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La sfida del papato che verrà e l'islam a casa nostra

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Fra le sfide che il nuovo Pontefice dovrà affrontare, c’è senz’altro quella dei rapporti con l’islam “a casa nostra”, cioè in quegli Stati che oggi stanno assistendo al sorpasso dei fedeli musulmani. Come l'Austria, dove nelle scuole la confessione islamica è ormai maggioranza. 

Editoriali 30_04_2025

Fra i tanti temi scottanti che il nuovo Pontefice di Santa Romana Chiesa dovrà affrontare, c’è senz’altro quello dei rapporti con l’Islam “a casa nostra”, cioè in quegli Stati che erano tradizionalmente cristiani e che oggi, vuoi per la paganizzazione diffusa, vuoi per il crollo demografico delle nascite, stanno assistendo al sorpasso da parte dei fedeli musulmani. Si tratta di un problema diffuso ormai in tutto il continente Europeo, ma che in alcuni paesi assume le caratteristiche di una vera e propria emergenza, andando a interessare, di volta in volta, diversi aspetti della vita sociale.

Emblematico è quanto sta accadendo, ad esempio, nella vicina Austria, che un tempo era un baluardo della cristianità europea. Apprendiamo da un articolo pubblicato in questi ultimi giorni (“Vienna, così l’Islam conquista le scuole”, Libero 27 aprile 2025) che nelle scuole elementari e medie di Vienna gli studenti di confessione islamica sono ormai la maggioranza, avendo toccato il 41,2%, a fronte di una percentuale di cristiani del 34,5% composta da cattolici e ortodossi e di un 23% circa di studenti senza religione.

Di non secondaria importanza è la constatazione che, rispetto allo scorso anno, la percentuale di alunni musulmani è aumentata di quasi 2 punti. Nel 2016/17 gli studenti cattolici erano il gruppo religioso più consistente, rappresentando il 31% della comunità studentesca delle scuole elementari e medie rispetto al 28% dei musulmani, ma in questi ultimi anni l’aumento di alunni islamici è stato esponenziale, a dimostrazione di un trend di crescita che si mostra ormai inarrestabile.

Le conseguenze sul piano dei rapporti di forza all’interno delle comunità scolastiche non si sono fatte attendere: secondo il quotidiano più letto nel Paese, il Kronen Zeitung, «i giovani musulmani di Vienna non solo sono in media significativamente più religiosi, ma adottano anche atteggiamenti più discriminatori, come l’antisemitismo, l’ostilità verso le persone omosessuali e il rifiuto della parità tra uomini e donne». Ci sono persino alunni che decidono di avvicinarsi all’islam per evitare di essere molestati dai loro compagni musulmani, casi di minacce per aver “insultato Maometto” ed episodi di distruzione di crocifissi e Bibbie.

Un piano inclinato che riguarda non solo l’ambito educativo, ma che può arrivare a coinvolgere persino le massime istituzioni e gli organi legislativi, andando a modificare profondamente il volto dei nostri paesi e l’identità dei nostri popoli. Se ne stanno rendendo conto, con crescente preoccupazione, paesi come il Belgio, la Svezia o la stessa Francia; ma anche dove ancora (per adesso) non esiste una maggioranza islamica, già si intravvede all’orizzonte il medesimo destino.

Nel nostro paese, al riguardo, si moltiplicano gli episodi di riverenza quando non, addirittura, di sudditanza psicologica con trattamenti di favore nei confronti dei musulmani, ai quali si concedono spazi e diritti normalmente preclusi ad altri o comunque non previsti dalla vigente legislazione. A Monfalcone, ad esempio, accade che ad alcune ragazze sia consentito di indossare il niqab (il velo integrale) nelle ore scolastiche: vengono identificate all’ingresso mattutino in una stanza appartata da una bidella e poi si coprono, mostrando di sé solo gli occhi. Oppure, in barba ad ogni regolamentazione scolastica nazionale, si è accordata (o, meglio, accettata supinamente) anche quest’anno la chiusura della scuola a Pioltello in occasione della fine del Ramadan (l’avevamo previsto in un altro articolo), insieme a  concessioni di spazi all’interno delle scuole per raccogliersi in preghiera. Ma si potrebbero citare molti altri casi analoghi.

Si sta gradualmente realizzando, in sostanza, quel processo di sostituzione etnica paventato in questi ultimi anni da numerosi analisti e irriso puntualmente dai partiti di sinistra, che accusano di complottismo chi ne parla. La conferma che non si tratta affatto di complottismo, tuttavia, è nella parole stesse di un autorevole personaggio musulmano, che in occasione di un incontro ufficiale sul dialogo islamo-cristiano, rivolgendosi ai partecipanti cristiani, disse a un certo punto con calma e sicurezza: «Con le vostre leggi vi invaderemo e con le nostre vi domineremo».

Come andrà a finire non è dato saperlo, però in mancanza di una inversione di tendenza possiamo ipotizzare che tra qualche anno occorrerà chiedere il permesso per non indossare in niqab o per non partecipare al Ramadan (permessi che probabilmente saranno negati…).

Il prezzo da pagare per questa “intercambiabilità”, solo teoricamente foriera di pacifica convivenza, però, sarebbe nel migliore dei casi una Europa che ha abbandonato Cristo e smarrito definitivamente il proprio volto. Per questo, tornando ai temi scottanti che il nuovo Papa dovrà affrontare, di cui si diceva all’inizio, si prefigura l’urgenza di una nuova evangelizzazione del continente Europeo, sempre più invaso dalla immigrazione da paesi islamici ed immerso, da parte sua, nel nulla del relativismo e dell’indifferentismo religioso. Come profeticamente disse l’allora arcivescovo di Bologna Giacomo Biffi, infatti, in occasione di un Seminario della Fondazione Migrantes, il 30 settembre 2000, «Ciò che mi pare senza avvenire è la “cultura del niente”, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale, che sembra essere l'atteggiamento largamente dominante nei popoli europei, più o meno tutti ricchi di mezzi e poveri di verità. Io penso che l'Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana».