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l'intervista / comastri

La nostra speranza è Dio entrato nella bufera della storia

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La pace o la disperazione? Parlano da soli i fatti esposti nel libro Il Natale dei Santi e degli atei dal cardinale, che a La Bussola commenta «la lezione di Betlemme». Chi l'ha appresa, preparando il cuore ad accogliere Gesù, ha trovato la vera gioia. 

 

Ecclesia 17_12_2025
LEONARDO PUCCINI - imagoeconomica

Prende spunto dagli incontri del Verbo fatto carne con Teresa di Lisieux, Francesco d’Assisi, Papini, Claudel, Sartre e Malaparte l’ultimo volume del cardinale Angelo Comastri – Vicario generale emerito di Sua Santità per la Città del Vaticano – Il Natale dei Santi e degli atei (OasiApp 2025, pp. 109). Un libro ricco di aneddoti significativi che ricordano che famiglia, povertà e umiltà sono «la lezione di Betlemme». Si tratta infatti anzitutto di custodire il cuore dall’orgoglio affinché riconosca la propria miseria e, illuminato dalla grazia, accolga quale suo frutto quella vera pace per sé e per i fratelli che scaturisce soltanto da Cristo. La Nuova Bussola ha intervistato in esclusiva il Cardinale Angelo Comastri per accogliere le sue parole preziose sul mistero dell’Incarnazione.

Nell’introduzione al suo volume, riprendendo la Tertio Millennio Adveniente di San Giovanni Paolo II, Lei scrive: «Ecco perché c’è speranza, ecco perché non abbiamo paura, qualsiasi cosa accada, perché noi crediamo e sappiamo per fede che Dio si è fatto vicino, Dio è entrato nella nostra storia e allora questa storia è carica di speranza».
Confermo pienamente queste parole. Cioè confermo la speranza che nasce dalla certezza che non siamo soli nella bufera della storia umana. Storia che, secondo il pensiero di Norberto Bobbio, è diventata un vero mattatoio, una continua guerra. Dio è entrato dentro la nostra storia violenta e la sta spingendo verso la vittoria finale dei buoni, dei miti, degli umili e dei puri di cuore. Chi non ha questa certezza è disperato. Penso a Indro Montanelli che disse: «Se devo chiudere gli occhi senza sapere da dove vengo e dove vado e cosa sono venuto a fare in questa terra…valeva la pena che aprissi gli occhi? La mia è una dichiarazione di fallimento!». Noi cristiani sappiamo da dove veniamo e dove andiamo. La fede illumina il nostro cammino. Penso anche a Ernest Hemingway che trasformò il Padre Nostro in un inno disperato al nulla. Scrisse così: «O nulla, che sei nel nulla, sia nulla il tuo nome, nulla la tua volontà! Dacci oggi il nostro nulla quotidiano! Ave nulla che sei nel nulla». Nonostante il successo, ha avuto il Nobel per la Letteratura e tanti altri premi. Aveva soldi a palate, ma anche disperazione a palate. Il 2 luglio 1961 all’età di 62 anni si è sparato un colpo di rivoltella in bocca. Non si può vivere di nulla. San Francesco invece ha cantato l’inno alla bellezza della creazione: «Laudato sii mio Signore». Madre Teresa ha esclamato: «Mi potrebbe scoppiare il cuore per troppa contentezza». Non avevano niente, ma avevano Dio nel cuore. E Dio è tutto.

Quale Natale, tra le figure dei santi e degli atei di cui racconta, custodisce in modo speciale nel cuore?
Mi ha colpito la trasformazione di Curzio Malaparte. Era scandalizzato dal modo con cui i cristiani vivono il Natale. Disse: «Tra pochi giorni è Natale e già gli uomini si preparano alla suprema ipocrisia. Perché nessuno di noi ha il coraggio di dirsi che il secolo, il mondo non è mai stato così poco cristiano come in questi anni? Perché nessuno di noi osa riconoscere che la magniloquenza degli uomini politici, la grande parata dei sentimenti evangelici, le processioni dei falsi devoti servono soltanto a nascondere questa terribile verità: che gli uomini non sono più cristiani, che Cristo è morto nell’anima dei suoi figli, che l’ipocrisia è discesa dalla politica fin nella vita sociale, familiare e individuale? Non ci importa nulla di chi soffre; non facciamo nulla per impedire la sofferenza, la miseria, il male, il delitto, la violenza, la strage; stiamo cheti e zitti e festeggiamo il Santo Natale... Vorrei che il giorno di Natale il panettone diventasse carne dolente sotto il nostro coltello e il vino diventasse sangue e avessimo tutti per un istante l’orrore del mondo in bocca. Vorrei che il giorno di Natale i nostri bambini ci apparissero all’improvviso come saranno domani, fra alcuni anni, se non oseremo ribellarci contro il male che ci minaccia. Poveri corpi straziati, abbandonati nel fango rosso di un campo di battaglia. Vorrei che la notte di Natale in tutte le chiese del mondo un povero prete si levasse gridando: via da questa culla, ipocriti, bugiardi, andate a casa vostra a piangere sulle culle dei vostri figli. Se il mondo soffre è anche per colpa vostra, che non osate difendere la giustizia e la bontà e avete paura di essere cristiani fino in fondo. Via da questa culla, ipocriti. Questo bambino, che è nato per salvare il mondo, ha orrore di voi». Ma alla fine Curzio Malaparte ha aperto il cuore a Gesù. Ha ricevuto il Santo Battesimo un mese prima di morire ed è morto dicendo: «Voglio andare da Gesù». È morto stringendo il Crocifisso tra le mani».

Dunque, qual è «la lezione di Betlemme»?
Dio è Amore e soltanto da Dio si impara l’amore vero. Oggi tante persone non sanno più amare. Penso alle parole del figlio di John Lennon. Egli ha detto: «Mio padre cantava sempre l’amore e parlava sempre di amore ma mio padre non ha mai amato nessuno. Non ha amato la mia mamma e non ha amato neanche me, perché mio padre era incapace di amare». Quante persone oggi sono così.

Come meditare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio in quella notte santa con gli occhi, i sentimenti e il cuore della Madre?
Paradossalmente Sartre, ateo, ha scritto una pagina meravigliosa in cui descrive ciò che la Madonna provò quando diede alla luce Gesù. Sentite cosa ha scritto: «La Vergine è pallida e guarda il bambino [...] il Cristo è il suo bambino, la carne della sua carne, e il frutto del suo seno. L’ha portato nove mesi e gli darà il seno e il suo latte diventerà il sangue di Dio [...] Lo stringe nelle sue braccia e dice: “Piccolo mio!”. Ma in altri momenti, rimane interdetta e pensa: “Dio è là”, e si sente presa da un orrore religioso per questo Dio muto, per questo bambino terrificante [...] Lo guarda e pensa: “Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne [...] È Dio e mi assomiglia. E nessuna donna ha avuto dalla fortuna il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolo che si può prendere in braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che vive”». Un ateo ha scritto così!

Qual è il suo augurio di un Santo Natale per i nostri lettori, affinché ciascuno possa essere «culla di Dio»?
Nel Natale del 1955 Giovanni Papini si chiedeva: «Ma come facciamo a sapere che il nostro cuore è pronto ad accogliere Gesù che vuol nascere dentro di noi?». E rispondeva lucidamente: «Se abbiamo capito che la felicità non si compra coi soldi, se abbiamo capito che non si diventa grandi salendo sui piedistalli, se sentiamo dentro di noi un bisogno irresistibile di fare del bene tendendo la mano a chi soffre, se siamo pronti ad asciugare una lacrima anche sul volto del nostro peggiore nemico, allora il nostro cuore è pronto, Gesù verrà, e sarà Natale, Natale veramente, e sentiremo subito un’inondazione di gioia che nessun divertimento può dare». A tutti auguro che sia così il loro Natale!



La riflessione

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La solennità

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L'OMELIA

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