Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Vincenzo Grossi a cura di Ermes Dovico
STATO ISLAMICO

Le prove della persecuzione dei cristiani a Mosul

Dopo la liberazione di Mosul, si raccolgono le prove della persecuzione dei cristiani nei tre anni di occupazione dell'Isis. Ultima, in ordine di tempo, è stata rinvenuta un'altra fossa comune, con i corpi di decine di cristiani assassinati. Il 90% delle chiese è distrutto. "Accadrà anche a voi in Occidente" avvertono i sacerdoti locali

Libertà religiosa 12_03_2018
Fuga da Mosul

In Iraq la persecuzione ai cristiani sembra non finire mai. E sebbene non vengano dedicati alla cosa trafiletti neanche solo per non cedere alla tentazione dell'horror vacui, di notizie agghiaccianti ne arrivano. L'ultima risale a qualche giorno fa: una fossa comune contenente i cadaveri di circa quaranta cristiani è stata scoperta dalle Unità della Mobilitazione popolare (Pmu) presso Mosul. In quella che dovrebbe essere l'ormai ex roccaforte dello stato islamico, tante le donne, i bambini e gli uomini - probabilmente rapiti mesi fa - che sono stati ritrovati ammassati in un fossa come legna da ardere. Uno sopra l'altro, in uno scenario macabro che, negli anni, è diventato il destino dei cristiani a cui si è fatta l'abitudine. E forse troppo facilmente. 

I corpi ritrovati avevano quasi tutti piccole croci al collo. Ancora cristiani, ancora vittime innocenti. Mosul è stata oggetto degli islamici per ben tre anni e fin dal primo giorno lo stato islamico ha lanciato un solo monito ai cristiani: "andate via o vi taglieremo la testa". A Mosul, come a Qaraqosh, sulla piana di Ninive, prima che l'isis allungasse la sua mano mortifera c'erano campi di grano, fattorie, bar, caffé, palestre e simboli della "vita moderna". Poi la città è stata presa, e, tempo qualche mese, e quelli del New York Times in un editoriale iniziarono a domandarsi se la fine del cristianesimo in Medio Oriente fosse ormai prossima. 

Il vescovo siro-ortodosso di Mosul (Iraq), Mar Nicodemus Dawod Sharaf, in un'intervista che risale all'ottobre del 2014, dopo essere scoppiato a piangere disse, «ci hanno invaso i tatari, i mongoli, gli hulagu ma mai abbiamo smesso di festeggiare san Shmuni. Quest’anno, per la prima volta, siamo costretti a pregare fuori dalle chiese sia a Mosul che nei villaggi vicini». E provando ad accendere i riflettori sulla cacciata dei cristiani dalle loro case da parte dei jihadisti, aggiunse, «non c’è più dignità e onore nell’umanità. Davvero questa gente è senza Dio. Ma anche tutti quelli che si appellano ai diritti umani non fanno che mentire: hanno visto cosa accade alla nostra povera popolazione [rifugiata in Kurdistan]. Hanno visto in che stato miserabile viviamo. Abbiamo chiesto loro: aiutateci prima che arrivi l’inverno e cada la pioggia. E non hanno fatto niente per noi».

Nel frattempo di cose ne sono successe, di fosse comuni ne sono state trovate e di tombe cristiane saccheggiate, dissacrate, ne sono state trovare a centinaia. The New Arab ne ha pubblicate di gallerie di immagini che immortalano cadaveri decomposti in bare aperte. E la cosa drammatica è proprio questa: neanche nella morte i cristiani perseguitati dell'Iraq sono al sicuro. Le testimonianze  che sono arrivate in Occidente raccontano, fin dai primi giorni, di «uomini che correvano per le strade brandendo la spada». «Com’è possibile che questo avvenga nel 21esimo secolo?», ha osato chiedersi qualcuno. La verità è che l'umanità in Iraq è latitante da tempo, oramai. Quelle spade sguainate, comunque, erano i primi bagliori di qualcosa che si è rivelato ancora più drammatico di quel che si era osato immaginare. Chiese e monasteri, da allora, sono stati invasi, distrutti. Ma soprattutto le croci sono state deturpate, trafitte da proiettili. Sui muri delle canoniche un messaggio ricorrente, 'la Croce sarà spezzata'. E poi statue della Madonna con la testa mozzate e tanto sangue, il sangue dei cristiani, a bagnare le strade. Il 90 per cento dei luoghi culto della Piana di Ninive è stato distrutto e saccheggiato dallo Stato islamico.

È un campionario di nefandezze e di orrori quello che si sono lasciati dietro i terroristi dello Stato islamico subito dopo la loro cacciata dalla Piana di Ninive, cuore pulsante della cristianità irachena. E la fossa comune a Mosul è solo l'ultimo terribile episodio. A Padre Thabet, il sacerdote cattolico caldeo che serve come parroco di San Addai, fu chiesto se tutta questa distruzione rappresentasse il vero islam. "Sì", rispose senza esitazione. Ma in Occidente non si può dire. E intanto una parte del cuore antico della cristianità è stato estirpato. Sì, perché la chiesa cristiana, sia cattolica che ortodossa, affonda le sue radici fin dai discepoli di Gesù. Anche se molti credono che il cristianesimo in Medio Oriente sia una novità degli ultimi secoli. Ed è là che tre anni fa i cristiani hanno iniziato ad essere uccisi, perseguitati e costretti a scappare con i soli vestiti che avevano addosso. Ed anche se le città oggi sono più o meno 'liberate', la libertà continua a mancare. Gli incendi e le trappole non sono infatti finiti.

Benedict Kiely, un prete cattolico statunitense che ha fondato Nasarean.org, l’organizzazione che aiuta i cristiani perseguitati in Medio Oriente, prima di lasciare l'Iraq in cui era andato in missione - racconta in un aneddoto- , fu preso per mano da un anziano sacerdote. Che in arabo gli disse, «state attenti, state molto attenti. Quello che è successo qui verrà anche da voi».