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IL REPORT SULL'ITALIA

La falsa lezionicina Onu sull'aborto

Il comitato diritti umani dell'Onu ci tira le orecchie persino sul trattamento che riserviamo in carcere ai mafiosi, ma è sul gender e sull'aborto che sconfina nel ridicolo. Come quando dice che l'aborto clandestino aumenta per colpa dei medici obiettori. Ma i dati del ministero dicono l'esatto contrario: nelle cliniche dove c'è la più alta concentrazione di obiettori, c'è anche il più rapido accesso alla pratica. Non manca la lezionicina sull'Italia cattolica che non accetta l'aborto come diritto umano. Una reprimenda dal vago sapore cinese...

Vita e bioetica 30_03_2017

Il Comitato dei diritti umani dell’Onu il 23 marzo scorso ha stilato una serie di raccomandazioni per il governo italiano dopo aver esaminato a fondo un report concernente la tutela dei diritti umani che l’Italia, come periodicamente è tenuta a fare, aveva sottoposto all’attenzione del Comitato.

L’Onu ha tirato le orecchie a noi italiani per molti motivi. Andiamo ad analizzarne qui alcuni, sebbene altri siano di notevole interesse: ad esempio le nostre forze dell’ordine non utilizzerebbero sempre i guanti bianchi con gli immigrati e il 41 bis –  articolo di legge che prevede il carcere duro – sarebbe per l’appunto troppo duro non permettendo ad esempio che il carcerato possa interloquire con la rimanente popolazione carceraria facendo così felici altri mafiosi desiderosi di ricevere ordini dal proprio boss dietro le sbarre.

Concentriamoci invece su due temi: gender e aborto. In merito al primo aspetto l’Onu si compiace del varo della Cirinnà, ma si lamenta che l’Italia non abbia predisposto strumenti congrui per combattere “le discriminazioni di genere”, strumenti che potrebbero avere anche natura legislativa (n. 9). In parola povere ci si lamenta che non ci sia ancora una legge sulla “omofobia”. Più in particolare occorrerebbe prevedere strumenti giuridici per contrastare i cosiddetti “hate speech”, i discorsi d’odio a danno di persone omosessuali e transessuali (n. 10). Anche qui traduciamo: affermare che l’omosessualità è contro natura e che un maschio dovrebbe comportarsi da uomo potrebbe essere qualificato tranquillamente come discorso d’odio. In breve quasi tutte le affermazioni di buon senso sulla sessualità potrebbero essere così rubricate.

Dato che all’Onu piace l’incoerenza ecco quale è l’invito a noi italici rivolto dagli inquilini del Palazzo di vetro: “Lo Stato dovrebbe depenalizzare la bestemmia” (n. 39). Tale illecito infatti in Italia è punito con una sanzione amministrativa ex art 724 cp. Il lettore avrà già colto l’incongruenza: se esprimi un’opinione legittima ma negativa sull’omosessualità per l’Onu sarebbe da punire perché affermazione offensiva, se qualcuno bestemmia Dio dobbiamo permetterglielo perché non solo non è condotta offensiva, ma rappresenta una particolare applicazione della “libertà di opinione ed espressione” (n. 39). Due pesi e due misure perché negli ultimi tempi la vera divinità da adorare è l’omosessualità.

Altra reprimenda: non è permesso alle coppie omosex di adottare, né di accedere alla fecondazione artificiale ex art. 5 l. 40/2004 e i minori non sono tutelati pienamente nelle “famiglie omosessuali” (n. 10). Che il governo italiano provveda diversamente.

Passiamo all’aborto. Il documento Onu al n. 16 così si esprime: “Il Comitato è preoccupato per le difficoltà segnalate nell’accesso all’aborto legale a causa dell'elevato numero di medici che si rifiutano di effettuare aborti per motivi di coscienza, nonché per la distribuzione degli stessi in tutto il Paese, la cui risultante è un numero significativo di aborti clandestini in corso”. Al numero 17 dopo le preoccupazioni da brava matrigna seguono i consigli (che non si possono rifiutare): “Lo Stato dovrebbe adottare misure necessarie per garantire il libero e tempestivo accesso ai servizi abortivi legali sul suo territorio, anche prevedendo un sistema di riferimento efficace per le donne che sono in cerca dei servizi abortivi”. Qualche considerazione.

In primo luogo saremmo assai felici nel constatare che la presenza dei medici obiettori è di ostacolo alle pratiche abortive. Così come siamo felici nell’apprendere che alcuni “giusti” durante il nazismo riuscirono a salvare parecchi ebrei dalla morte sicura nei campi di concentramento.

In secondo luogo, come più volte abbiamo dato prova qui, qui, e qui il numero di obiettori non intralcia l’immediato accesso all’aborto, le cliniche dove si registra una maggiore concentrazione di medici obiettori sono per paradosso le strutture che prima soddisfano la domanda abortiva (ciò a testimonianza che le tempistiche non dipendono dal numero di obiettori, ma da altri fattori organizzativi), il carico di lavoro abortivo settimanale è bassissimo per ogni medico, inoltre è in costante diminuzione ed infatti i tempi di attesa si accorciano.

Questo lo dicono i vari report sullo stato di attuazione della legge 194 del Ministro della Sanità, una indagine sul territorio nazionale promossa ad hoc dal medesimo ministero e una ricerca del Comitato nazionale di bioetica, organo consultivo del governo. Aggiungiamo che ad oggi il numero di vertenze giudiziarie promosse per mancato aborto laddove fosse stato richiesto ammontano a zero. Inoltre l’Onu non fornisce prova né che gli aborti clandestini siano aumentati (ma se sono clandestini come si fa a contarli? Andremmo solo a spanne) né che esista una correlazione causa-effetto tra numero di obiettori e aborti clandestini. Dichiarare infine che le donne che vogliono abortire non sanno dove andare è affermazione lunare. Insomma si parla a vanvera perché si mente sapendo di mentire. Dunque il monito made in Onu è platealmente di impronta ideologica e con buona probabilità è nato da un’imbeccata di qualche nostro politicante abortista che ha libero accesso ai piani alti.

Un’altra postilla. Dato che fulmini e saette contro il mancato accesso alle pratiche abortive proviene dal Comitato per i diritti umani ciò sta significare che l’aborto è considerato dall’Onu un diritto umano. Ma secondo quale trattato o dichiarazione dei diritti fondamentali? Non è dato di sapere.

Questa recente reprimenda del Comitato è comunque assolutamente coerente con l’atteggiamento che da tempo l’Onu assume nei nostri confronti sull’argomento aborto. Infatti nei registri Onu esiste un file in cui tutti i Paesi del mondo sono schedati in merito alla facilità con la quale si accede all’aborto (ringrazio Lorenzo Schoepflin per la segnalazione). Ecco che cosa si dice dell’Italia: “L’obiezione di coscienza è parzialmente responsabile di molte delle difficoltà nella disponibilità dei servizi abortivi. Inoltre, una delle ragioni principali [che rende l’accesso all’aborto difficoltoso] è la forte influenza della Santa Sede. Quando la legge n. 194 fu approvata, la Santa Sede immediatamente avvertì che qualsiasi persona che avesse effettuato un aborto e ogni donna che avesse abortito sarebbero state scomunicate. A causa della pressione politica esercitata dalla Chiesa cattolica sui membri della Democrazia Cristiana e del timore di alcuni medici che la loro pratica medica sarebbe consistita per la gran parte delle prestazioni nel praticare aborti, quasi il 70 per cento dei medici in Italia e una maggioranza di altri operatori sanitari hanno invocato l’obiezione di coscienza. La situazione è più drammatica nel sud Italia, dove in alcune regioni la percentuale di medici che ricorrono all’obiezione di coscienza supera il 90 per cento. In molti ospedali più piccoli non c’è personale disposto a eseguire un aborto. A causa della elevata percentuale di ginecologi che sono obiettori di coscienza e la mancanza di strutture ospedaliere, in alcune zone d'Italia il ritardo tra l'emissione di un certificato e l'intervento è di almeno tre settimane”. Non potevamo che finire nel solito stereotipo: la colpa è tutta dei cattolici e della Chiesa che manco più dovrebbe esercitare un suo diritto legittimo come quello della scomunica.

Il file così continua: “Inoltre, non tutte le aree hanno centri di pianificazione familiare, come previsto dalla legge del 1975. Programmi di educazione sessuale non sono presenti nelle scuole e il governo non ha programmi speciali per la pianificazione familiare; due terzi delle donne a livello nazionale o non utilizzano contraccettivi o fanno affidamento sui metodi tradizionali meno affidabili”.

In sintesi siamo trattati dall’Onu come superstiziosi trogloditi che si affidano al coito interrotto. La via d’uscita per questo paese in via di sviluppo abortivo è la Cina in quanto a pianificazione familiare ed adottare una ricetta semplice semplice: più contraccezione, più aborti e meno obiettori.