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IL LIBRO

La Tamaro smaschera i pifferai magici di oggi

«La nostra civiltà non può fare altro che seguire il destino dei topi di Hamelin, che inebetiti dal suadente motivetto, sono miseramente annegati nel fiume». È questo il nostro destino per Susanna Tamaro, che denuncia con coraggio «i pifferai magici» di oggi, i cantori di quell’ideologia ingannatrice che ci sta portando inesorabilmente nell’abisso della barbarie.

Cultura 13_07_2022

Se un nostro nonno, nato agli inizi del secolo scorso, si risvegliasse all’improvviso nel nostro tempo, che cosa scoprirebbe, con sconcerto e smarrimento, del mondo in cui viviamo? Come raccontargli che noi, che non abbiamo una guerra in casa da più di 70 anni, seguiamo corsi per imparare la virtù della resilienza dopo lo shock della pandemia? Come spiegarlo a lui, che ha sopportato sia la guerra che la “spagnola”, semplicemente affrontando con coraggio e spirito di sacrificio tutte le sfide che una storia crudele gli ha riservato? Insomma, come potrebbe questo nostro avo capire «che il cardine di questi tempi è il diritto alla felicità?». Una felicità che oggi non dipende come in passato dall’«essersi sacrificati in vista di un futuro migliore», ma consiste «semplicemente nel poter possedere un numero sempre più grande di cose e nel soddisfare un livello di pulsioni sempre più basse».

Lo scopo dell’esistenza non è più avere una discendenza e attraversare le varie età maturando, quanto piuttosto vivere un’eterna adolescenza, infantilmente ostile ad ogni responsabilità. Oggi, ad esempio, è diventata imprescindibile la scelta di quando e se far nascere un bambino e ancor più quando e come morire. Perché ormai tutto quello che si può fare si fa. Così, «l’uomo non è più un fine, ma soltanto un mezzo», perché «può essere usato in tutti i modi possibili». E chi osa contestare la vulgata dominante è tacciato inesorabilmente di medievale oscurantismo. Frutto di tecniche sempre più sofisticate, si è imposto un arido e pratico efficientismo che cancella ogni domanda sul senso di una vita ormai così poco umana e saggia. E se fossimo stranamente tormentati da qualche dubbio o peggio rimorso, abbiamo a disposizione infinite app che in pochi istanti ci promettono rilassamento e pace interiore.

Questa è l’allarmante diagnosi sulla società contemporanea contenuta nell’ultimo libro di Susanna Tamaro. I pifferai magici. La spensierata corsa dell’umanità verso l’abisso (Edizioni Lindau) è costruito integrando articoli della scrittrice pubblicati sul Corriere della Sera con riflessioni e narrazioni nuove. Ci comunica in forma quasi autobiografica, ben argomentate, le riflessioni e le denunce di un’autrice che ha mantenuto la libertà di un pensiero critico, merce davvero rara in una società ormai omologata e assuefatta al pensiero unico. La sua è in sostanza una rivolta contro il dilagante “politicamente corretto”. Scelta davvero coraggiosa in un contesto letterario in cui non solo nei saggi, ma soprattutto nei romanzi e nei film, gli autori si adeguano in modo spudorato «alla suadente musica di questi astuti orchestrali che tutto hanno a cuore tranne il bene dell’umanità». Basterebbe considerare (ma non vale certo la pena leggerlo) il romanzo Spatriati di Mario Desiati, fresco vincitore del Premio Strega: una storia di corruzione, incertezza e sconcia libidine, specchio sconfortante dei nostri giorni, che rispetta fedelmente il mainstream imperante. La promessa dei “pifferai” è quella di raggiungere una felicità assoluta, considerata come un diritto inalienabile dell’individuo, eppure di felicità in giro ce n’è davvero poca.

«Piuttosto vediamo crescere intorno a noi una disperazione cupa e confusa», riconosce con preoccupata sincerità la Tamaro. Siamo segnati da un’ombra oscura che lei attribuisce alla «convinzione ormai diffusa che noi non siamo altro che materia». Materia di cui si può disporre senza alcuna remora etica. Il mito della scienza ci accompagna in un delirio di onnipotenza che ha cancellato l’idea di destino e persino quella della morte dal nostro orizzonte. Anziani che non hanno più il diritto di invecchiare, e giovani che non sanno più a chi fare la domande: il fluire della vita privo di senso non può che portare all’angoscia, ora che la prospettiva dell’eterno è stata cancellata. Perché la baldanza ottusa di chi predica un’estensione infinita e irragionevole dei propri desideri, fino all’orrore della gestazione per altri («la più sofisticata e atroce forma di schiavismo inventata dalla modernità»), smaschera la falsità di un amore che non può certo riferirsi al bene di chi nasce. Quando il nuovo nato si guarderà allo specchio si chiederà: «A chi appartengono questi occhi, questo volto? Cos’è questa nostalgia che divora il mio cuore?». E cosa potrà provare quando scoprirà che il suo ovulo – all’origine della sua vita – «è stato selezionato su un catalogo come le vendite per corrispondenza? Cosa proverà per la sua madre genetica – magari una brillante studentessa di Harvard scelta per le sue elevate qualità fisiche e intellettuali – che l’ha venduto al miglior offerente, come si faceva al mercato degli schiavi? E che sentimenti proverà per quella donna di qualche oscura parte del mondo che l’ha portato dentro di sé per nove mesi lasciando in lui un’impronta genetica incancellabile?».

Domande scomode, che Susanna Tamaro ha la temerarietà di porre ma che nessuno vuole ascoltare. Le osservazioni dell’autrice triestina nascono da un autentico spirito religioso. «La domanda sul destino è la domanda stessa sul nostro compimento», riflette. «Chi siamo» vuol dire: qual è la relazione che mi genera? Dove relazione non è semplicemente quella dei nostri genitori, ma quella più vasta che ci lega allo stesso tempo al mistero del cielo e alla concretezza della terra. Questa prospettiva di apertura e profondità è il dono che ci offre l’autrice di Va’ dove ti porta il cuore, insieme con la denuncia dei luoghi comuni che stanno uccidendo la bellezza della nostra umanità. Si appella persino al «buonsenso», questo sconosciuto dell’epoca moderna. Proponendo però anche un amore all’uomo e alla natura che ci conquistano, perché tendere al bene, al bello e al giusto è un desiderio incancellabile del nostro cuore. Tanto che il libro si conclude con una tenerissima ma perspicace Lettera a Gesù Bambino: è l’unica strada per invertire davvero la rotta verso l’abisso che l’umanità – inebetita dai nuovi pifferai magici – sembra aver imboccato con grande incoscienza.