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IMMIGRAZIONE

La parola a un trafficante di uomini. "Solo un business, ma molto redditizio"

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Il piano Albania ha incontrato un primo ostacolo: la magistratura. Ma qualcosa si dovrà fare per l'emigrazione illegale, un business multi-miliardario gestito da organizzazioni criminali che spostano masse di uomini da un continente all'altro.

Attualità 30_10_2024
L'ultima tratta (La Presse)

Il Piano Albania ha incontrato un primo ostacolo. I primi emigranti illegali provenienti da paesi sicuri, per i quali è quindi prevista una procedura più semplice, per l’esame della loro richiesta di asilo, sono rimasti poche ore nel centro di Shengjin allestito dal governo italiano. Un giudice del tribunale di Roma non ha convalidato il loro trattenimento lì con la motivazione che né l’Egitto né il Bangladesh, i due paesi dai quali provenivano, sono sicuri.

Bangladesh ed Egitto non sono in cima all’elenco dei paesi con la migliore qualità della vita – che ai primi tre posti vede Svizzera, Giappone e Stati Uniti e l’Italia 15esima – e neanche in cima a quello dei paesi più sicuri – Norvegia, Canada e Australia… – ma non sono neanche in condizioni tali da rende vitale fuggirne e chiedere asilo. Eppure sono due dei paesi dai quali provengono più emigranti illegali. Dall’inizio dell’anno sono arrivati in Italia 11.080 bengalesi (i più numerosi, seguiti dai siriani, 10.554 e dai tunisini, 7.289). Gli egiziani, 3.629, sono quarti. Tra i primi dieci paesi per numero di arrivi c’è anche il Gambia, incluso nell’elenco dei paesi sicuri. Sommando anche i gambiani, gli emigranti illegali e quindi i richiedenti asilo arrivati dall’inizio del 2024 da questi quattro paesi classificati come sicuri sono 23.293 su un totale di 55.049, pari a poco più del 42%. È un dato che deve far riflettere. Conferma infatti ciò che il numero delle richieste di asilo esaminate e respinte dalle nostre autorità dimostra, vale a dire che quelle immotivate sono davvero tante, la maggior parte, ed è giusto denunciarlo e prendere provvedimenti.

Ma l’elenco dei dieci Stati dai quali partono più emigranti fornisce un altro dato molto interessante sul quale vale la pena soffermarsi. Si parla praticamente sempre e solo di emigranti africani. Dei 19 paesi definiti sicuri, nove sono africani. Lo stesso Piano Mattei formulato dal nostro governo, e che ha come obiettivo primario contenere l’emigrazione illegale, è tutto rivolto all’Africa. Invece moltissimi emigranti provengono in realtà da paesi asiatici. Dall’inizio del 2024 i soli emigranti dei tre paesi asiatici che figurano tra i primi dieci per numero di arrivi – oltre al Bangladesh, la Siria (10.554 arrivi) e il Pakistan (2.314) – sono 24.048, pari a oltre il 43%. Lo scorso anno la percentuale era intorno al 40%. Altri emigranti, in percentuali minori, arrivano da Cina, India, Sri Lanka (classificato sicuro), Filippine e altri paesi ancora.

Mentre delle rotte di terra africane si hanno molte notizie, di quelle asiatiche si parla meno. Si sa però che alcune sono tra le più lunghe e un dato certo è che sono anche tra le più costose. Qualche anno fa erano stati stimati i costi dei viaggi illegali organizzati dalle reti criminali alle quali si rivolgono quasi tutti gli emigranti. Da 1.500 a 3mila dollari era la richiesta per il passaggio dalle coste africane a quelle europee, più le spese sostenute per raggiungere dai paesi di origine i punti di imbarco. Dalla Turchia dove si trovano i porti di partenza della maggior parte degli asiatici il costo era ancora più elevato: da 2.500 a 5mila dollari, più quelli necessari per arrivare nel paese.

Gli importi oggi sono più o meno gli stessi, con variazioni che dipendono dalla lunghezza dei percorsi, dalla loro difficoltà e da altri fattori contingenti. Chi sceglie ad esempio di partire dalla Turchia per andare in Italia, evitando la vicina Grecia che ha adottato misure severe nei confronti di emigranti e trafficanti, procedure più rapide per esaminare le richieste di asilo e concentra gli emigranti su alcune isole impedendo loro di raggiungere il continente, spende in media più di 8mila dollari. Più il percorso via terra da coprire è lungo e più aumentano i costi. Per chi parte dai paesi dell’est asiatico i trafficanti chiedono da 15mila a 20mila dollari. Chi ne ha i mezzi  il prezzo sale ad esempio se vuole non dover fare lunghe soste tra una tappa e l’altra del viaggio, imbarcarsi su mezzi più sicuri, non sovraccarichi, dotarsi di un giubbotto salvagente. Anche l’età conta. I minori pagano di meno, di solito.  

È un giro d’affari miliardario che dà lavoro a decine di migliaia di persone: i “titolari” delle organizzazioni e i loro collaboratori che svolgono diverse mansioni, da chi intercetta i potenziali “clienti” fino a chi li sbarca sulle coste europee o li accompagna fino alle frontiere di terra.

La Bbc è riuscita di recente a intervistare un vietnamita che per 20 anni ha lavorato nell’ “industria del traffico di uomini”. Ha acconsentito a spiegare il funzionamento dell’organizzazione di cui ha fatto parte e il compito che vi ha svolto, quello di fabbricare documenti falsi: estratti conto, buste paga, fatture fiscali e qualsiasi altro documento richiesto dalle ambasciate europee per concedere un visto. «Il mio era un piccolo ruolo in un processo molto più grande – ha raccontato – avevo molti clienti. A seconda dell'ambasciata, fornivamo estratti conto falsi o altro. Innanzitutto, li inviavamo online. Se alcune ambasciate avevano bisogno di verificare con le banche, allora mettevamo denaro reale su un conto bancario. Avevamo accordi con il personale di alcune banche. I clienti non potevano accedere al denaro da soli, ma il personale della banca mostrava i dettagli falsificati al personale dell'ambasciata. Abbiamo lavorato con molti tipi diversi di banche».

Richiesto di un giudizio sui trafficanti, «non forziamo nessuno a fare quello che fa – ha detto – (gli emigranti) ci chiedono aiuto, come farebbero con qualsiasi altra azienda. La nostra non è tratta di esseri umani. Se hai una buona reputazione i clienti ti cercano, vengono loro. Non posso giustificare le violazioni della legge che ho commesso. In fondo il nostro è solo un business, ma è un business molto redditizio».