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COMUNIONE SULLE MANI

Il parroco che dà degli eretici a Papi e santi

A Gorgonzola un parroco dice che chi si rifiuta di ricevere la Comunione sulla mano è eretico. Una posizione inaccettabile, comune ormai a molti sacerdoti. Ma così ha dato dell'eretico a Papi e Santi, come l'Aquinate, sulla modalità più conveniente di ricevere l'Ostia. In realtà l'eretico pare essere lui: ha fatto peggio di Lutero saltando secoli di prassi liturgica, di ragioni teologiche e di documenti magisteriali. 

Ecclesia 04_08_2020

Nel bollettino parrocchiale dello scorso 2 agosto, don Paolo Zago, parroco della comunità pastorale Madonna dell’Aiuto, in quel di Gorgonzola, ha manifestato tutta la sua carità pastorale verso i fedeli che chiedono semplicemente di veder ristabilito un diritto riconosciuto dalla Chiesa: quello di ricevere la Comunione sulla lingua, rifiutandosi perciò di riceverla sulla mano. Il misericordioso parroco ci va con la mano pesante: «Rifiutare di prendere Gesù in mano, significa non aver compreso nulla dell’incarnazione e del Vangelo! E rinunciare per questo a ricevere l’Eucaristia significa non credere al mistero della “presenza reale”».

Se ne parliamo è perché la posizione di questo parroco sintetizza quella di diversi sacerdoti o sedicenti tali. 

Lui, don Paolo, ha talmente capito tutto del Vangelo, da lanciare, senza troppi fronzoli, ancor più gravi giudizi e accuse temerarie: «Rifiutare la Comunione sulla mano, in nome dell’impurità umana, è quindi un’eresia». Siccome l’eresia è canonicamente definita come «l'ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa» (can. 751), vorremmo chiedere al signor parroco quale sarebbe la verità di fede negata. Se non altro perché, tra quelli che lui definisce eretici, andrebbe annoverato anche San Tommaso d’Aquino, il quale sostiene che «per rispetto verso questo sacramento esso non viene toccato da nessuna cosa che non sia consacrata: e quindi sono consacrati il corporale, il calice e così pure le mani del sacerdote per poter toccare questo sacramento. A nessun altro quindi è permesso toccarlo fuori di un caso di necessità: se, p. es., stesse per cadere a terra, o in altre contingenze simili» (Summa Theologiae III, q. 82, a. 3). Allora, siccome l’eretico incorre nella scomunica latae sententiae (can. 1364), la Chiesa avrebbe canonizzato e proclamato Dottore della Chiesa un eretico... Non male.

Eretici sarebbero anche i redattori dell’articolo dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice (vedi qui), che richiama proprio questo testo a sostegno della decisione di Benedetto XVI di dare la Comunione esclusivamente sulla lingua durante le celebrazioni liturgiche da lui presiedute.

Eretico anche Paolo VI, il quale nella Memoriale Domini fa presente che già nell’antichità «la cura e il ministero del Corpo e del Sangue di Cristo venivano affidati in modo tutto particolare ai sacri ministri o a persone appositamente scelte e designate [...] Fu così che il compito di recare la Santa Eucaristia agli assenti venne ben presto affidato ai Sacri Ministri soltanto, allo scopo di meglio assicurare [...] la debita riverenza verso il corpo di Cristo».

Don Zago, poi, fa finta che la triste decisione dei fedeli di non ricevere la Comunione, nasca dalla loro totale incomprensione circa il mistero dell’Incarnazione e dell’Eucaristia, mentre invece si tratta di un palese abuso perpetrato dai vescovi e avallato dai sacerdoti (grazie a Dio, non tutti). A furia di ripeterlo, ai nostri lettori verrà la barba, ma qui c’è un problema di durezza, se di cuore o di cervello, poco importa. Nessuno può rifiutare l’Eucaristia ad un fedele, per il solo fatto che questi la voglia ricevere in bocca. Il rifiuto di amministrare questo sacramento ad un fedele richiede ben più gravi ragioni, che il Diritto Canonico non lascia alla libera interpretazione del singolo sacerdote e nemmeno del Vescovo: «Non siano ammessi alla sacra comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l'irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto» (can. 915). In tutti gli altri casi «i ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano disposti nel debito modo e non abbiano dal diritto la proibizione di riceverli» (can. 843, § 1). Allora se dei fedeli rimangono senza la Comunione non è a causa della loro incomprensione, ma per l’ostinazione dei pastori a perseverare in un grave abuso.

E il pericolo di trasmettere il coronavirus? In verità, stiamo ancora aspettando che qualche vescovo esibisca uno studio scientifico in materia, o almeno dei dati che dimostrino che la distribuzione della Comunione in bocca sia stata all’origine di stragi. A noi non risulta niente di tutto ciò; anzi. Ricordate la posizione della Chiesa greco-ortodossa (vedi qui)? Ricordate il suo rifiuto di abbandonare l’uso del cucchiaio dorato per distribuire ai fedeli il Pane e il Vino consacrati? Bene.  In Italia abbiamo avuto, ad oggi, circa 250.000 contagi su 60 milioni di abitanti (0,4%) e circa 35 mila morti (0,058%). In Grecia si sono registrati poco più di 4.600 contagi (0,04%) e 208 morti (0, 002%). Strano.

Ironia della sorte, don Zago non si avvede che nell’argomentare, l’eretico... rischia di esserlo proprio lui. Secondo il parroco, infatti, la Comunione sulla mano sarebbe motivata dalla fedeltà al Gesù della storia che si faceva toccare e toccava, e che ha comandato di prendere e mangiare il suo Corpo. Chi fa lo “schizzinoso” è un fariseo formalista e legalista. Niente di originale. Peccato che dentro l’accusa di infedeltà al Gesù del Vangelo - «per “difendere la sacralità” di Gesù Eucaristia, si contraddice il Gesù della storia», sentenzia don Paolo – finisce per caderci Paolo VI e quel documento che disciplina la modalità di distribuzione della Comunione ai fedeli, ossia l’Istruzione Memoriale Domini.

In esso si spiega con chiarezza che la distribuzione della Comunione sulla lingua, che «poggia su di una tradizione plurisecolare» (evidentemente, per secoli, la Chiesa non ha capito nulla del Cristo reale...), non solo non contraddice il Vangelo, ma «esprime e significa il riverente rispetto dei fedeli verso la Santa Eucaristia», quella riverenza e rispetto che don Paolo Zago stigmatizza come formalismo farisaico. Anzi, questa prassi «rientra in quel doveroso clima di preparazione, necessario perché sia più fruttuosa la Comunione al Corpo del Signore». Insomma, la forma è sostanza, perché «questo rispetto significa che non si tratta di “un cibo e di una bevanda comune”, ma della Comunione al Corpo e al Sangue del Signore».

«Inoltre - continua l’Istruzione -  con questa forma ormai tradizionale è meglio assicurata una distribuzione rispettosa, conveniente e dignitosa insieme della Comunione; si evita il pericolo di profanare le specie eucaristiche, nelle quali “è presente in modo unico, sostanzialmente e ininterrottamente, il Cristo tutto e intero; Dio e uomo”; e si ha modo di osservare con esattezza la raccomandazione sempre fatta dalla Chiesa sul riguardo dovuto ai frammenti del pane consacrato: “Se tu ti lasci sfuggire qualche frammento è come se perdessi una delle tue stesse membra”».

Allora, chi sarebbe l’eretico? Il fedele che segue queste indicazioni della Chiesa o il parroco che lo accusa di eresia? Chi il fariseo? Chi vuole unire la riverenza interiore a quella esteriore, come sempre la liturgia insegna, oppure chi porta via la chiave della conoscenza e impedisce, a chi lo vuole, di entrarvi (cfr. Lc 11, 52)?

Il problema è che don Zago, per sostenere la sua posizione e giustificare l’anatema scagliato sui fedeli, ha fatto come Lutero, anzi peggio: ha saltato a piè pari, come se nulla fosse, secoli di prassi liturgica, di ragioni teologiche e di documenti magisteriali, per arrivare direttamente al Vangelo, del quale ritiene di essere evidentemente l’autentico araldo, senza e contro l’interpretazione della Chiesa.

Dunque, chi è l’eretico?