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Alla ricerca della felicità / 11

L’intuizione di Leopardi: la bellezza deve farsi carne

Da soli non si giunge alla salvezza, come ci ricorda Dante nella Divina Commedia. E Leopardi, da parte sua, comprende che la bellezza non può restare un’idea astratta, deve rendersi incontrabile.

Cultura 18_12_2025

Il cuore dell’uomo non si accontenta: anela a un bene infinito, a una felicità senza misura. Ma i beni di questo mondo, per quanto grandi, restano finiti, fragili, incapaci di saziare l’attesa dell’anima. L’uomo non può creare da sé l’infinito: l’unica speranza è che l’Infinito stesso si riveli, si faccia presente, si lasci incontrare. È l’epifania del Bene.

Dante, nel primo canto dell’Inferno, ci mostra questo dramma: smarrito nella selva oscura, intravede un colle luminoso e tenta di salire da solo. Ma tre fiere lo respingono: il peccato originale, la fragilità, l’orgoglio umano. È il segno che da soli non si giunge alla salvezza.

Leopardi, nel settembre del 1823, coglie la stessa intuizione geniale: la Bellezza non può restare un’idea astratta, deve farsi carne, deve rendersi incontrabile. Così nasce Alla sua donna, poesia che diventa canto dell’attesa e della rivelazione, in cui il Bello si manifesta come presenza viva, come promessa di infinito.