’è più storia, ci siamo volontariamente assuefatti alla mistica del politicamente corretto e all’informazione mistificata. Se avessi potuto scegliere avrei preferito la mistica del tocco della scrofola, attributo e potere di alcuni sovrani del medioevo.
Bei tempi quelli: c’era la peste, c’erano le carestie, c’era la guerra, c’era la morte, c’era la paura quotidiana ma c’era la vita rigogliosa e di gran lunga maggiore libertà di quanto siamo propensi a credere. Soprattutto si costruivano cattedrali in una gara a chi le faceva più alte, più grandi e più ricche. Noi, gonfi di retorica sulla cultura abbiamo senza colpo ferire spento musei, teatri e cinema. Gonfi di retorica sull’educazione abbiamo spento le scuole. Gonfi di retorica sulla socialità, abbiamo spento bar, pub, ristoranti, trattorie, osterie, piscine, palestre, campi sportivi e sciistici. Gonfi di retorica sulla condivisione abbiamo spento la famiglia. Ci sarà un perché.

È l'inverno della democrazia. Ridateci l'autunno del Medioevo.

* Giurista, direttore del portale giuridico Filodiritto