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GIUDICI

"Incauto idiota" e "cagna assassina": insulti magistrali

Toga rossa la trionferà. Dopo la sentenza della Cassazione che ha elevato a rango nobiliare l’insulto (copyright Berlusconi) di partigianeria aggravato dalla tintura comunista, lo strapotere di magistrati e giudici non avrà più limiti. Una volta c’era Tangentopoli, oggi l’arroganza giudiziaria continua sotto altre forme. 

Politica 29_01_2015
Giudici in ermellino

Toga rossa la trionferà. Dopo la sentenza della Cassazione che ha elevato a rango nobiliare l’insulto (copyright Berlusconi) di partigianeria aggravato dalla tintura comunista, l’arroganza di magistrati e giudici non avrà più limiti. La Cassazione ha appeso una medaglia in più al petto di questi compagni in velluto cremisi ed ermellino che già erano di una casta, come diceva l’indimenticato Tonino Di Pietro, che sta un gradino sotto Dio. Ma adesso siamo ormai al sorpasso nell’alto dei cieli. Dunque, chi li tiene più questi magistrati del moulin rouge giustizialista, diventati famosi per le loro indagini a “orologeria” e i processi agli alti papaveri (anche questi di colore rosso, ma qui l’associazione cromatica resta insultante) del potere e della politica?

Sarà forse per questo che oggi, rossi o no, procuratori, pubblici ministeri, giudici istruttori e scrivani delle indagini preliminari parlano come se fossero dei “Padri eterni”, sacerdoti e profeti inviati in terra a vagliare il genere umano? Sarà forse per questo che il gran accusatore di Francesco Schettino, s’è permesso di definire lo sciagurato comandante della Concordia «un incauto idiota, di cui solo Dio può avere pietà»? E sarà anche per questo che il signor procuratore di Catania non si è limitato a elencare i fatti che inchiodano Veronica, la madre accusata di aver ucciso il povero figlioletto Loris, ma s’è spinto fino ad anticipare il giudizio divino scrivendo che «la donna ha ucciso con crudeltà e cinismo»? Cinico, cioè degno di un cane, in questo caso cagna. Espressione che schiuma rabbia peggio di un doberman. Qui il pm molosso non s’accontenta di aver fiutato il colpevole, ma lo vuole azzannare alla gola, farlo a pezzi prima ancora di esaminare le prove o cercare la confessione. Schiuma giudiziaria, ideale per lubrificare gli ingranaggi di uno sdegno popolare a comando, che vuole subito la messa a morte del condannato e non prevede pietà.

L’avevamo già vista questa furia giudiziaria, questa voglia di cappio e di manette ai tempi di Tangentopoli e delle audaci imprese del pool di Mani Pulite. Improvvisamente, si scoprì la corruzione, il malaffare della politica, il giro delle tangenti. Arresti a raffica, imputati con gli schiavettoni in aula, blitz all’alba davanti alle telecamere e processi show. E poi girotondi” degli onesti davanti a Palazzi di Giustizia, accuratamente preparati dalla sinistra militante con il sostegno dei soliti vip, nella parte delle vergini festanti. Fu vera giustizia? Forse, ma anche l’occasione per un feroce regolamento di conti tra poteri, con la sinistra comunista a infiammare gli animi e a manovrare le ghigliottine. Finche venne pure la sua ora. Per quasi un ventennio, la magistratura ha governato con le indagini e i processi, l’unica casta di riferimento per una classe politica decimata e impaurita.

Oggi le cose sono cambiate, ma non in meglio. I giudici han saltato di nuovo, salendo al gradino superiore della scala celeste: dalla politica alla morale, dagli articoli della legge alle Tavole dei comandamenti, dalle norme ad personam alle sentenze de persona. Quelle sulla vita che sta prima, la maternità surrogata e la fecondazione assistita. Tangentopoli è finita, o forse no, ma le nostre toghe, rosse o arcobaleno che siano, han perso il pelo ma non il vizio. La corruzione gli non interessa più: scandali e ruberie ormai non arrivano più in prima pagina. Pretendono ancora l’ultima parola, ma quella di coscienza e il deposito morale è il loro nuovo palcoscenico. La Cassazione ha sconquassato la legge 40 e s’è arrogata il diritto di aprire il vaso di pandora sulla vita Frankenstein, sulla selezione e lo scambio di ovuli e gameti, sul commercio dei figli in provetta o in affitto a locazione multipla. Togliendo divieti, prescrivendo cure (Stamina) e a volte, comminando sentenze di morte: vi ricordate di Eluana? Indossando il camice bianco per filosofeggiare come un conduttore di talk show. 

Come per Schettino, l’’idiota imperdonabile”, condannato in nome di Dio e del popolo italiano, messo alla gogna preventiva, etichettato con espressioni da romanzo criminale: recitazione più da guitto che da interprete di codici e pandette. Requisitoria teatrale con assegnazione finale della lettera scarlatta, segno di una concezione selvaggia e primitiva della pena che dovrebbe provocare più di un girotondo davanti ai Tribunali.  Uno Stato autenticamente laico e di diritto dovrebbe impedire ai suoi dipendenti di trattare con tale violenza i cittadini, sia pure in attesa di giudizio o già riconosciuti colpevoli. 

Così è stato anche con Veronica Panarello, la mamma che (dice l’accusa) ha strozzato il figlioletto Loris è l’ha buttato rantolante in un canale. Lei non ha confessato, ma per il pm è già tutto chiaro: ci sono le prove, le immagini delle telecamere, le contraddizioni durante gli interrogatori. Ma questo va bene, fa parte della procedura. Quello che non va affatto, invece, è la gratuita aggiunta: «assassina cinica e crudele». Beh, a parte l’involontaria comicità dell’espressione: s’è mai visto un assassino misericordioso e bonaccione? che diritto ha il magistrato di moraleggiare in questo modo? Dovrebbero bastargli il vocabolario delle leggi per stendere senza compiacimenti il suo accurato atto d’accusa. Massì, toga rossa la trionferà, ma qui non c’è nessuna toga. Sotto l’ermellino svolazza la tunica nera degli ayatollah.