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RIMINI

Libertà di educazione, niente scherzi

"Scuola: statale o paritaria, purché sia migliore”: questo titolo dato all'incontro svoltosi al Meeting di Rimini ha suscitato molte domande e perplessità, che hanno trovato una risposta solo parziale dagli interventi ufficiali. Ecco perché.

Educazione 27_08_2015
Buona scuola

Più di uno ha storto il naso di fronte al titolo dell'incontro sulla scuola di martedì mattina al Meeting di Rimini "Scuola: statale o paritaria, purché sia migliore”: «Ma come, don Giussani non aveva detto, sin dall'inizio, "nudi, ma liberi di educare?!". Non è più così? Adesso va bene anche che la scuola sia tutta e solo statale, purché funzioni bene? Cosa vuol dire, poi, "migliore"? E la libertà di scelta educativa per i genitori dove va a finire? E il principio di sussidiarietà, per cui lo Stato dovrebbe intervenire solo là dove la società civile non riesce?» 

Domande queste alle quali l'incontro non ha risposto in modo diretto, anche se alcune aperture sui temi cari al popolo ciellino (e non solo) sono comunque arrivate.

Innanzitutto dall'ex ministro Berlinguer, padre della legge 62/2000 sulla parità scolastica, che ha ribadito senza mezzi termini che non ne può più del «solito, stucchevole stanco ritornello che contrappone pubblico e privato», e che «la scuola è sempre pubblica, perché alleva delle creature.... L’ossessione che nel nostro paese divide le due realtà è ormai vecchia come il cucco: scuola paritaria e pubblica sono la stessa cosa. Ormai è arrivato il momento di parlare dell’apprendimento, di come sollecitare la curiosità degli studenti, di come lasciare libere tutte le scuole di sviluppare le proprie potenzialità. Dibattere ancora di scuola dell’obbligo, come se l’aula fosse una prigione, non va più bene. La parola giusta è: stimolo». Quanto basta per far tirare un sospiro di sollievo al folto pubblico presente in sala. 

Certo, il modello "totalizzante" proposto da Berlinguer - Una scuola senza mura e senza banchi, dove non c’è spazio solo per la registrazione del sapere; una scuola dove il lavoro non venga più considerato come qualcosa di estraneo alla cultura, ma come una forma di sapere; Una scuola senza un orario fisso e sempre uguale, aperta tutto il giorno, non solo la mattina - non è detto che sia gradito a tutti in egual misura, ma l'importante è che si possa giungere ad un contesto caratterizzato da una pluralità di offerte formative e da una effettiva libertà di scelta per le famiglie. 

Ed è proprio questo il tema su cui è intervenuta - anche se in modo parziale, perché riferito solo alla scuola dell'infanzia - Susanna Mantovani, docente di Pedagogia all’Università Bicocca di Milano, che ha sottolineato come «ci sia bisogno di tutti i gestori di scuole. La scuola è a corto di risorse e allora c’è bisogno di impiegarle bene, sfruttando l’apporto che pubblico e privato possono dare. La collaborazione tra scuole paritarie, comunali e statali permette di massimizzare le risorse. Non conta chi sono i gestori, ma se offrono una scuola di qualità, accessibile a tutti e rispettosa di chiunque. Nella sfida educativa, abbiamo bisogno di tutti».

In quest'ottica - ma solo in questa - ben venga anche l’esperienza di Reggio Children, raccontata da Claudia Giudici, perché conoscere esperienze educative di successo e confrontarsi con diversi modelli pedagogici è sicuramente una occasione di arricchimento per tutti. La scuola dell'infanzia Reggiana, riconosciuta e apprezzata a livello internazionale, non può e non deve essere, tuttavia, nemmeno a livello puramente locale, l'unico modello esistente (la scuola "migliore") né il parametro per il riconoscimento pubblico di altre esperienze educative. 

In conclusione, l'incontro non ha proposto temi nuovi né soluzioni dirompenti, e l'impressione che resta è che sia stato voluto per sottolineare, anche sulla scuola, la forte volontà di apertura, di dialogo e di confronto propria del Meeting 2015. Come ha precisato Giorgio Vittadini nell'intervista apparsa su Avvenire dopo l'incontro con il presidente del Consiglio Renzi, dobbiamo «prendere atto che il mondo è cambiato e che la fede si vive in modo diverso, attraverso il dialogo con le altre culture e le altre fedi», e che è bene «saper cogliere la bellezza là dove si trova, senza chiusure».

Non si può che essere d'accordo, fatto salvo che questo non implichi annacquare la propria identità o dimenticare le proprie origini. Per questo ripetiamo ancora una volta "nudi, ma liberi di educare", e ci auguriamo che l'appello alla politica da parte dell'ex ministro a conclusione dell’incontro, cioè che il Parlamento non faccia solo leggi nuove, ma che verifichi pure che quelle vecchie vengano applicate (e applicate interamente, aggiungiamo noi, dato che la parità è ancora monca per quanto riguarda l'aspetto economico), sia preso sul serio e attuato rapidamente. Diversamente, nei prossimi incontri si parlerà solo di scuola statale perché non esisterà altro.