Kessler, gemellaggio eutanasico con la morte
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Le famose gemelle Kessler si sono suicidate nella loro abitazione a Monaco di Baviera. Avevano stretto un gemellaggio con la morte. Il sospetto che non fossero più capaci di uscire da quel ruolo che così tanta fortuna portò loro. Quasi una gabbia.
Insieme sono nate, insieme han vissuto e insieme sono morte. Ieri le famose gemelle Kessler si sono suicidate nella loro abitazione a Grünwald, vicino a Monaco di Baviera. Avevano 89 anni. A sedici lasciarono la Repubblica democratica tedesca per traferirsi nella Germania dell’Ovest. Volevano diventare ballerine. Questa loro grande passione, unita alla capacità di cantare e recitare, le fecero diventare in breve tempo soubrette apprezzate in tutto il mondo. Per molti anni divennero una presenza iconica anche qui da noi in Italia, sulla Rai (le loro quattro gambe furono le prime gambe scoperte della storia della TV italiana, come amano ripetere tutti i media in queste ore). Ricordiamo Giardino d’inverno e Studio Uno.
In Germania, come da noi, il suicidio assistito è legale a patto che si rispettino alcune condizioni. Perché sono ormai i protocolli, quindi una mera convenzione, a rendere buono ciò che non lo è. Ed una morte protocollata è stata la scelta di Alice ed Ellen le quali avevano stretto un gemellaggio con la morte tempo fa. Infatti nel 2019 ai media italiani avevano dichiarato di aver concluso un patto eutanasico: «Siamo sorelle gemelle e molto legate. Per noi sarebbe impossibile vederci soffrire. Ognuna di noi sarebbe disposta, se necessario, a dare all'altra una pillola, o qualcosa di simile, per porre fine alle sue sofferenze. Dopodiché, l'altra le porrebbe fine da sola. […] Che senso avrebbe per la sorella sopravvissuta continuare a vivere da sola? Sarebbe una sofferenza immensa. Inoltre, dovrebbe aspettarsi problemi legali». D’altronde, aggiunsero, «non siamo religiose».
Nel momento in cui scriviamo non si conoscono i motivi di questo gesto estremo, che da estremo sta diventando sempre più normale. Si sa solo che la polizia tedesca ha iniziato le indagini del caso per escludere altre cause oltre a quella del suicidio assistito.
La morte in coppia di coloro le quali in coppia divennero note in tutto il mondo accende alcune suggestioni estetiche ed etiche. Alice ed Ellen non furono mai due persone distinte, ma una sola persona. Come Qui, Quo, Qua, se la prima iniziava una frase l’altra la finiva. Mai un dissenso pubblico all’interno della dualità ballerina, mai un attrito capace di fratturare il monolite kessleriano: il giudizio dell’una era il medesimo dell’altra. L’una si specchiava nell’altra alla perfezione e il pubblico amava questa gemellarità omnicomprensiva, ossia estesa ad ogni più minuto particolare esistenziale, perché vedeva in loro la quintessenza della perfetta uguaglianza.
Prima di essere qualsiasi altra cosa, Alice ed Ellen erano gemelle. Anzi, erano solo gemelle, nella vita come nella morte. Alice ed Ellen in realtà erano già morte da decenni e al loro posto fu messa dallo star system il fenomeno pop chiamato Gemelle Kessler: un essere a quattro gambe scoperte e bicefalo. Ed è questo fenomeno pop che pensava per loro, decideva per loro, si esibiva a posto loro. Questa unità in duplice copia, questo sistema binario elevato a spettacolo unario (sic) pare fosse diventata per loro un canone esistenziale da rispettare rigidamente, anzi teutonicamente, un copione da interpretare non a due voci, ma all’unisono.
Un brand che per loro divenne uno stile di vita, sia pubblica che privata. Sicuramente l’affiatamento tra gemelli è noto, ma qui si adombra il sospetto che non fossero più capaci o addirittura non volessero più uscire da quel ruolo che così tanta fortuna portò loro. Quasi una gabbia. E questa vita monocorde non poteva che finire in modo simultaneo: con la stessa modalità e allo stesso tempo. In perfetto sincrono come quando ballavano. Speculari quando danzavano davanti al pubblico, speculari quando hanno preso una pastiglia letale davanti alla morte. Pensare ad un finale diverso, avrebbe incrinato l’ideale perfetto della gemellarità. Se muore l’una deve morire anche l’altra.
E qui si scopre quanto le motivazioni che spingono una persona all’eutanasia siano affette dalla più estesa arbitrarietà. Qualsiasi ragione anche delle più irragionevoli è valida per morire. Lo abbiamo ricordato poc’anzi citando quanto detto dalle loro due bocche che in modo omofono avevano dichiarato che sarebbe stato senza senso per l’una vivere senza l’altra. Come sarebbe senza senso dividere a metà una persona e pensare che ciascuna metà possa sopravvivere. Perché, come accennato, non erano più due, ma una e ciascuna era la perfetta metà di questo intero chiamato Gemelle Kessler.
Va da sé che, stando così le cose, dove stava l’una, stava l’altra (vivevano, manco a dirsi, nella stessa casa) e quindi se l’una era ad un passo di danza dalla morte l’altra non avrebbe mai potuto attardarsi. Una stortura del rapporto di fratellanza anche quando si chiama gemellanza, perché l’unione d’affetto non fonde due in uno – questo capita solo nel matrimonio, ma con molti distinguo – non fa eclissare le singole identità a scapito di un’unica identità condivisa, generale, collettiva. E dunque se l’una a torto aveva deciso che era venuto il momento di chiudere il sipario, l’altra avrebbe dovuto tenerlo aperto, sia per sé che per amore per la sorella. Perché non si esce di scena prima che la musica sia finita. Fosse anche una canzonetta senza senso come Da-da-un-pa.

