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MEDIO ORIENTE

Iran isolato e tornano anche le sanzioni europee sul nucleare

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L’Iran, da questo mese, è isolato e sotto sanzioni europee. La colpa è del programma nucleare: non si sa quanto sia stato danneggiato dalla guerra di giugno, ma il regime iraniano vuole proseguirlo qualunque sia il prezzo

Esteri 01_10_2025
Iran, supermarket pieni, ma le sanzioni sono in arrivo (La Presse)

Nella conferenza stampa in cui Donald Trump e Benjamin Netanyahu hanno presentato il piano in 20 punti per la pace a Gaza, il presidente statunitense ha auspicato la ripresa del suo disegno di pace comprensivo per tutto il Medio Oriente: l’espansione degli Accordi di Abramo fra Israele e i paesi arabi che non li hanno ancora firmati. Fra questi, il più importante è l’Arabia Saudita, che pareva già sul punto di firmare nel 2023, prima del 7 ottobre. Ma Trump non esclude neppure l’Iran, che ha espressamente nominato fra i paesi che potrebbero e dovrebbero siglare un accordo di normalizzazione delle relazioni con Israele.

Includere l’Iran in una prospettiva di inclusione negli Accordi di Abramo appare più come un gesto di cortesia di Trump che un tentativo di negoziare con il regime degli ayatollah. Gli altri firmatari degli Accordi e quelli che potrebbero unirsi, sono tutti paesi arabi sunniti conservatori, da sempre ostili alla Repubblica Islamica, rivoluzionaria e sciita. Per di più, è un momento storico in cui quest’ultima perde pezzi di influenza nel Medio Oriente. Dal 7 ottobre 2023 ad oggi, il principale alleato dell’Iran nella regione, il regime siriano di Bashar al Assad, è stato deposto. Il partito-milizia Hezbollah in Libano è stato sconfitto.  Dopo la Guerra dei 12 Giorni (così viene chiamato il breve conflitto, solo aereo e missilistico, fra Israele e Iran, combattuto a giugno), Teheran ha perso buona parte della sua capacità aerea e missilistica e ha subito danni ingenti, ma non quantificabili. A seguito dell’Assemblea Generale dell’Onu, da questo mese l’Iran torna anche sotto sanzioni economiche europee.

Il ritorno delle sanzioni europee, sospese da dieci anni, è particolarmente grave per Teheran. Il motivo immediato è lo stop agli ispettori internazionali dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) che da giugno non possono più accedere ai siti nucleari iraniani. Durante la guerra, non potevano per motivi di sicurezza. Dopo la guerra, le autorità di Teheran non hanno più aperto loro le porte, violando così l’accordo comprensivo sul nucleare firmato a Vienna nel 2015. L’Iran non invia neppure più all’Aiea rapporti sulle sue scorte di uranio arricchito. A margine dell’Assemblea Generale, la settimana scorsa, i rappresentanti di Regno Unito, Francia e Germania (i tre firmatari europei) hanno tentato un’ultima mediazione. Fallita anche questa, le sanzioni riprendono.

Sono congelati i beni della Banca Centrale iraniana, ogni carico di merci iraniane, in volo o per mare, verrà fermato e ispezionato, verrà imposto un embargo sulle armi e il divieto di viaggio per tutti coloro che partecipano al programma nucleare e missilistico. L’Ue, nel suo insieme, aderisce a questo nuovo pacchetto di sanzioni, assieme al Regno Unito. L’Iran protesta e definisce le sanzioni “illegali”. Il ministro degli Esteri Abbas Araghchi, intervistato dalla Cnn ha dichiarato: «Hanno provato l’opzione militare, ma non ha funzionato. Ora tornano allo snapback (la reintroduzione delle sanzioni, ndr), che non risolverà il problema, ma renderà tutto più complesso e renderà più difficile trovare una soluzione diplomatica».

Ma perché l’Iran non ha riaperto le porte agli ispettori dell’Aiea? Quanti danni siano stati inflitti al programma nucleare iraniano è ancora oggetto di dibattito. Secondo quanto dichiarato dall’amministrazione Trump, subito dopo il bombardamento statunitense di Natanz, Fordow e Isfahan, i danni sarebbero stati decisivi. Comprensibilmente, questo è lo stesso messaggio mandato anche da Israele. E il fatto stesso che l’Iran chiuda le porte alle ispezioni internazionali, può indicare la volontà di celare al pubblico mondiale i danni subiti. Ma esiste anche un parere di minoranza secondo cui l’Iran avrebbe subito danni superficiali e che, soprattutto, abbia conservato il grosso delle scorte di uranio arricchito. Il generale Jeffrey Kruse, a capo della Dia (intelligence militare statunitense) era fra questi: il suo rapporto iniziale parlava di “danni limitati” agli impianti iraniani. L’amministrazione Trump lo ha licenziato in tronco, denotando un certo nervosismo sull’argomento. Se così fosse, l’Iran starebbe chiudendo le porte alle ispezioni per ricostruire in segreto, rapidamente, la sua capacità di produrre materiale fissile. E si arriverebbe a un secondo conflitto.

Teheran insiste sulla natura pacifica del programma: non si intenderebbe costruire armi atomiche, ma solo centrali per dare energia alla popolazione. Sia l’Aiea che i paesi europei che aderiscono alle sanzioni dubitano fortemente sulla sincerità degli iraniani: la quantità di uranio, la qualità e il livello dell’arricchimento, il fatto stesso che il tutto sia tenuto in segreto, indicano altri fini, più probabilmente militari.

Nel frattempo, isolato e sanzionato all’estero, il regime di Teheran scatena la sua repressione all’interno. Un altro presunto agente di Israele, Bahman Choobiasl, è stato impiccato il 29 settembre. È la decima esecuzione di persone condannate per spionaggio, da quando è finita la guerra di giugno. Secondo associazioni di dissidenti iraniani all’estero, come Iran Human Rights (di Oslo) e il Centro Abdorrahman Boroumand (di Washington), dall’inizio del 2025 in Iran sarebbero già state eseguite oltre mille condanne a morte. Un record, anche secondo gli standard della Repubblica Islamica.