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FEDE E PERSECUZIONE

In Italia la Madonna "sfregiata" che vince l'odio

L'iniziativa di un parroco romagnolo che ha ottenuto grazie ad Aiuto alla Chiesa che soffre di poter venerare la statua della Madonna "sfregiata" dall'Isis in Iraq. La coincidenza con l'anniversario del gruppo Nazarat che da 7 anni prega incessantemente per i cristiani perseguitati. 

Libertà religiosa 20_08_2021

«Quasi cedrus exaltata sum in Libano» (Sir 24,17), diceva l'antica liturgia nella festa dell'Assunzione. «Sono cresciuta come un cedro sul Libano», in traduzione corrente: è la Sapienza, ma allo stesso tempo la Chiesa qui ci parla di Maria. Maria Sedes Sapientiae, «termine fisso d'etterno consiglio» (Par. 33,3).

La Madonna innalzata come un cedro sul Libano è visibile nella gigantesca scultura bianca della collina di Harissa, vicino a Beirut. Una piccola riproduzione della Madonna del Libano - un metro di altezza - è invece approdata in Italia e si trova in questi giorni di agosto, fino al 27 del mese, nella riviera romagnola. La si può venerare nella chiesa di Gatteo a Mare, dove il parroco don Mirco Bianchi la veglia tenendo aperta la chiesa senza interruzione, sia di giorno che di notte.

È una Madonna del Libano del tutto speciale: la mano destra, staccata dal braccio, deposta a terra; sfigurata una parte del viso; la corona sbrecciata; altre ferite e crepe sul manto. La vediamo così dopo il restauro curato dalla fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che soffre”. Salva ma ancora sofferente come ha sofferto e soffre il suo popolo, i cristiani della Piana di Ninive, città di Batnaya nell'Iraq del nord, da dove la statua proviene.

Sette anni fa, estate 2014: i terroristi dell'ISIS avanzano nella pianura per allargare i confini del Califfato instaurato a fine giugno. Migliaia di cristiani sono già stati espulsi da Mosul e costretti alla fuga verso il Kurdistan. Nella notte fra il 6 e il 7 agosto l'invasione della Piana di Ninive è completata. Case e villaggi occupati, oltre 120mila cristiani in esodo verso Erbil. Racconta Aiuto alla Chiesa che Soffre: «Statue mariane orrendamente mutilate, icone di Cristo distrutte, immagini sacre usate per il tiro al bersaglio, tombe profanate, chiese, santuari, monasteri, case e negozi messi a ferro e fuoco, oltre ovviamente ai fratelli uccisi o feriti: è questa la scia di morte e odio lasciata dai jihadisti».

Così succede anche a Batnaya e la statua della Madonna del Libano oggi ne è testimonianza visibile. Le sue ferite lacerano il cuore, il suo silenzio parla più di mille discorsi. Abbiamo chiesto a don Mirco Bianchi come hanno accolto i parrocchiani la Madonna di Batnaya.

«L’accoglienza della statua da parte dei parrocchiani è stata piena di trepidazione, gratitudine e nella preghiera».

Perché ha voluto questa statua?
L’ho voluta a Gatteo Mare - risponde il sacerdote - per conoscere ancora di più Maria, la grande sofferenza e la grande fede dei Cristiani perseguitati.

Che cosa le suggerisce questa immagine di Maria?
Davanti a questa statua segnata dalla violenza faccio mio il motto di ACN, “L’amore vince l'odio”.

Eccezionalmente, stasera, alle 20 sul sagrato del Tempio Malatestiano, basilica cattedrale di Rimini, la statua sarà esposta all'aperto. Davanti all'immagine di Maria si svolgerà l'ormai consueto “rosario in piazza” promosso dal Comitato Nazarat ogni 20 del mese.

Il momento ha un significato anche simbolico, perché il gruppo di Rimini è nato proprio sette anni fa, durante i giorni dell'esodo dei cristiani perseguitati, vessati, uccisi, dispersi a motivo della loro fede e della loro storia. Un editto dello Stato islamico di luglio - va ricordato - imponeva ai cristiani locali di poter restare nelle loro case solo a due condizioni: convertirsi all’islam o pagare la tassa per la religione imposta ai non musulmani. Sulle case, sui negozi e nelle proprietà dei cristiani, i miliziani cominciarono a dipingere la “nun”, in arabo lettera iniziale della parola che significa nazzareni, cioè seguaci di Cristo.

Questo stesso “marchio”, che voleva essere infamante, fu adottato dal gruppo di Rimini per recitare il rosario per i cristiani perseguitati, a partire dal 20 agosto 2014. Da allora, ogni 20 del mese il gesto di preghiera si è sempre tenuto in piazza (salvo alcune edizioni in collegamento audio-video durante le restrizioni dell'emergenza sanitaria). Fin dall'inizio anche altri gruppi in varie città d'Italia, e non solo, hanno fatto lo stesso - a Cesena, Bologna, Prato, Siena, Perugia, Cattolica, Loreto, Forlì, Ravenna, Udine, Cremona, Busca in provincia di Cuneo, Milano, Andora in provincia di Savona; all’estero a Damasco (Siria), Erbil (Iraq), Lugano, Jos (Nigeria), Haiti; con l'accompagnamento nella preghiera da parte di 27 conventi, clausure, case religiose.

Si è così costituito un esempio singolare di rete di preghiera. Singolare perché del tutto volontaria, spontanea, senza sigle associative. Rete anche di aiuto: “Il totale della raccolta di denaro durante le serate in questi sette anni ammonta a circa 100mila euro - spiegano i promotori -, i soldi sono sempre stati distribuiti direttamente ai destinatari degli aiuti”.