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LO PSICODRAMMA GRILLINO

La classe politica non si seleziona con un click

Le bugie del sindaco Raggi e di altri esponenti del Movimento introducono alcune palesi contraddizioni rispetto alla loro rivoluzionaria narrazione e svelano il modesto spessore di un gruppo di cittadini animati da buona volontà, ma incapaci di tradurla in azioni di governo.

Politica 08_09_2016
Il sindaco di Roma Virginia Raggi

Le convulse vicende romane di queste ore, con la giunta Raggi nella bufera e il Movimento Cinque Stelle allo sbando, rimandano al complesso rapporto tra politica e web e alle modalità di selezione della classe dirigente inaugurate dal mondo pentastellato.

Le bugie del sindaco Raggi e di altri esponenti del Movimento introducono alcune palesi e stridenti contraddizioni rispetto alla loro rivoluzionaria narrazione e svelano il modesto spessore di un gruppo di cittadini animati certamente da buona volontà, ma incapaci di tradurla in atti amministrativi e azioni di governo.

Sul piano strettamente morale (ma di questo si parla in un altro articolo), le piroette dei leader del Movimento su avvisi di garanzia, trasparenza e nomine appaiono eclatanti. Se un politico è indagato deve fare un passo indietro e chi sa deve parlare e contribuire, in modo trasparente, a smascherare casi di corruzione o di cattiva gestione della cosa pubblica. Questo è stato per anni il proclama con cui i grillini hanno ciclicamente tuonato contro gli avversari politici, invocando una diversità morale che non trova riscontro nella cronaca di questi giorni a proposito della crisi in Campidoglio.

I partiti tradizionali sono verticistici e autoreferenziali, non dialogano con la base e sono di fatto delegittimati, mentre il Movimento Cinque Stelle si apre all’opinione pubblica e, attraverso l’esaltazione della dimensione orizzontale della comunicazione online, realizza il vero coinvolgimento democratico dei suoi simpatizzanti, che contano davvero, scelgono i loro candidati, esprimono i propri punti di vista, orientano le decisioni di chi li rappresenta.

Neppure questa affermazione, altrettanto discutibile come altre del vasto campionario grillino, sembra oggi tradursi in prassi virtuose, se è vero che i candidati scelti in Rete si rivelano spesso incompetenti e i criteri di selezione appaiono alquanto nebulosi e quasi affidati al caso. Perfino i candidati sindaci come la Raggi sono stati designati in Rete grazie a poche centinaia di click e senza un effettivo accertamento dei requisiti di competenza e capacità che per buon senso sarebbero indispensabili a chi intenda amministrare la capitale.

Il web, dunque, può essere uno strumento agile e innovativo in un’ottica inclusiva, di effettivo coinvolgimento degli iscritti e dei simpatizzanti, chiamati ad esprimere opinioni, a dialogare con i rappresentanti della cosa pubblica, a proporre ricette per la risoluzione dei problemi, ma non può e non deve diventare strumento di disimpegno della classe politica dalle sue responsabilità.

I candidati devono essere scelti nei congressi, nelle piazze, anche ma non solo virtuali, individuati sulla base di programmi, di competenze, di professionalità accertate. Il mito di internet come unico strumento di selezione democratica va sfatato in fretta, anche alla luce di quanto sta succedendo nelle ultime settimane a Roma ed è già successo in altre città guidate dai grillini, a cominciare da Livorno. 

E i mal di pancia di alcuni sindaci come Pizzarotti (Parma) circa la democraticità del Movimento e la rappresentatività delle sue decisioni (vedi attacchi al Direttorio) sono l’ennesima riprova delle difficoltà incontrate da Grillo e i suoi nel tenere unite le truppe e nel selezionare in maniera affidabile il ceto politico chiamato a misurarsi con le sfide quotidiane del governo delle città.

Debole appare la tesi del complotto contro questa forza politica nuova, nata sul terreno dell’antipolitica e impegnata ora a dimostrare maturità nella gestione della cosa pubblica. Di certo i media erano già con i fucili puntati e non vedevano l’ora di crocifiggere i grillini con campagne di stampa forse anche un tantino accanite e ingenerose. A onor del vero, in passato molte testate giornalistiche sono apparse ben più indulgenti nei riguardi del Pd, di Forza Italia e di altri partiti minori come Ncd.

Ma destano comunque clamore gli affondi di Luigi Di Maio e altri esponenti pentastellati contro il sistema dei media, considerato che a smascherare le incongruenze della gestione grillina della capitale sono in molti casi gli stessi giornali che hanno quasi sempre esaltato gli elementi di novità dei Cinque Stelle e concesso ampio spazio alle loro battaglie.

Non è giusto prendersela con i giornalisti solo quando raccontano fatti scomodi e invocare la libertà di stampa in altre situazioni. Il Movimento Cinque Stelle ha certamente innovato la comunicazione politica ma ora deve fare i conti con la realtà e misurarsi sul terreno della coerenza. In questa sfida la Rete sarà la culla del riscatto del Movimento o un killer spietato che lo divorerà?