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polveriera medio oriente

L'attacco di Israele a Doha frena la via diplomatica di Trump

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Qatar, dieci missili israeliani colpiscono l'edificio dove era in corso il vertice di Hamas. Una vendetta dopo l'attentato di Gerusalemme, ma anche un pesante stop alla via diplomatica di Trump che rischia di trasformare il Medio Oriente in una polveriera. 

Esteri 10_09_2025

Ieri pomeriggio, contemporaneamente, quindici aerei da combattimento si sono alzati in volo dalle basi aeree israeliane. Dopo aver percorso oltre 1700 chilometri, hanno colpito, a Doha in Qatar, un edificio, in una zona residenziale, dove era in corso un vertice dei massimi responsabili del gruppo terroristico di Hamas. Dieci missili hanno colpito simultaneamente l’obiettivo: una villetta di due piani.

Ma c’era da aspettarselo dopo l’attentato di Gerusalemme, la rappresaglia minacciata da Israele non si sarebbe fatta attendere; del resto, l’esercito israeliano colpisce ovunque vi sia un pericolo per la sua sicurezza. Dal Libano allo Yemen, dalla Siria al Qatar. I suoi piloti sfrecciano, indisturbati, nei cieli dei paesi vicini pronti ad eseguire gli ordini impartiti dal governo guidato da Benjamin Netanyahu e con il via libera americano. Ma il rischio di un allargamento del conflitto si fa sempre più concreto.

Il Medio Oriente si sta trasformando in una polveriera. Una santabarbara pronta ad esplodere. Quanto è avvenuto, ieri in Qatar, è la risposta all’attacco terroristico avvenuto lo scorso lunedì mattina a Ramot, in un insediamento ad est di Gerusalemme, ad opera di due palestinesi provenienti dalla Cisgiordania. L’attentato, rivendicato solo ieri da Hamas, ha provocato la morte di sei israeliani e dodici feriti. I terroristi, dopo essersi creati un varco nella rete di protezione, hanno aperto il fuoco contro un gruppo di persone in attesa alla fermata dell’autobus, all’incrocio con l’abitato della colonia realizzata oltre alla Linea Verde, la linea d'armistizio in territorio della Cisgiordania, tracciata tra Israele e i paesi arabi.

Con l’operazione “Giorno del Giudizio”, l’aviazione israeliana ha preso di mira i vertici di Hamas, riuniti a Doha in Qatar, per discutere il piano di pace proposto dagli Stati Uniti. L’edificio, dove si svolgeva l’incontro, si trova in una zona, molto frequentata, a nord del centro della città. L’attacco è stato confermato, attraverso un comunicato congiunto, dalle Forze di difesa israeliane e dallo Shin Bet. «I leader colpiti hanno diretto le operazioni del gruppo terroristico per lunghi anni e hanno una responsabilità diretta del massacro del 7 ottobre e del conflitto nei confronti dello Stato di Israele», si legge nel testo.

Gli Stati Uniti sarebbero stati avvertiti, e a loro volta avrebbero informato il Qatar dell’imminente attacco. Secondo fonti israeliane, il principale obiettivo dell’incursione aerea era il dirigente politico di Hamas, Khalil Al-Hayya, capo negoziatore nei colloqui con Israele, presente al vertice con altri sei dirigenti. Funzionari del governo qatariota hanno definito “codardo” l’attacco, accusando Israele di una palese violazione del diritto internazionale. Il portavoce del Ministero degli Esteri, Majed al-Ansari, ha dichiarato che questo attacco criminale costituisce una flagrante violazione di tutte le leggi e norme internazionali e rappresenta una seria minaccia alla sicurezza e all'incolumità dei qatarioti e dei residenti del Qatar.

Se tra i componenti della delegazione di Hamas vi siano delle vittime la notizia non ha ancora trovato conferme ufficiali. Israele sostiene di aver portato a termine la missione con successo, mentre una fonte, molto vicina ad Hamas, in un primo momento ha dichiarato ad Al Jazeera che la delegazione è sopravvissuta all’attacco, ma ha in seguito ammesso l’uccisione del figlio di un importante esponente del gruppo terroristico.

Ma perché questo attacco ai vertici di Hamas, da parte di Israele, quando era in corso la discussione all’interno del gruppo se accettare o meno la proposta di accordo proposta da Trump? Un tentativo di sabotaggio? Innanzitutto, va detto che è la prima volta che il governo israeliano e l’esercito ammettono ufficialmente di aver compiuto una missione “punitiva” in territorio straniero. Una sfida ai paesi che nei prossimi giorni, nel corso della riunione delle Nazioni Unite, riconosceranno ufficialmente lo Stato della Palestina.

Ma quello che sorprende è che Israele abbia deciso di attaccare i vertici di Hamas, proprio in Qatar, un paese che da due anni ospita i negoziati per un possibile accordo, ma in particolare un paese che è uno stretto alleato degli Stati Uniti, ospitando sul suo territorio una tra le più grandi basi militari americane del Medio Oriente. Con questo attacco rischia di essere cancellata l’unica via diplomatica aperta e sostenuta da Trump e dimostra che Israele non è interessato al raggiungimento di un accordo.

E poi c’è la Cisgiordania che s’infiamma giorno dopo giorno. Il governo di Netanyahu sta incentivando l’occupazione dei territori della Cisgiordania per la creazione di nuove colonie, accelerando la realizzazione di un corridoio nord-sud-est di Gerusalemme conosciuto come E1. L’attentato dello scorso lunedì potrebbe essere la miccia che innescherà un incendio di ben più vaste dimensioni. C’è il rischio, infatti, di un ritorno al passato, quando gli attentati furono il preludio alle intifade e ad una lunga scia di sangue.