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LA DEVOZIONE

La Divina Misericordia è la fine del mondo

La Misericordia non è un sentimento, è una persona, anzi: Tre. È la Santissima Trinità che ci offre l’“ultima tavola di salvezza” - dice il Signore a santa Faustina - così da unirci alla morte e risurrezione di Gesù. Il culto della Divina Misericordia, che significa lotta al peccato, è dunque questione di vita e di morte: è “la fine del mondo” e, insieme, il fine del mondo.

Editoriali 19_04_2020

Il 28 luglio 1934 la penna di una giovane suora polacca si intinge nel calamaio e comincia a scrivere su un quadernetto a quadretti: “La Misericordia Divina nell’anima mia”. È suor Faustina Kowalska che inizia ad annotare il suo passato, la sua vita interiore e i suoi incontri con Gesù: “Devo scrivere di te, o imperscrutabile nella tua misericordia… O Dio, può forse la penna descrivere cose per le quali talvolta non esistono nemmeno le parole? Ma, o Dio, mi ordini di scrivere; questo mi basta”.

La Misericordia divina non è un sentimento, è una persona, anzi sono le Tre Persone divine. Sì, la Santissima Trinità è Misericordia: il Padre che è fedele al suo eterno amore ci ama e a noi si dona nel Figlio suo unigenito per la potenza dello Spirito. Questa Misericordia è per sempre, è eterna; mediante essa la nostra esistenza e la storia del mondo sono unite alla morte e alla risurrezione del Cristo.

Pagina dopo pagina, suor Faustina scrive di quella Misericordia divina che colma l’abisso che separa il Creatore dalla creatura: è questa l’ultima tavola di salvezza – sono le parole di Gesù – offerta all’umanità, cioè il rifugio della sua Misericordia, poi sarà il giorno tremendo della Giustizia. La questione si fa seria perché la salvezza è una cosa seria: la vita eterna è eterna sia nella gloria che nella dannazione e la vita eterna si decide qui in terra, si decide adesso. La Misericordia divina è il salvagente dato al naufrago: “Figlia mia di’ che sono l’amore e la Misericordia in persona… Io desidero che vi sia una festa della Misericordia… le anime periscono nonostante la Mia dolorosa Passione… se non adoreranno la Mia Misericordia periranno per sempre”.

Un episodio, tra i tanti, della vita di santa Faustina ci aiuta a comprendere la portata “rivoluzionaria” della Misericordia divina. Durante l’Ora Santa di giovedì 13 luglio 1936, suor Faustina ricevette il dono di essere presente nel Cenacolo durante l’Ultima Cena e così di avere una profonda conoscenza del mistero della morte del Signore. Terminata la preghiera, mentre se ne tornava alla sua cella, le fu dato di conoscere quanto Dio fosse offeso da una persona vicina al suo cuore e così si mise subito a mendicare misericordia per quella persona: “Per due ore piangendo, pregando e flagellandomi, mi opposi al peccato e conobbi che la Divina Misericordia aveva preso possesso di quella povera anima. Oh, quanto costa un solo e unico peccato”.

L’insegnamento è chiaro: non si può parlare di misericordia senza lotta al peccato, senza pentimento e conversione. Spesso oggi la misericordia viene invece utilizzata come pretesto per dichiarare il peccato inesistente o al più normalizzato. Capita di frequente di sentir dire “che vuoi, siamo umani!”, come a voler giustificare ciò che invece deve essere smascherato e sradicato perché ci divide da Dio e, dividendoci da Dio, ci divide da noi stessi e dagli altri. Si finisce così di parlare di misericordia a senso unico, senza cioè parlare del pentimento, senza il riconoscimento del nostro peccato, svuotandola così di significato.

Per liberarci dal peccato, Dio si è spinto fino a dare il suo Figlio che si è caricato dei nostri peccati e si è lasciato inchiodare alla Croce. Noi possiamo comprendere il peccato in tutta la sua gravità e potenza distruttrice nella misura in cui ci uniamo all’esistenza e all’espiazione di Cristo attraverso la fede e la conversione. Che cosa sia il peccato ci è diventato chiaro tramite l’opera della Redenzione, guardando fin dove Dio si è spinto per liberarci da esso: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.  Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Gv 3,16-17).

Il mondo che Dio ama è il mondo che sta sotto il potere del maligno (1Gv 5,19) e che per questo ha bisogno di essere salvato; quel mondo che è stato creato per mezzo del Logos ma che non lo ha riconosciuto (Gv 1,10) e che, a motivo della sua situazione di pericolo, è oggetto di un amore divino “moltiplicato”.

Mi verrebbe da dire allora che la Misericordia divina è “la fine del mondo”, nel senso che nella misura in cui il mondo, che ha bisogno di essere salvato, la accoglie, entra finalmente nel Regno di Dio. In questo senso è la fine del mondo e il fine del mondo, cioè il suo compimento. Quando il mondo si incontra con il perdono che scaturisce dal cuore del Crocifisso Risorto come sorgente di Misericordia per noi, entra nella novità del Regno, diventa parte viva di quel Regno di Grazia: “In un'anima che vive esclusivamente del Mio amore – è Gesù che parla – Io regno come in cielo”. A Faustina poi dirà: “Figlia mia, va’, fortificata dalla Mia grazia e combatti per il Mio regno nelle anime umane”.

Il culto della Divina Misericordia non è una devozione secondaria, è tutt’altro che una devozione tra le tante o un che di facoltativo, è questione di vita o di morte: “La Mia Misericordia agisce in tutti i cuori che le aprono la porta; sia il peccatore che il giusto hanno bisogno della Mia Misericordia. La conversione e la perseveranza sono grazie della Mia Misericordia”.  Quanto più abbiamo il coraggio di scendere nell’abisso del nostro nulla, della nostra mancanza di amore a Dio, a causa della quale vengono a noi tutti i mali, allora non possiamo fare altro che ripetere “Gesù, confido in Te”; ma, finché siamo attaccati a noi stessi o all’idolatria delle cose, in esse porremo inevitabilmente la nostra fiducia, sperando invano in una salvezza che non può venire.

Gesù, confido in Te, deve diventare il grido del nostro cuore: la ripetizione di questa invocazione insegnata da Gesù stesso a santa Faustina deve mutarsi in dedizione, in fiducia, la mancanza della quale ferisce e addolora il cuore di Gesù più ancora del peccato.

Che cosa ci riserva il futuro qui sulla terra non ci è dato di saperlo, è certo tuttavia che "l’umanità non troverà pace, finché non si rivolgerà con fiducia alla Divina Misericordia".

Per la Festa della Divina Misericordia, Gesù chiese alla “segretaria della Mia Misericordia” una grande opera di intercessione. Oggi la chiede a ciascuno di noi: “Riunisci tutti i peccatori del mondo intero ed immergili nell'abisso della Mia Misericordia. Desidero darMi alle anime. Desidero le anime, figlia Mia. Nel giorno della Mia festa, nella festa della Misericordia, attraverserai il mondo intero e condurrai le anime avvilite alla sorgente della Mia Misericordia, Io le guarirò e le fortificherò”. Che bello se in tutte le Messe, solo apparentemente “senza popolo”, ogni sacerdote celebrasse con questa intenzione.

I due raggi divini che scaturiscono dal cuore di Gesù ci invitano alla contemplazione della Misericordia eterna e ci additano il compito della Misericordia tra di noi: essere testimoni di Misericordia!

* Sacerdote