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Irlanda. La scuola cattolica ferma il transgenderismo di Stato

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Il ministro dell'Infanzia O' Gorman vuole insegnare ai bambini di 5 anni cosa significa essere trans. La Catholic Primary Schools Management Association – che rappresenta l’89% delle scuole primarie irlandesi – dice "no".

Vita e bioetica 29_03_2023 English

Il transgenderismo e la disforia di genere sono argomenti controversi ed estremamente dibattuti nel mondo occidentale. Se la posizione della Chiesa è chiara, la società secolare è confusa e divisa. Queste persone devono ricevere una “terapia affermativa”, a base di ormoni bloccanti, chirurgia di transizione e così via? Oppure è un disturbo psicologico come la bulimia o l’anoressia e quindi richiede cure più delicate?

Il dibattito sta per esplodere in Irlanda. Sono già stati avanzati dubbi sull’invio di irlandesi nella controversa clinica Tavistock in Inghilterra, attualmente coinvolta in cause legali da parte di detransizionisti fortemente critici sulla serietà della “cura affermativa” offerta a ragazzi e ragazze vulnerabili.

Più di recente, la scuola cattolica ha evidenziato le divisioni e le tensioni in atto nella società irlandese sulla “questione transgender”. La sua dichiarazione ha costituito una mossa coraggiosa e rara da parte di un ente ecclesiastico in un dibattito controverso, offrendo ai critici e nemici della Chiesa l’occasione per un nuovo attacco. Ma ha innescato anche reazione riflessiva, altrettanto rara, che ha portato più di qualcuno a chiedersi: e se la scuola cattolica avesse ragione?

Qualche mese fa un politico irlandese auspicava che ai bambini di cinque anni si insegnasse “cosa significa essere transgender”. È stato il ministro dell’Infanzia Roderick O’Gorman, sostenitore di lungo corso della causa LGBTQ+, a dichiararlo al The Irish Independent. La Catholic Primary Schools Management Association (CPSMA) – che rappresenta l’89% delle scuole primarie irlandesi frequentate da bambini di età compresa tra i 5 e i 12 anni – ha risposto con una lettera accuratamente formulata, sostenendo che non lo si debba insegnare agli alunni.

Nella lettera al ministro O’Gorman la CPSMA non ha chiamato in causa la dottrina cattolica, ma lo scarso «consenso scientifico e sociale» sul tema. Sarebbe «controproducente, generando inutili divisioni nelle comunità scolastiche laddove ora non ce ne sono», ha ammonito l’associazione, aggiungendo che, «cosa più grave, potrebbe aggiungere un crescente contagio psicologico in bambini piccoli e vulnerabili», citando come prova studi scientifici inglesi.

Il segretario generale della CPSMA, Seamus Mulconry, ha detto che l’associazione ha lavorato con un significativo numero di scuole «per garantire che i bambini che hanno dubbi sul genere ricevano rispetto, considerazione e sostegno mentre affrontano questi problemi». Mulconry ha aggiunto: «In generale non è uno dei principali oggetti o fonti di controversie nelle nostre scuole. Tuttavia, la CPSMA crede che non sia prudente, né adeguato all’età, voler insegnare ai bambini delle scuole primarie “cosa significa essere transgender”». Come ha poi chiarito Mulconry, non sono contrari a insegnare la realtà della disforia di genere o il rispetto per quanti vivono un’esperienza che può risultare realmente angosciante. Piuttosto l’ente – con le scuole, gli insegnanti e i genitori che rappresenta – si è opposto a insegnare la nozione di transgender.

Così concepita, la dichiarazione della CPSMA ha mantenuto la posizione cattolica sul tema: combattere l’ideologia del transgenderismo, trattando con rispetto la minoranza che sperimenta la disforia di genere. La lettera, come accennato, non ha alcun taglio confessionale, anzi evidenzia il paradosso per cui un ministro del governo ha proposto di insegnare qualcosa su cui la stessa società laica è in disaccordo.

In Irlanda, basta citare la Chiesa per suscitare l’irritazione di politici, attivisti e media, che mirano a escluderla dall’istruzione cogliendo ogni occasione per emarginarla dalla sfera pubblica. Alcuni di loro hanno paragonato con sarcasmo il passo sulla mancanza di consenso scientifico ad alcuni aspetti della fede cattolica, specialmente la transustanziazione. Altri hanno semplicemente lanciato l’accusa di «bigottismo» e «pregiudizio» verso i diritti dei trans. I più importanti politici irlandesi, tra cui il Taoiseach (il primo ministro) e il presidente (che ricopre un ruolo di rappresentanza), sono intervenuti nel dibattito, affermando che le scuole dovrebbero insegnare «il pieno significato» della sessualità e riconoscere l’esistenza delle persone trans e dei loro diritti. La “questione transgender” sembrava l’ennesimo bastone con cui colpire la Chiesa.

Tuttavia, la lettera del CPSMA ha suscitato anche commenti ragionati da parte di ambienti particolarmente critici, come l’Irish Times e il Sunday Independent. Inoltre, ha ricordato all’opinione pubblica irlandese che i genitori stessi si trovano a disagio con l’attuale tendenza a dover accettare tutto senza discutere. Non è in questione l’esistenza di persone che sperimentano la disforia di genere, ma il “significato” della loro esperienza.  Questa esperienza implica che le distinzioni di genere sono “oppressive” di per sé o che i tipi di mascolinità e femminilità modellati su di loro nella pornografia, nei film, nella TV, eccetera, le hanno concretamente danneggiate? L’esperienza di genere si muove «all’interno di uno spettro», come proponeva una bozza di curriculum per gli studenti irlandesi tra i 12 e i 15 anni, oppure è binaria, aperta alla crescita attraverso «la tensione delle differenze», come afferma Papa Francesco?

La Chiesa è piuttosto chiara sul fatto che il transgenderismo – l’ideologia – è un flagello, dal momento che Papa Francesco descrive l’ideologia di genere come «una delle più pericolose colonizzazioni ideologiche» poiché «offusca le differenze e il valore di uomini e donne». Tuttavia, mentre si oppone con forza all’ideologia, la Chiesa rispetta la dignità intrinseca di ogni persona che vive la condizione psicologica della disforia di genere.

Per una volta, un organismo a gestione ecclesiastica in Irlanda ha difeso la dottrina cattolica. E se da un lato ha suscitato la consueta reazione di disprezzo, dall’altro ha aperto la strada a un opportuno dibattito. Ha dimostrato che vale la pena lottare per le nostre posizioni in una società ostile, che sulle questioni controverse, vorrebbe soffocare la voce della Chiesa – e questa da parte sua non può trincerarsi dietro l’ostilità dell’opinione pubblica per tacere sulle questioni decisive.