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ISTITUTO ACTON

Laudato Si': un dialogo sulla Dottrina Sociale

“In dialogo con Laudato Si’. I mercati liberi possono aiutarci a curare la nostra casa comune?” è la domanda che si pone l’Acton Institute, think tank cattolico statunitense, nell'incontro tenutosi a Roma lo scorso 3 dicembre. Ne è scaturito un dibattito molto vivace. Ne parliamo con mons. Marcelo Sanchez Sorondo, Massimo Introvigne e Robert Sirico.

Economia 05_12_2015
Sirico, Sanchez Sorondo, Jayabalan, Introvigne

“In dialogo con Laudato Si’. I mercati liberi possono aiutarci a curare la nostra casa comune?” E’ la domanda che si pone l’Acton Institute, think tank cattolico statunitense. La risposta dell’Acton, che da venticinque anni promuove le idee del libero mercato, è un netto “sì” senza dubbi. Ma l’enciclica di Papa Francesco è una critica serrata al sistema capitalista di libero mercato e alle sue conseguenze sulla natura. Il 3 dicembre, alla Pontificia Università della Santa Croce, l’Acton ha organizzato un incontro su questo tema, per cercare un dialogo che lo stesso Pontefice incoraggia nella sua enciclica. A margine delle relazioni, in una piccola aula, ci siamo uniti a un’interessante conferenza stampa di tre fra i più autorevoli relatori: monsignor Marcelo Sanchez Sorondo (cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze Sociali), Massimo Introvigne (sociologo, direttore del Cesnur ed editorialista del nostro giornale) e padre Robert Sirico (fondatore e presidente dell’Acton Institute). Ne è emerso un vero e proprio dibattito dentro al dibattito, in cui sono emerse tre distinte interpretazioni della Laudato Si’ e anche tre diverse visioni dell’economia.

Quel che molti giornalisti economici si chiedono (ed è la domanda posta dal corrispondente del Wall Street Journal) è se Papa Francesco, nella sua critica al capitalismo, sia un Pontefice di rottura rispetto ai suoi predecessori o si ponga pienamente nel solco del loro magistero. Per monsignor Sanchez Sorondo, la rottura è nella scelta dell’oggetto da criticare, che non è il capitalismo nel suo complesso, ma un suo aspetto specifico: “Io credo che la critica specifica di Papa Francesco si rivolga soprattutto alla teoria della ‘ricaduta favorevole’ (se pochi sono i ricchi, i benefici delle loro attività vanno anche a favore dei poveri, ndr) e allora se il capitalismo è favorevole alla teoria della ricaduta favorevole, se il mercato diventa un bene in sé, che si autogiustifica moralmente, allora è condannabile. Questa critica così forte e specifica non si era mai vista nelle encicliche dei papi precedenti”. Una volta isolato il problema, la via tracciata dal Papa, per il cancelliere della Pontificia Accademia, è chiara: “L’economia risponde all’esigenza di distribuire una ricchezza scarsa. Chi deve organizzare questa distribuzione? La politica, cioè l’insieme di coloro che hanno il bene comune quale finalità della loro opera. Il problema più grave è nel mondo globale, dove vige una giustizia in potenza, per usare i termini di San Tommaso, ma non completamente, perché i più potenti possono prendere tutto, perché non c’è una governance globale. Serve dunque un governo al di sopra del mercato, al di sopra di una logica di mero profitto”.

Secondo Massimo Introvigne “… Non è cambiato tanto il Magistero, ma è cambiato molto il capitalismo. Lo stesso concetto di sfruttamento, come era stato concepito da Marx, non esiste più, non ha più senso. Oggi abbiamo un capitalismo finanziario. Qualche giorno fa è morto il sociologo Luciano Gallino, con cui non sono mai stato d’accordo, ma che aveva coniato una formula molto interessante: non esiste più una lotta di classe dei poveri contro i ricchi, ma quella dei ricchi contro il ceto medio e contro i poveri. Ci sono pochi ricchi che cercano di affermare il dominio di sempre meno persone. Al di là del concetto marxista, serve a comprendere che il capitalismo odierno è molto diverso da quello di anche soli pochi decenni fa, ricorda molto quello che ebbe un’accelerazione fortissima ai tempi di Pio XI. In questo il magistero di Papa Francesco è simile a quello di Pio XI. Un altro aspetto molto importante è il collegamento diretto fra la colonizzazione economica e quella ideologica. Qualche volta si accusa il papa, da parte di certi ambienti, di parlare poco delle questioni della vita e della famiglia e troppo della giustizia economica. Ma il Papa ha detto più volte che gli stessi poteri forti, quel piccolissimo gruppo che detiene una parte rilevante della ricchezza mondiale, sono quelli che impongono anche una colonizzazione ideologica, quella che mira alla distruzione della famiglia. Non ci sono due lobby, dunque, ma una sola, che mira alla colonizzazione sia economica che ideologica. Preoccuparsi solo della colonizzazione ideologica (sui temi di vita e famiglia) senza preoccuparsi di quella economica, scalfisce soltanto la superficie del sistema di dominio dei poteri forti, il cui nucleo è economica. La critica di Papa Francesco, in merito, è molto chiara, ma una certa svolta, in questo senso, c’era stata anche con la Caritas in Veritate di Benedetto XVI. E infatti, anche allora, in certi ambienti nord-americani, erano arrivate critiche simili”.

Per Robert Sirico, invece, la differenza è tanto nei toni usati dal Papa e nel mutamento dell’ambiente economico di questi anni, ma nel gruppo di persone che consigliano il Pontefice per la stesura della sua enciclica: “Da un punto di vista pratico, c’è una grande differenza fra le personalità che dialogano con Francesco rispetto a quelle che dialogavano con San Giovanni Paolo II. Papa Wojtyla nella Centesimus Annus, che resta il miglior esempio di pensiero economico nella Chiesa, pose una sfida positiva ed efficace al capitalismo. Perché comprese bene come l’economia funziona ed elaborò una dottrina sul ruolo dell’imprenditore. Papa Francesco, in confronto, parla molto poco della figura e del ruolo dell’uomo in affari, se non la preferenza per quell’imprenditore che crea posti di lavoro. Perché concentrarsi sulla figura dell’imprenditore è importante, anche da un punto di vista antropologico? E’ importante perché l’economia è fatta da uomini. Nella Laudato Si’, ogni riferimento al mondo del business è plasmato su una visione dell’economia priva di regole, in cui ogni operatore non pensa ad altro che al profitto, in cui il mercato in sé è un valore supremo. Ma non saprei dove trovare degli imprenditori che ragionano in questi termini, per lo meno nel mio contesto americano. Penso persino che le critiche che Papa Francesco rivolge all’economia di mercato non siano neppure pertinenti a un mercato libero, ma piuttosto a un capitalismo di tipo corporativo, fondato sull’intervento dello Stato.

Introvigne, a questo punto ricorda che:  “… il Papa ragiona in una prospettiva globale, mentre molti autori americani lo contestano pensando solo alla realtà americana. Non è il caso, perché noi vediamo un capitalismo di tipo ottocentesco in Cina, in Russia, assistiamo all’arrivo di aziende cinesi nei paesi africani (un fatto particolarmente negativo per l’ecologia). La Cina ha un sistema di tipo corporativo con un forte disinteresse per le questioni ambientali. Visitando alcuni paesi dell’America latina, non si può dire che anche le aziende nord-americane siano esenti da ogni colpa di sfruttamento nel senso classico del termine. Ci sono molte realtà di capitalismo immaturo, che ricordano l’Europa della prima industrializzazione del XIX Secolo. E questo è un problema, anche da un punto di vista ecologico”. “… posso dire che non sono affatto d’accordo con il professor Introvigne? – ribatte con garbo Robert Sirico - Non sono d’accordo, perché il più grande miracolo economico a cui assistiamo è quello della Cina. Se al momento non si preoccupano troppo della tutela dell’ambiente, è perché sono maggiormente impegnati a liberarsi dalla povertà. Le condizioni di vita che noi diamo per scontate, per loro non lo sono affatto. E sono convinto che, non appena vivranno in condizioni di maggiori benessere, quando avranno anche loro accesso a più servizi essenziali, potranno anche loro permettersi di pensare alla riduzione dell’inquinamento. Perché nessun essere umano ama vivere in un ambiente inquinato. Lei ha detto che il Papa ha una visione globale. Ma considerando le sue idee economiche, il suo pregiudizio negativo per gli uomini d’affari e quello positivo per lo Stato, direi che ha più una visione latino-americana sul mondo”.

E qui è monsignor Sanchez Sorondo a rintuzzare l’interlocutore: “Per prima cosa, io nego che il punto di vista del Papa sia quello dell’Argentina. Se c’è uno che critica l’Argentina è Francesco. Non la prende neppure ad esempio per la sua visione dell’economia, perché il capitalismo argentino è molto piccolo”.

Primo panel di relatori: Sirico, Sanchez Sorondo, Jayabalan, Introvigne

Ma se nel mercato l’“homo oeconomicus” pensa al profitto, non c’è il rischio che anche il politico sia egoista? “Quanto al primato della politica – ci risponde mons. Sanchez Sorondo - non c’è dubbio che anche l’economista pensi al bene comune, ma a chi spetta prendere la decisione ultima? Fin dai tempi di Aristotele, la risposta è: colui che governa. Perciò serve una governance internazionale, perché manca. Altrimenti il più forte ne approfitta del più debole. Se vai in Africa, prendi tutto il petrolio e non lasci niente ai popoli che vi abitano, è giusto? No. Eppure, cosa dicono le multinazionali? ‘O questo accordo capestro o niente, altrimenti ti tieni il petrolio sotto terra’. E’ giusto? No. E’ chiaro che Francesco, più che un europeo, sente di più l’ingiustizia sociale commessa dalle grandi potenze. E’ vero anche che l’America ha lanciato il Piano Marshall per l’Europa, che è stata una cosa meravigliosa. Ma non ha fatto nulla di simile per le altre parti del mondo. E, ribadisco, sono proprio dei nord-americani come Joseph Stiglitz e Jeffrey Sachs, che contestano questi modelli. E’ un dibattito fra nord-americani, questo, non uno scontro fra nord e sud-americani”.

Ma nel mondo dell’economia non ci sono solo i keynesiani Stiglitz e Sachs, come ricorda Robert Sirico, ma anche altri grandi che la pensano in modo opposto: “… economisti europei, come von Hayek e von Mises, o anche altri economisti americani, come Milton Friedman, che contestano le stesse premesse keynesiane di un Sachs o di uno Stiglitz. E teniamo bene a mente che la visione economica di Sachs è antitetica al cuore dell’antropologia cattolica. E non è possibile costruire alcun sistema economico senza partire dalla premessa antropologica”. Per i keynesiani, infatti, la “sovrappopolazione” è un problema. Cosa che invece non è nelle teorie di Hayek, Mises e Friedman.

Ma se, usando le parole del cattolico inglese John Acton, “il potere corrompe, il potere assoluto corrompe assolutamente”, come fare ad affidare il bene comune al potere per eccellenza, allo Stato, detentore del monopolio della violenza? Per Introvigne, “contrariamente alla Cina, nelle società democratiche c’è sempre la possibilità di sostituire i rappresentanti con il voto. L’idea centrale del Papa, che era anche al centro del pensiero di Benedetto XVI, è il rischio della tecnocrazia, di un potere privo di controllo”. Per Sirico: “questo è certamente un rischio. Ma ricordiamo anche che la Dottrina Sociale ha stabilito chi sia il vero controllore e il decisore di ultima istanza: la legge. E chi implementa la legge? Secondo il principio di sussidiarietà, è il livello più basso, locale, di governo. Solo in via sussidiaria, se e quando necessario, subentra il potere centrale. E’ bene tenerlo a mente, quando si parla di governance globale”.