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IN CALIFORNIA

Il paradosso: eutanasia per animali no, ma per gli uomini sì

Il governatore della California, il democratico Gavin Newsom, dichiara di voler porre fine all’eutanasia praticata nei rifugi per animali. Nessuna preoccupazione, invece, per gli esseri umani, in uno Stato in cui il suicidio assistito è legale da anni. Uno strabismo etico che purtroppo, lungi dall’essere un fulmine a ciel sereno, ha radici lontane.

Vita e bioetica 17_01_2020

Basta eutanasia per gli animali, è una vergogna; per gli umani, invece, va benissimo, anzi già che ci siamo incoraggiamola. Certo, messa così la cosa può apparire una provocazione, eppure è precisamente in questa sconvolgente contraddizione che sta finendo lo Stato americano della California, il cui governatore, il democratico Gavin Newsom, in una conferenza stampa dei giorni scorsi - secondo quanto conferma la testata Sacramento Bee - ha dichiarato di voler porre fine all’eutanasia praticata nei rifugi per animali.

«Dobbiamo diventare uno Stato “no-kill”», sono state le parole esatte di Newsom, il quale, con l’occasione, ha pure annunciato uno stanziamento una tantum di 50 milioni di dollari a supporto di un programma per rifugi per animali. Il che, beninteso, è del tutto in linea con la politica del governatore della California, che già nell’ottobre 2019, firmando la AB44, una delle leggi più stringenti a difesa dei diritti degli animali, aveva fatto del suo Stato il primo in cui, a partire dal 2023, sarà vietata la vendita e la produzione di nuovi prodotti di pelliccia animale.

Dunque, tutto bene? Non proprio. Infatti, nella California che si vuole “no-kill” verso gli animali, analogo impegno non vale nei confronti degli esseri umani. «Ironia della sorte», ha notato in tal senso National Review, «mentre il governatore lavora per salvare gli animali dalla morte, la California non solo ha legalizzato il suicidio assistito, ma consente anche di incoraggiare il suicidio ai malati terminali». Il riferimento è all’Assembly Bill n. 282, che in buona sostanza stabilisce che se qualcuno - poniamo un familiare in attesa di eredità, un caregiver esausto, un tifoso della «dolce morte» o addirittura un medico o un’ infermiera - si rende persuasore e aiuta attivamente una persona morente a farla finita, ebbene costui - fa osservare sempre National Review - non è punibile.

Un paradosso? Certo che lo è. Ma non una novità. Esiste difatti un filone culturale consolidato che dimostra ampiamente come alla cura verso gli animali non corrisponda sempre, per usare un eufemismo, rispetto verso la vita. Si pensi al filosofo Friedrich Nietzsche, il quale una volta ebbe - com’è noto - pietà per le pene d’un cavallo, eppure non riservava grande rispetto verso gli uomini poco prestanti. «I deboli e i malriusciti devono perire», scrisse infatti Nietzsche ne L’Anticristo, subito aggiungendo: «Questo è il principio del nostro amore gli uomini […]. Che cos’è più dannoso di qualsiasi vizio? Agire pietosamente verso tutti i malriusciti e i deboli».

Analogamente, per venire ai giorni nostri, il celebre oncologo Umberto Veronesi, scomparso nel 2016, da un lato era favorevole alla legalizzazione di droghe leggere, aborto, eutanasia e provetta, dall’altro, oltre a dichiararsi vegetariano convinto, giungeva ad essere - come scrisse nel suo La libertà della vita (Raffaello Cortina, 2006) - estimatore dell’intelletto e della spiritualità degli elefanti: «Se gli elefanti di cui parlava Montaigne potessero parlare, sarebbero quasi come noi … Magari ci racconterebbero i contenuti delle loro preghiere […]. Probabilmente ne concluderebbero che non vi è alcuna ragione evolutiva che li induca necessariamente a credere».

Tutto questo per dire che lo strabismo etico di certo animalismo e del governatore della California - dove il suicidio assistito è legale da anni - non è affatto un fulmine a ciel sereno. Al contrario, non fa che confermare l’incapacità di certo animalismo di mettere a fuoco il fatto che battersi per il diritto alla vita di cani, gatti e non solo, per poi chiudere gli occhi dinnanzi alla vita umana più fragile non rende solo poco credibile chi sposa un simile atteggiamento. Danneggia e soprattutto impoverisce i concetti stessi di diritto e di umanità.