Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Venerdì Santo a cura di Ermes Dovico
ETS

In bolletta paghiamo anche il prezzo delle politiche verdi

Il caro bollette è un problema che stava maturando da almeno un anno, annunciato nel settembre 2021 anche dal governo italiano. Ad innalzare il prezzo è anche il mercato ETS, il commercio dei certificati EUA, che danno alle aziende il diritto ad emettere gas serra. I loro prezzi sono saliti alle stelle, soprattutto per scelte politiche.

Economia 13_09_2022
Emissioni

Il caro bollette è un problema che stava maturando da almeno un anno, annunciato nel settembre 2021 anche dal governo italiano ed è destinato ad esplodere nel prossimo inverno. La sua gestazione è lunga, attribuire la causa alla sola guerra in Ucraina è una semplificazione. È una causa reale, perché ha generato scarsità e quindi un aumento dei prezzi dell'energia. Ma non è la sola causa. 

Le conseguenze dell’aumento del prezzo dell’energia sono drammatiche ovunque, non solo in Italia. In Germania, la “locomotiva d’Europa”, fortemente legata all’importazione di gas dalla Russia, il 73% delle piccole e medie aziende, nell’ultimo rilevamento, dichiara di essere in difficoltà a causa del rincaro dell’energia. Di queste, il 10% ritiene che il rincaro sia una minaccia esistenziale nei prossimi sei mesi, rischiano di chiudere. La Germania sta tentando di tamponare la falla con un aiuti di Stato da 65 miliardi di euro, ponendo un calmiere sulle bollette elettriche di aziende e utenti privati. Il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz offre anche sostegni aggiunti per i fragili: pensionati, studenti, meno abbienti. In Francia, dove la dipendenza dal gas russo è decisamente inferiore, essendo la prima potenza nucleare civile in Europa, il pacchetto di aiuti ammonterebbe (per ora) a 20 miliardi di euro. In Italia, le forze di centro-destra chiedono 30 miliardi di euro, almeno. E li erogherebbero, sotto forma di sussidi o di calmieri, se vincessero le elezioni.

Il sussidio di Stato, comunque, andrà inevitabilmente ad ingrossare il debito pubblico, oppure sarà finanziato da nuove tasse. In ogni caso, è difficile permetterselo. E si tratterebbe di un rinvio del costo, non di una sua riduzione: i conti pubblici, alla fine, li pagano i contribuenti, con tasse o con debiti che siano.

Ma a parte la situazione contingente, dovuta a una scarsità improvvisa di materia prima, la politica ecologista europea, considerata un dogma negli ultimi due decenni, ha contribuito non poco al rialzo dei prezzi. Per questo la crisi era già annunciata, ben prima che la guerra scoppiasse. E non certo perché avevamo dei profeti in mezzo a noi.

Ad innalzare il prezzo è anche il mercato ETS, il commercio dei certificati EUA, che danno alle aziende il diritto ad emettere gas serra oltre le quote consentite. Venendo meno il gas, in tutti i Paesi europei si deve ricorrere al carbone, la richiesta di emettere più gas serra aumenta e di conseguenza aumenta anche il prezzo dei certificati. Per capire di quanto basti considerare che in febbraio costavano 90,7 euro, quando nel 2019 la media annua era di 25 euro. Attualmente si sono assestati attorno ai 72 euro, più di tre volte il prezzo pre-pandemia. Le aziende pagano i certificati, ma li ricaricano sui prezzi al consumatore. In pratica, uno strumento finanziario inventato dall’Ue, per motivi puramente ecologici, lo paghiamo noi.

Il prezzo è prevalentemente dettato dalla politica. Si tratta di un mercato artificiale. Quando i certificati vennero emessi per la prima volta nel 2005 i prezzi erano liberi e molto più bassi delle medie attuali. Nel 2012 ad esempio la media annuale era di 7,3 euro, nel 2013 addirittura di 4,3 euro. Fino al 2017, il prezzo era inferiore ai 10 euro a certificato. Perché? Perché le quote carbonio venivano rispettate, non c’era bisogno di comprare certificati di emissione. Cosa è successo dopo? Gli accordi internazionali sul clima hanno fissato obiettivi sempre più ambiziosi. Ma soprattutto: la politica dell’Ue ha creato una scarsità artificiale di certificati, nel 2019, una “riserva per la stabilità di mercato” che ha assorbito centinaia di milioni di crediti carbonio inutilizzati. L'idea politica alla base di queste decisioni era che i prezzi bassi non incentivassero a sufficienza la riduzione delle emissioni. E che con maggiori entrate vi sarebbero state più risorse a disposizione per investire in tecnologie verdi. I prezzi sono saliti ben prima della guerra. Nel 2021, la media annuale era già di 53,5 euro.

Il mercato artificiale dei certificati è solo uno dei tanti aspetti della politica verde, di quel Green Deal tanto ambizioso quanto costoso. In bolletta, infatti, finiscono anche tutti i sussidi alle energie rinnovabili, tuttora fuori mercato perché meno affidabili (dipendendo da sole e vento, sono intermittenti), alla mobilità elettrica e tutte le infrastrutture annesse e connesse.

Nonostante il problema sia evidente, solo la Polonia lo ha sollevato, chiedendo di interrompere almeno il sistema ETS per due anni. Si tratta di una voce isolata e finora inascoltata. Gli altri governi europei preferiscono pagare tanto l’energia e poi sussidiare i consumatori. Finché il sistema regge.