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OPERAZIONE SPECIALE

La Russia invade, si apre la prospettiva di due Ucraine

Attacco scattato all'alba, manovra a tenaglia. L'obiettivo dichiarato è limitato, lo scenario più probabile è al momento che la Russia completi la conquista delle province filo-russe creando un corridoio che le unisca alla Crimea. Ma il conflitto costerà caro pure all'Europa.

Esteri 25_02_2022

Occorrerà vedere gli sviluppi sul campo di battaglia ma “l’operazione speciale” annunciata e poi scatenata da Vladimnir Putin alle prime luci del 24 febbraio avrà un impatto formidabile sull’Europa oltre che sull’Ucraina. Un’Europa, o forse un intero Occidente, ormai incapaci di fare i conti con lo stesso concetto di guerra, emergono spiazzati dall’offensiva russa, tutto sommato limitata per il momento come sembrerebbe dimostrare anche il limitato numero di perdite tra militari e civili ammesso dai contendenti.

Putin ha negato di voler invadere l’intera Ucraina, anche se vengono segnalati reparti di paracadutisti che avrebbero preso il controllo di un aeroporto a 40 chilometri dalla città di Kiev. Mentre fanti di Marina russi hanno compiuto incursioni nei porti di Mariupol e Odessa per neutralizzare i pochi mezzi da combattimento della Marina ucraina e le batterie costiere di missili antinave che avrebbero potuto sfidare la Flotta russa del Mar Nero.

Nonostante queste incursioni a ovest del Dnepr, resta improbabile che il Cremlino punti a occupare e controllare nel tempo l’’intera nazione più povera d’Europa, con 44 milioni di abitanti in parte ostili a Mosca e che andrebbero poi mantenuti economicamente e tenuti sotto il tallone dell’occupazione impegnando centinaia di migliaia di poliziotti e soldati.
I costi di un’occupazione di queste dimensioni potrebbero risultare insostenibili per una Russia, 12° potenza economica mondiale per PIL ma in difficoltà e soggetta a sanzioni che verranno ora ulteriormente implementate.
Certo si tratta di sanzioni che finiranno per continuare a penalizzare pesantemente anche l’Europa, in base al principio ormai assodato che gli Stati Uniti tendono a imporre sanzioni alle nazioni con cui (loro) non commerciano.

Dopo il riconoscimento delle regioni di Donetsk e Lugansk, il Cremlino poteva limitarsi a incassare il successo di aver reso inattaccabili da parte di Kiev le énclaves dei separatisti russi: invece con l’attacco che sul fronte terrestre sembra concentrarsi tra il Donbass, la Crimea e il Mare d’Azov, punta ora  a consolidare le posizione dei secessionisti nelle regioni (che Mosca ha riconosciuto come repubbliche) di Donetsk e Lugansk che fino a mercoledì risultavano per oltre la metà dell’estensione sotto il controllo ucraino.

L’obiettivo “dell’operazione militare speciale” sembra essere quindi quello di completare la conquista di queste regioni per confermare il controllo sull’Ucraina russofona, creando una continuità territoriale tra la Crimea e il Donbass. Successi come quelli conseguiti attaccando dalla Crimea, hanno portato i russi a raggiungere il fiume Dnepr a sud: un segnale che potrebbe indicare l’aspirazione di costituire un’Ucraina fedele a Mosca est del corso d’acqua, di fatto spezzando in due la nazione.

Le incursioni aeree e missilistiche che hanno portato (secondo il ministero della Difesa russo) alla distruzione di 74 infrastrutture militari tra cui 11 aeroporti, postazioni radar della difesa aerea e centri di comando e controllo, potrebbe indicare da un lato la ormai ridotta capacità ucraina di contrastare la superiorità russa nei cieli e sui campi di battaglia e dall’altro la precisa volontà di umiliare il governo di Kiev per favorirne la caduta e il “ricambio” con un esecutivo meno allineato con USA, NATO e UE.

Gli ucraini del resto dovrebbero essere ormai ben consapevoli che né gli USA né la NATO invieranno proprie truppe a combattere i russi e sembrano così destinati a pagare il prezzo dell’incapacità dell’Occidente (e soprattutto dell’Europa) di cogliere l’urgenza con cui Mosca ha presentato le sue stringenti esigenze di sicurezza: dall’ampliamento a est della NATO, alla presenza militare di consiglieri militari americani e alleati in Ucraina alle basi missilistiche americane in Polonia e Romania.

Il presidente russo da un lato ha precisato che «i nostri piani non sono di occupare l’Ucraina, non intendiamo imporci a nessuno», ma dall’altro ha ammonito che «la Russia, dopo il crollo dell’Urss e la perdita di una parte significativa del suo potenziale, resta una delle potenze nucleari più potenti del mondo e, inoltre, è in vantaggio nello sviluppo di una serie di armi di ultima generazione. Nessuno dovrebbe avere dubbi sul fatto che un attacco alla Federazione Russa porterà alla sconfitta di chi l’aggredisce».